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Al suo debutto nella regia d’opera Maria Mauti intraprende la via più corretta tra quelle possibili, cogliendo pienamente la metafisicità di Norma.

Francesco Ivan Ciampa – ben assecondato dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana – sceglie nella sua concertazione la via di un’intimità raccolta, meditativa, lontana da qualsiasi irruenza

Il concerto, che è stato molto applaudito da un folto pubblico, proponeva del resto una delle pagine più affascinanti del repertorio sacro, considerata a buona ragione il monumento sinfonico-corale più importante del repertorio italiano.

Affidandola al valoroso Francesco Ivan Ciampa il Teatro Verdi ha compiuto, dopo le défaillances direttoriali dei primi due titoli di stagione, una scelta oculata.

Viene ripreso dagli archivi del Teatro lo storico allestimento del centenario del 1996, ideato allora da Giuseppe Patroni Griffi e ripreso da Vittorio Borrelli, che fa il suo in uno spettacolo che ha più il senso di descrivere, raccontare, far vedere quella che è La bohème pucciniana […]

Al Teatro La Fenice i Due Foscari mancavano dal febbraio del 1977 e vi fanno ritorno in un allestimento del Maggio Musicale Fiorentino che risulta di incomparabile modestia.

L’allestimento del regista francese debuttante al ROF propone infatti non una rappresentazione dell’opera rossiniana in quanto tale, ma il racconto di una prova dell’Adelaide realizzata nel tempo presente.

Parlare de Il Trovatore di Giuseppe Verdi allestito a Firenze dal Teatro del Maggio Musicale, come titolo di apertura del Festival d’autunno, porta nuovamente in primo piano la possibile dicotomia fra musica e regia.

Anna Netrebko non è la Turandot torrenziale che si ci si potrebbe aspettare – vista la potenza di fuoco di cui il soprano russo dispone – e che decenni di tradizione hanno consolidato nell’immaginario dei melomani, anzi.

A chi per decenni si è lamentato della cristallizzazione delle forme rappresentative al Teatro Massimo è stato servito un “piatto saporito”, per dirla con l’abate Da Ponte: il Don Giovanni secondo Marco Gandini è infatti plasticamente aderente al nuovo corso.

La prima opera di Rossini, Demetrio e Polibio (che poi, per vari motivi, non fu la prima rappresentata), nacque in un contesto produttivo molto particolare eppure caratteristico sia del costume teatrale che della popolarità dell’opera italiana nel primo decennio dell’Ottocento.