Oggi assistiamo a un’interessante operazione che vede protagonista Diego Fasolis alla testa dell’orchestra I Classicisti.
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L’allestimento proposto dal LAC di Lugano ad inaugurare la Stagione 23/24 presenta più di un motivo d’interesse riscuotendo alla fine un successo ben più che meritato in cui si coniugano il rigore di un’esecuzione storicamente informata – oltre che pressoché integrale – e un allestimento capace di scavare a fondo nella psicologia dei personaggi.
La lettura data dal regista Pierre-Emmanuel Rousseau, che cura anche scene e costumi affiancato dall’assistente Jean-François Martin e da Gilles Gentner alle luci, è quella di un’ambientazione colorata ma decadente, richiamando a quella decadenza dei tempi in cui è nato il testo del Barbiere.
Tutto funziona anche grazie all’impianto scenico giocato su un’architettura che rimanda al razionalismo per aprirsi poi sulla foresta-rifugio di Griselda scacciata e illuminato dal disegno di luci perfetto nella sua continua mutevolezza ideato da Alessandro Carletti e Fabio Barettin
A Firenze è arrivata per la prima volta Lo sposo di tre, e marito di nessuna recuperata in tempi moderni solo nel 2005 al festival di Martina Franca.
Sontuosa nel suo impianto la partitura di Gluck affida all’orchestra -come da intenti innovativi- un ruolo non solo di mero accompagnamento, ma è coprotagonista col coro e i cantanti alimentando le prospettiva drammaturgica della vicenda.
Nel caso di Gayral, però, il problema è che prende troppo alla lettera un testo che dalla lettera sfugge ogniqualvolta Vivaldi ci mette del suo, il che avviene spesso.
La riapertura è un dato di fatto, la sua eccezionalità altrettanto. Come pure l’evidenza che la pur fascinosa soluzione escogitata dal sovrintendente Fortunato Ortombina e dai suoi collaboratori per riportare il pubblico dentro alla Fenice non può diventare stabile.
La Fenice riapre al pubblico, nel mese di luglio, con una serie di concerti cameristici e sinfonici e con un nuovo allestimento operistico. Non tutto sarà come prima: la riapertura del Teatro veneziano sarà nel segno del cambiamento […]
Il relitto di una nave giace come uno scheletro capovolto sulla scena, al suo fianco un’enorme testa di Minotauro, conchiglie sparse, il tutto su una piattaforma girevole.
Alla Dorilla mancano l’ironia del Giustino e il fuoco dell’Orlando furioso e tuttavia non ci si annoia ad assistere agli amori contrastati di principesse, ninfe pastori e dei, soprattutto se l’allestimento e l’esecuzione musicale le conferiscono nobiltà. Per l’occasione si ricostituisce il quintetto che aveva portato al successo, la scorsa stagione, l’Orlando furioso e che rinnova l’impresa con esiti altrettanto favorevoli.
L’albero in piazza Duomo, le caleidoscopiche luminarie della Rinascente, la folla che ammira i scintillanti addobbi della Galleria Vittorio Emanuele sono preludio di bellezza a chi si reca al Teatro alla Scala per il tradizionale concerto natalizio.
Proviene dal Festival di Glyndebourne questa nuova produzione de La finta giardiniera, dramma giocoso in due atti su libretto di Giuseppe Petroselli musicato dal diciannovenne Wofgang Amadeus Mozart. A Milano fece la sua prima apparizione nel giugno del 1970 alla Piccola Scala con ripresa nell’aprile dell’anno successivo, dopodiché si son perse le tracce.
Siamo ormai tutti abituati, e male, a prender parte una o più volte al giorno a quelli che genericamente sono definiti “Eventi” ma che, a torto, vengono promossi con la maiuscola. Non è il caso della Prima rappresentazione assoluta d’Opera Lirica che il LAC di Lugano ha offerto il 3 settembre u.s. a tre anni dalla sua inaugurazione.
Orfeo è l’artista per eccellenza, che dell’arte incarna i valori eterni. I temi chiamati in causa dal suo mito – l’amore, l’arte, l’elemento misterico – sono il motivo di una fortuna senza pari nella tradizione letteraria, filosofica, musicale, culturale e scultorea che l’hanno rappresentato.
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