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Pier Luigi Pizzi, eterno ragazzaccio del teatro non solo d’opera, firma in toto un allestimento di grande rigore storico ma al medesimo tempo scevro da ogni calligrafismo.

Il Buffone è sempre presente in scena, e i suoi tic si esasperano con l’aumento della paranoia, come un antieroe espressionista che provoca e subisce.

“Mai ci fu storia di maggior dolore di quella di Giulietta e del suo amore”. Poche e semplici le ultime parole della tragedia shakespeariana, che prende nuovamente vita in una delle sue più potenti e travolgenti rappresentazioni, interpretata dall’Hamburg Ballet nuovamente sotto la direzione di John Neumeier.

Tutto ha comunque funzionato parecchio bene, in quanto la pagina della Saunders è risultata davvero “assoluta” e la suite carroliana si è dimostrata oltremodo gradevole.

Con un’orchestra di altissimo livello come quella veneziana, Ciampa riesce a raccontare il lavoro di Puccini sottolineandone gli influssi della tradizione musicale cinese ma anche la poesia e la modernità.

È piuttosto facile immaginare che Luigi Nono e Giuliano Scabia non avrebbero fatto una piega nell’apprendere che un’esecuzione de La fabbrica illuminata saltava per uno sciopero indetto dai dipendenti della Fenice.

L’idea di Paul Curran – coadiuvato da Gary McCann, autore delle scene elegantemente evocative e dei costumi curatissimi – è quella di portare la Secessione Viennese ai giorni nostri compiendo un’operazione di acuto anticalligrafismo.

L’inaugurazione il 20 novembre con l’Otello in un nuovo allestimento firmato da Fabio Ceresa.

Tutto scorre con fluidità, a ritmo di musica, a raccontare con una leggerezza che fa da contraltare alla tonitruanza orchestrale, dando vita ad uno spettacolo assai godibile.

Il Beethoven di Buchbinder, artefice dal pianoforte del solismo e della concertazione dei due concerti, è fresco, votato sia alla fede delle partitura sia alla ricerca di cosa sia giusto per il lirismo del concerto.

Il gesto teatrale è rarefatto, evocatore più che descrittivo – gli unici movimenti veri sono affidati ad una danzatrice – quasi a voler contenere la ridondanza verbale del canto.

Non si offenderà Bruckner se possiamo riassumere la sua cifra compositiva dicendo che non spicca nel panorama compositivo per la sua capacità sintetica.

Fabio Luisi dirige Orchestra e Coro del Teatro La Fenice. Solisti il soprano Eleonora Buratto e il tenore Fabio Sartori

Cosa può spingere una direzione artistica a inaugurare la propria stagione sinfonica con una scelta sinfonica così apparentemente auto-sabotatoria, in aperto contrasto con la necessità di programmi leggeri tipica del post-Covid?

Al Teatro La Fenice i Due Foscari mancavano dal febbraio del 1977 e vi fanno ritorno in un allestimento del Maggio Musicale Fiorentino che risulta di incomparabile modestia.