La solida seduzione di Salome al Teatro Regio di Torino

Prosegue l’interessante progetto torinese che dal Festival Casella (Premio Abbiati 2016) è giunto quest’anno alla sua terza edizione, dedicata a Richard Strauss. L’ideazione è delle più belle e scaltre: unire in un unico Festival quante più realtà musicali e culturali di una città florida e vivace come Torino, andando dal Teatro Regio alla Biblioteca Nazionale Universitaria, dall’Orchestra Sinfonica della Rai al Museo del Cinema, dall’Unione Musicale al Goethe-Institut e molte altre. Grande promotore di questo splendido progetto è sempre stato il Teatro Regio, che di Richard Strauss ha proposto Salome, di cui recensisco la recita di giovedì 22 febbraio.

L’opera è apparsa già da subito un po’ svantaggiata, dovendo rinunciare all’allestimento di Robert Carsen a causa del recente incidente che ne ha impedito il montaggio. Affidata a Laurie Feldman, la versione semiscenica è riuscita comunque in porre un tampone alla situazione, pur con gli inevitabili limiti. Ridotta la parte scenica, in ogni caso, ci si è con gran piacere abbandonati all’ascolto più puro dell’opera, affidata alla direzione di Gianandrea Noseda, e alle voci dei solisti, in particolar modo di Erika Sunnegårdh, Salome. Il soprano ha affrontato con una certa disinvoltura vocale il complesso ruolo, riuscendo a convincere anche nella parte di caratterizzazione attoriale. La buona sagomatura dei personaggi è stata uno degli elementi di maggior successo del cast, che salvo qualche piccolo eccesso è riuscito a rendere i diversi ruoli con grande verità, alternando la forte cantabilità a momenti di ruvida violenza e concedendosi senza troppe remore quei passaggi così inaspettatamente kitsch che ogni tanto emergono vividi nell’opera. Esempi perfetti di questo sono stati Robert Brubaker, Erode, e Doris Soffel, Erodiade, mentre a Tommi Hakala va il merito di un severo e scolpito Jochanaan e ad Enrico Casari un giovane, energico ed al contempo fragile Narraboth. Ma, come scrivevo, è Salome a reggere i giochi, fungendo sia da polo magnetico che da punto di sfogo dell’intera opera. E se un plauso generale va a tutto il cast, è alla Sunnegårdh cui spetta lo scettro di aver ben sostenuto questa parte. Ciononostante, alla giovane fanciulla Salome, personificazione stessa dell’erotismo e di quell’affascinante eppure inquietante rapporto tra amore e morte così caro a Strauss, sarebbero giovate più nuances accattivanti ed una maggiore plasmabilità del fraseggio.

Questo elemento seduttorio è stato forse quello meno riuscito nell’opera, sia nei solisti, che nella compagine orchestrale, la quale, nonostante la davvero ottima prova, non sempre ha risposto ai repentini guizzi del gesto di Noseda, seguendolo in fraseggi densi di solido rubato o calibrati giochi di dinamiche. Molto più efficace invece la tensione dei crescendo, la compattezza dell’orchestra, salvo alcune sbavature nelle sezioni dei violini e dei violoncelli, e la cura dei timbri tra archi, fiati e percussioni, il cui merito va anche alla sapiente concertazione di Noseda, che ha saputo dare sufficiente risalto alle molte preziosità dell’orchestrazione straussiana. Indimenticabile anche l’energia selvaggia impressa da direttore e orchestra nella meravigliosa Danza dei Sette Veli. Di Gianandrea Noseda ho apprezzato moltissimo l’impegno nel tenere coerente e compatta la cangiante opera di Strauss, un impegno decisamente riuscito che ha donato all’opera una solidità notevole, sollevandomi anche alcuni interrogativi.

Ho già scritto di come Salome chiami una certa plasmabilità di fraseggio e seduttive nuances, ma ammetto che la tesa e compatta lettura di Noseda, a tratti quasi mahleriana, ha gettato nuova luce su molti passaggi. È quindi possibile unire solida chiarezza e decadente suadenza o le due visioni si escludono a vicenda? Si può caratterizzare timbricamente al meglio quei rapidissimi cambi di carattere, folli e schizofrenici, che percorrono così tante scene nell’opera, facendone risaltare anche una scorrevole continuità? Insomma, quanto si può giocare sul tempo e sul rubato, senza che una struttura musicale inizi a cedere nei suoi cardini?

Ai musici l’ardua sentenza.

Alessandro Tommasi

(22 febbraio 2018)

La locandina

Direttore Gianandrea Noseda
Versione in forma semiscenica Laurie Feldman
Costumi Laura Viglione
Luci Andrea Anfossi
Personaggi e interpreti:
Salome Erika Sunnegårdh
Erode Robert Brubaker
Erodiade Doris Soffel
Jochanaan Tommi Hakala
Narraboth Enrico Casari
Un paggio di Erodiade Michaela Kapustová
Primo giudeo Gregory Bonfatti
Secondo giudeo Matthias Stier
Terzo giudeo Saverio Pugliese
Quarto giudeo Yaroslav Abaimov
Quinto giudeo Horst Lamnek
Primo nazareno Roberto Abbondanza
Secondo nazareno Joshua Sanders
Primo soldato Andrea Comelli
Secondo soldato Federico Benetti
Un uomo di Cappadocia Enrico Bava
Uno schiavo Raffaella Riello
Orchestra del Teatro Regio

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