Torino: Nozze in grande stile
Un “classicissimo” Mozart inaugura la Stagione 2024/2025 del Teatro Regio di Torino, dopo la riuscita scommessa artistica delle tre Manon (che credevamo essere l’apertura di Stagione, ma tant’è). Inaugurazione in grande stile, che vede la grande sala stracolma in ogni ordine di posto per una Prima da (quasi) tutto esaurito, per la folle journée mozartiana, ossia Le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart su libretto dell’altro genio corresponsabile del successo, Lorenzo Da Ponte.
Dicevamo classicissimo perché è classico lo stile che contraddistingue il regista Emilio Sagi, creatore dell’allestimento nato per il Teatro Real di Madrid e qui in coproduzione con ABAO di Bilbao, con la riuscita ripresa grazie alle sapienti mani di Matteo Anselmi, attore e regista torinese, affiancato da Daniel Bianco a curare le grandi, eleganti e nobili scene, Renata Schussheim ai costumi, Eduardo Bravo alle luci e Nuria Castejon alla coreografia (che meraviglia il balletto nel terzo atto!).
È parso, quasi per un attimo, di rivedere le grandi scene di Frigerio, per poi realizzare il diverso taglio scenico e registico, che vedono un lavoro di livello mantenendo sempre un’eleganza lineare ed ordinata, lasciando fare tutto il resto alla musica. Ecco, se proprio vogliamo trovare qualcosa che è mancato, è quell’ardore giovanile che dovrebbe pervadere gli amanti nei loro intrecci amorosi, quel vortice d’ormoni che dovrebbe far saltellare Cherubino tra le donne del palazzo così saltella come un’ape di fiore in fiore cogliendone il dolce polline. Ci si lascia tuttavia convincere dall’impatto visivo dell’intero impianto scenico come, ad esempio, dalla stanza da letto della Contessa, di nobiliari linee e illuminata a giorno tramite le alte finestre; così come risultano suadenti e coinvolgenti le coreografie nel terzo atto, grazie anche alla bravura degli artisti coinvolti, che ci ricordano l’essere in Spagna, tra danze e nacchere.
Al suo debutto al Teatro Regio di Torino troviamo Leonardo Sini, giovane direttore d’orchestra classe 1990 ma con ottime e solide basi artistiche e una crescente carriera, che lo hanno già portato a lavorare nelle principali sale operistiche. Di Sini apprezziamo la concertazione fresca, brillante, sì giocosa ma anche melanconica, che sa sottolineare tutte le sfumature mozartiane (in particolare delle Nozze), forse leggermente ingessata in pochi e rari passaggi, che siamo sicuri essere forse più frutto del trovarsi al dirigere l’apertura di Stagione in un nuovo Teatro, che non tanto l’analisi della partitura e l’intesa artistica con l’Orchestra, che continua a dimostrare l’alta qualità dei suoi musicisti, con ottime timbriche, sonorità vibranti e un’ottima tenuta d’insieme, meritando unanimi consensi; così come anche li merita il Coro del Teatro, preparato da Ulisse Trabacchin, che per gli interventi previsti si distingue per l’ottimo esito.
Non lo si lascia per ultimo per meno importanza, al contrario: l’accompagnamento al fortepiano nei recitativi di Carlo Caputo è lezione di musica, di come non solo si crea ma anche di come si costruisce il dialogo, ponte ideale tra le arie, le scene, i duetti e così via discorrendo.
Vito Priante, baritono di apprezzate doti artistiche, veste i panni del Conte di Almaviva incarnando con credibile intensità il nobile che si è fatto uomo, ormai sposato ma ancora alla ricerca del piacere extraconiugale, che intende farsi forza col potere padronale. Priante è cantante attento al fraseggio, al gusto della parola e al saper essere espressivamente sì nobile ma in fondo uomo, con i pregi e difetti che ciò comporta: è dunque qualitativamente ottimale la sua prova artistica, sia per l’interpretazione che per l’uso della voce, con sapiente uso dei piani e pianissimi (ancora si ha in testa il suo attacco al “Contessa perdono”), ma lasciandosi andare con impeto d’accenti negli attimi più concitati e frenetici.
Nelle vesti della Contessa troviamo invece il soprano Ruzan Mantashyan, che interpreta con gusto e garbo le vesti della sofferente donna che sa di essere tradita ma capace di superare gelosie ed inganni, arrivando al perdono finale. Vocalmente di buon gusto, con qualche asprezza in acuto, gioca con il suadente lirismo delle arie più riflessive, anche se il vibrato talvolta eccede, compromettendo la resa complessiva dell’interprete.
Assai più travolgente e più convincente nella parte è Giorgio Caoduro, baritono conosciuto ed apprezzato per la particolare versatilità nel repertorio mozartiano e rossiniano, qui baldanzoso, arguto e irrefrenabile Figaro. Presenza scenica di prima qualità, distinguendosi nei momenti di gelosia tanto quanto nei sotterfugi ingannevoli, evidenziando ed esaltando il dolce amore di Figaro quale amante della bella Susanna. Voce ben proiettata, sonora, sicura, con precisa attenzione alla parola scenica, con buona estensione tanto nei gravi quanto negli e centri sempre timbrati: Caoduro ne esce vincente, con ottima prova musicale in particolare nelle arie “Non più andrai farfallone amoroso” e in “Aprite un po’ quegl’occhi”, dove si accendono soffusamente le luci in sala permettendo all’artista di giocare con sguardi e intenzioni col pubblico.
Accanto a lui troviamo la Susanna di Giulia Semenzato, che si distingue per lo strumento vocale di buona qualità, nonostante la voce risenta talvolta dell’ampiezza della sala e della sonorità orchestrale, avendo cura nel porgere e padronanza di colori, accenti ed intenzioni. È serva scaltra ma fedele, dando prova di ottima intesa con i colleghi ma sapendo al tempo stesso attirare su di sé la giusta attenzione, in particolare nel recitativo ed aria Giunse alfin il momento.. Deh, vieni, non tardar, meritando sonori applausi finali.
Preziosa, elegante e centratissima nella parte è Josè Maria Lo Monaco, mezzosoprano qui nelle vesti en travestì del picciolo Cherubino, che fanciullescamente dimostra gli ardori giovanili e la ricerca forsennata di attenzioni (e voglie) femminili. L’attenzione alla parola è costante, ottima la proiezione e il tondo colore mezzosopranile fanno sì che ne esca una prova maiuscola della Lo Monaco.
Di lusso la presenza di Chiara Tirotta nei panni di Marcellina, che si distingue nella scena ma soprattutto nel canto, meritando l’esecuzione dell’aria poco eseguita Il capro e la capretta, così come lo è la prova di Andrea Concetti nei panni assai conosciuti di Bartolo, sapendo soppesare la parola cantata ed agendo con buon gusto scenico. E finalmente si sentono anche comprimarie di ottimo livello, grazie alle fresche e giovani voci del tenore Juan José Medina nei panni di Basilio, del baritono Janusz Nosek in quelli di Antonio e del soprano Albina Tonkikh in quelli di Barbarina, tutti in forza dal Regio Ensemble che vede un ottimo ricambio di giovani artisti con la possibilità di debuttare e/o sviluppare ruoli in palcoscenico. Buono è anche l’intervento di Cristiano Olivieri quale balbettante Don Curzio, così come si fanno apprezzare nel breve cameo previsto le due contadine Eugenia Braynova e Daniela Valdenassi, artiste del Coro del Teatro.
Possiamo quindi apprezzare lo sforzo artistico per questa fresca e ricca inaugurazione di Stagione, sapendo coniugare con buon equilibrio la sapienza della vecchia scuola registica, la baldanzosa giovialità nella direzione e la qualità vocale ed espressiva degli artisti del cast. Buona Stagione!
Leonardo Crosetti
(23 novembre 2024)
La locandina
Direttore | Leonardo Sini |
Regia | Emilio Sagi |
Scene | Daniel Bianco |
Costumi | Renata Schussheim |
Luci | Eduardo Bravo |
Coreografia | Nuria Castejon |
Personaggi e interpreti: | |
Il conte d’Almaviva | Vito Priante |
La contessa d’Almaviva | Ruzan Mantashyan |
Figaro | Giorgio Caoduro |
Susanna | Giulia Semenzato |
Cherubino | Josè Maria Lo Monaco |
Marcellina | Chiara Tirotta |
Bartolo | Andrea Concetti |
Basilio | Juan José Medina |
Don Curzio | Cristiano Olivieri |
Antonio | Janusz Nosek |
Barbarina | Albina Tonkikh |
Prima contadina | Eugenia Braynova |
Seconda contadina | Daniela Valdenassi |
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino | |
Maestro del Coro | Ulisse Trabacchin |
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