Torino: Argerich e Dutoit a tutto Ravel

Nonostante sia la prima serata del Festival di Sanremo, l’Auditorium Agnelli del Lingotto è stracolmo per il ritorno, sempre attesissimo, di Martha Argerich accompagnata qui dall’ex-marito Charles Dutoit alla testa dell’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo.

Il programma è interamente dominato da Maurice Ravel, come compositore e come orchestratore, nel 150° dalla nascita. La serata inizia infatti con Le tombeau du Couperin, la versione orchestrale della suite per pianoforte che il musicista trentanovenne aveva scritto negli anni 1914-1917, una sequenza dove ogni movimento era dedicato a un amico compositore caduto in combattimento. Iniziata prima dello scoppio della Grande Guerra, voleva essere un omaggio al maestro del clavicembalo François Couperin e all’intera musica francese del Settecento: i tombeaux, o apothéoses, erano una tradizione secentesca per onorare musicalmente grandi personaggi. Con il volgere degli avvenimenti, la composizione assunse la doppia dedica. Non strutturata secondo il canone barocco a cui si ispira, questa “suite francese” lo imita nei movimenti di danza o in quelli strumentali. Dei sei pezzi originali per pianoforte – I. Prélude; II. Fugue; III. Forlane; IV. Rigaudon; V. Menuet; VI. Toccata – solo quattro vennero orchestrati, nell’ordine: il primo, il terzo, il quinto e il quarto. Una successione che richiama i tempi della sinfonia classica: Allegro (qui Vif), Andante (Allegretto), Minuetto (Allegro moderato), Allegro (Assez vif). Terminata nel 1918 la suite venne eseguita la prima volta due anni dopo ai Concerts Pasdeloup.

Ravel ha trascritto per orchestra quasi tutti i suoi pezzi per la tastiera, creando spesso un capolavoro da un capolavoro. La scrittura pianistica e quella orchestrale sono versioni compiute in sé, ma con diverso carattere sonoro, come avviene in questo suo ultimo lavoro per pianoforte, dove nel primo movimento i trilli del pianoforte diventano gli interventi dell’oboe; nel secondo le tinte delicate della forlane sono espresse dall’arpa; nel terzo la musette centrale ha un tono ancora più pastorale nell’impasto sonoro dei legni; nel finale il ritmo vivace del rigaudon è esaltato dai tanti e differenti timbri degli strumenti scelti dal compositore.

In definitiva, è il brano ideale per presentare le qualità di un’orchestra, come questa monegasca. Di storica tradizione, è una delle più antiche d’Europa essendo stata fondata nel 1856, dal repertorio versatile, è specializzata nella musica francese, ma spazia dal barocco alle opere sinfoniche promuovendo prime esecuzioni di opere di autori contemporanei o formati ibridi, come colonne sonore dal vivo per film (Metropolis di Fritz Lang) e progetti con danza o arti performative e visive.

Quest’anno si celebrano i cento anni trascorsi dalla prima de Lenfant et les sortilèges – che verrà messa in scena all’Opéra del Principato il mese prossimo assieme a Lheure espagnole – e qualche eco di quella deliziosa operina si ritrova nel secondo pezzo in programma, il Concerto in Sol maggiore per pianoforte e orchestra, composto quasi contemporaneamente al Concerto per la mano sinistra, il quale però ha un tono drammatico che manca totalmente al lavoro dedicato a Marguerite Long.

La leggerezza, la vivacità e l’ironia connotano i movimenti estremi del concerto, che l’autore inizialmente avrebbe voluto chiamare Divertimento per l’esibita giocosità con cui fa ricorso a materiali musicali eterogenei, dal circo al jazz per i ritmi irregolari, le percussioni, i buffi glissandi, gli interventi nel linguaggio blues dell’orchestra. Sorprendentemente diverso è il secondo movimento, un Adagio assai, condotto dal solo pianoforte che richiama il Mozart qual era conosciuto fra le due guerre: un autore apollineo perfettamente inserito nella stagione del neoclassicismo allora in auge.

Con lo stupore meravigliato di chi lo scopre per la prima volta, Martha Argerich – che ha eseguito innumerevoli volte il Concerto in Sol e quasi altrettante volte l’ha inciso, la prima volta con Claudio Abbado – realizza la pagina con tecnica magistrale, precisione e grande bellezza di suono. Un approccio sensibile e “infantile” da parte di una donna di acciaio che quando si mette alla tastiera riesce a rendere facile il difficile, con una sublime scorrevolezza nel tocco iridescente e morbido, ma allo stesso tempo deciso e determinato nei momenti in cui lo strumento solista sfida l’insieme orchestrale.

Chissà quante volte abbiamo ascoltato la sua esecuzione del pezzo di Ravel, eppure ogni volta riesce a stupirci. Come è successo ieri con il pubblico galvanizzato dalla sua presenza. Alla fine dell’esecuzione, pressata da insistenti applausi, Marthita prende il microfono e ricorda con commozione Maria Tipo, la pianista scomparsa il giorno prima, a cui idealmente  dedica i suoi due fuori programmi: un delicatissimo “Träumerei” dalle Kinderszenen di Schumann e un’ineffabile esecuzione della Gavotta dalla Terza Suite inglese di Johann Sebastian Bach.

Dopo l’intervallo sono in programma i Quadri di unesposizione di Modest Musorgskij. Come sarebbe stato bello ascoltarne l’esecuzione originale per pianoforte dall’artista argentina, ma è il momento dell’orchestra ed ecco quindi la versione strumentata da Ravel. Il potenziale “sinfonico” della suite per pianoforte, ossia la possibilità di amplificazione dei contrasti sonori tramite un’orchestra, aveva spinto subito, già nel 1886 anno della pubblicazione, all’orchestrazione dei pezzi: prima trascrizione parziale quella di Mikhail Tušmalov, allievo di Rimskij-Korsakov; poi quella di Henry Wood nel 1915; completa quella di Leo Funtek nel 1922. Particolare quella di Leopold Stokowski del ’39, ma è quella di Ravel, del 1922, a essersi definitivamente imposta. Una trascrizione fedele all’edizione originale disponibile allora, in cui manca solo la quinta “Promenade” dopo “Samuel Goldenberg e Schmuÿle” il Crescendo diventa qui un Fortissimo.

Con intuitivi movimenti delle braccia, soprattutto quello sinistro, Charles Dutoit fornisce una lettura convincente della trascinante pagina nelle sue diverse parti, che non sono semplici descrizioni musicali di elementi pittorici intervallati da brevi episodi (le “Promenades”) che indicano gli spostamenti dell’ideale visitatore da un quadro all’altro, ma brani musicali che hanno una stupefacente varietà timbrica di cui l’orchestra monegasca fornisce una brillante esibizione, seppure con qualche lieve scollatura nel reparto degli ottoni. Non molto posso dire dell’equilibrio sonoro complessivo tra le varie famiglie di strumenti dalla mia posizione molto eccentrica e arretrata, quasi nel coro, ma l’impressione generale è di buona qualità musicale per la compagine che agli applausi del pubblico ha risposto con un’altra pagina raveliana, la struggente Pavane pour une infante défunte.

Renato Verga
(11 febbraio 2025)

La locandina

Direttore Charles Dutoit
Pianoforte Martha Argerich
Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo
Programma:
Maurice Ravel
Le tombeau de Couperin
Concerto in Sol maggiore per pianoforte e orchestra
Modest Musorgskij
Quadri di un’esposizione (orchestrazione Maurice Ravel)

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