Torino: Minnie va al cinema
Fa un certo effetto avere nelle orecchie le sonorità liriche, se non quasi sinfoniche, di Giacomo Puccini e negli occhi una scena western alla Sergio Leone. Ma in fondo, forse era proprio l’effetto che Puccini stesso voleva generare quando scelse di mettere in musica una composizione che avesse come tema il grande west americano, con cowboy, minatori, indiani e determinate fanciulle, pronte a lottare e a difendere ciò che ritenevano giusto.
La fanciulla del West è il risultato del lavoro di Giacomo Puccini che va in scena nel dicembre 1910 sul prestigioso palcoscenico del Metropolitan Opera di New York, quando i primi film western, muti e di breve durata, raccoglievano grandi successi nei cinema di allora. Ed è con una visione cinematografica che Valentina Carrasco, regista argentina di affermata carriera, debutta al Teatro Regio di Torino proponendo una scena dentro la scena, dove le vicende di Minnie, giovane donna energica e generosa che gestisce il saloon di un villaggio di cercatori d’oro in California, sono la trama delle riprese coordinate da Sergio Leone ed Ennio Morricone, in un omaggio al genio italiano (di Puccini e di Leone) e di quel legame indissolubile tra l’Italia e l’America.
La vita di Minnie è sconvolta dall’arrivo del bandito Dick Johnson, meglio conosciuto come il ricercato Ramerrez, di cui segretamente si innamora, seppur questo amore le creerà problemi con il temibile sceriffo Jack Rance ed i suoi sgherri: nel tentativo di salvarlo dalla forca, arriverà persino a giocarsi la propria felicità in una partita a poker, proprio con un rabbioso e innamorato Rance. Lieto fine incamminandosi lungo la via di verdi boschi americani. E così si sviluppano gli accadimenti, in un susseguirsi di riprese cinematografiche, primi piani (all’inizio dell’opera viene calato un maxischermo che permetterà di vedere le riprese in tempo reale nei vari momenti più drammatici), cameramen, eventi fuori scena (come le “proteste” con tanto di cartelloni degli indiani prestati a lavorare a servizio dei bianchi americani), avendo come cuore di tutto l’amore, il coraggio di lottare per chi si ama, fino a rischiare la propria vita.
Una visione innovativa, quella della Carrasco, coadiuvata da Lorenzo Nencini quale assistente alla regia, affiancata da un folto team che vede le ben definite scene di Carles Berga e Peter van Praet (coadiuvati da Chiara La Ferlita), con il saloon “Polka” nel primo atto, la innevata casa in legno di Minnie circondata dal bosco nel secondo atto ed il bivacco nella foresta del terzo atto, che lascerà spazio ad un’immaginaria via per una nuova vita per i perdonati ed innamorati Minnie e Nick.
Silvia Aymonino cura i costumi insieme ad Agnese Rabatti, mentre le riprese video (l’unico aspetto che forse avrebbe meritato una cura più attenta e minuziosa, dato il coraggioso ed importante omaggio e parallelo cinematografico) sono di Gianluca Mamino e le luci di Peter van Praet.
Elemento fondamentale, trascinante e di grande impatto è la visione musicale che Puccini imprime nella composizione, con una musica che segue il passo dell’azione in un continuo flusso più sinfonico e meno lirico, dove si inserisce senza difficoltà Francesco Ivan Ciampa, che torna sul podio del Regio di Torino e che sapientemente, con precisione e capacità analitica della partitura, conduce la complessa orchestrazione evidenziando gli slanci e le espansioni più liriche. Si percepisce tuttavia un mancanza di relazione tra buca e palco, dove il traino dato da Ciampa spavaldamente fa emergere la ricca musicalità dell’Orchestra del Teatro Regio, assai sonora e predominante a scapito, in particolare nel primo atto, delle voci dei solisti impegnati nell’arduo compito di reggere il confronto. Altra eccellenza è la qualità del Coro, qui totalmente al maschile, istruito da Ulisse Trabacchin, impegnato nei numerosi e precisi interventi e “rinforzato”, senza che ce ne fosse bisogno sia chiaro, dai numerosissimi comprimari presenti nell’opera.
Nei panni della combattiva e determinata Minnie troviamo il soprano americano Jennifer Rowley, che dimostra carattere nell’interpretazione del ruolo, mettendoci passione e carisma. Qualità che però mancano nella resa vocale, dopo un inizio molto in sordina con un primo atto poco penetrante, cercando di recuperare in corsa nel secondo e terzo atto. La voce è di discreta qualità, talvolta crescente negli acuti e nelle prove di forza dell’artista che forse deficita di una maturità vocale che sarebbe richiesta per la parte.
Accanto a lei il tenore Roberto Aronica, qui nelle vesti del bandito Johnson che finirà per innamorarsi di lei e a cui dovrà la vita per il coraggioso salvataggio. Come già anticipato e detto qui e altrove, in quest’opera Puccini predilige lo scorrere del flusso musicale a scapito delle voci, che non hanno mai occasione di emergere, se non in brevi attimi: la fortuna del tenore è dunque avere la possibilità di esprimersi con l’appassionata aria Ch’ella mi creda libero e lontano, resa con buone intenzioni e giusta proiezione, sopperendo alla complessiva interpretazione scenica piuttosto anonima.
Chi dei tre protagonisti principali risulta essere più in parte è il baritono Gabriele Viviani, lo sceriffo Jack Rance, che entra con foga nel personaggio restituendo allo spettatore l’immagine dello sceriffo del west in grado di andare oltre ai suoi doveri pur di avere tra le sue mani Minnie e far fuori il rivale. Talvolta sopra le righe vocalmente, Viviani ha tuttavia nelle corde voce e tempra per districarsi con una sonorità sicura, che non cede, non arretra e non si fa intimidire dalle onde del mare in tempesta orchestrali.
Ad attorniare il trio di protagonisti troviamo un nutrito e variegato numero di coprotagonisti chiamati a sostenere le parti che completano, se non addirittura arricchiscono, l’opera: ecco quindi il sonoro e spiccante Nick del tenore Francesco Pittari, l’Ahsby del basso Paolo Battaglia, il brillante Sonora di Filippo Morace, e poi ancora Trin di Cristiano Olivieri, il Bello del baritono Alessio Verna, Harry del tenore Enzo Peroni, Happy del baritono Giuseppe Esposito, Jake Wallace del baritono Gustavo Castillo e Josè Castro del basso Adriano Gramigni. Continuando nella sua attività di formazione e crescita artistica, il Teatro mette in gioco quattro artisti del Regio Ensemble, con il baritono Eduardo Martínez nei panni di Sid e Billy Jackrabbit, il tenore Enrico Maria Piazza nei panni di Joe, il basso Tyler Zimmerman nei panni di Larkens e il mezzosoprano Ksenia Chubunova nei panni di Wowkle, mentre dal Coro il tenore Alejandro Escobar dà voce ad un postiglione.
Successo di pubblico per uno dei numerosi omaggi del Teatro Regio di Torino in occasione del centenario pucciniano, con la curiosità della stagione che verrà per un teatro che sembra aver ritrovato il suo posto tra le Fondazione lirico-sinfoniche italiane.
Leonardo Crosetti
(22 marzo 2024)
La locandina
Direttore | Francesco Ivan Ciampa |
Regia | Valentina Carrasco |
Scene | Carles Berga e Peter van Praet |
Costumi | Silvia Aymonino |
Direttore della fotografia | Gianluca Mamino |
Luci | Peter van Praet luci |
Personaggi e interpreti: | |
Minnie | Jennifer Rowley |
Jack Rance | Gabriele Viviani |
Dick Johnson (Ramerrez) | Roberto Aronica |
Nick | Francesco Pittari |
Ashby | Paolo Battaglia |
Sonora | Filippo Morace |
Trin | Cristiano Olivieri |
Sid/Billy Jackrabbit | Eduardo Martínez |
Bello | Alessio Verna |
Harry | Enzo Peroni |
Joe | Enrico Maria Piazza |
Happy | Giuseppe Esposito |
Larkens | Tyler Zimmerman |
Wowkle | Ksenia Chubunova |
Jake Wallace | Gustavo Castillo |
José Castro | Adriano Gramigni |
Un postiglione | Alejandro Escobar |
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino | |
Maestro del Coro | Ulisse Trabacchin |
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