Torino: un Norvegese al Lingotto
Sta volgendo al termine questa intensa settimana musicale torinese: al Teatro Regio vanno in scena le ultime recite di un intrigante Elisir d’amore; al Conservatorio Giuseppe Verdi Christian Gerhaher ha presentato un raffinato programma cameristico assieme alla viola di Tabea Zimmermann e al pianoforte di Gerold Huber; all’Auditorium Toscanini la stagione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI ha ospitato il direttore finlandese Pietari Inken per una memorabile esecuzione della Settima Sinfonia di Dmitrij Šostakovič – qui la recensione – e ora per la rassegna pianistica del Lingotto, nella Sala 500 un altro norvegese – dopo Truls Mørk violoncellista nel concerto RAI del 30 gennaio – presenta un programma centrato sul profondo Nord e la Mitteleuropa romantica.
L’impaginato della serata prevede infatti lavori di Edvard Grieg e Leoš Janáček nella prima parte e la serie completa dei 24 preludi op. 28 di Fryderyk Chopin nella seconda.
Assolto il dovere di esordire con il lavoro di un connazionale, la spigolosa e un po’ accademica Sonata in mi minore con cui Grieg nel 1865 celebrava la sua formazione tedesca includendo nella rigida forma temi della musica popolare nordica studiata da Niels Wilhelm Gade a cui la sonata è dedicata, Leif Ove Andsnes si accosta a uno dei più sorprendenti e originali compositori del ‘900, Leoš Janáček, di cui esegue la raccolta di pezzi per pianoforte Po zarostlém chodníčku, letteralmente “Sul sentiero incolto”, un percorso simbolico dove si aggrovigliano i ricordi. I quindici pezzi, composti negli anni tra il 1901 e il 1911, sono divisi in due gruppi, uno di dieci e uno di cinque.
Qui Andsnes esegue i primi dieci connotati da titoli descrittivi che servono al compositore non come musica a programma, bensì come stimolo per uno svolgimento puramente musicale: così In lacrime è uno stillicidio di note a dominare nel breve pezzo; ne La Vergine di Frydek sono le variazioni di un corale l’elemento strutturale della pagina; così è il gioco di richiami di Venite con noi. In Buona notte emerge invece l’interesse del compositore moravo per le possibilità musicali della parola, dove le sillabe di dobrou noc sono “tradotte” in uno spunto tematico di quattro note ironicamente ripetuto. La varietà di toni dei dieci pezzi, la loro leggerezza e piacevolezza, le inedite sonorità sono il campo espressivo di un Andsnes dal tocco ispirato e cangiante che esalta la bellezza di questi frutti così particolari.
Preludi che non introducono a nulla, solamente a sé stessi sono quelli che Chopin scrisse tra il 1831 e il 1839, alcuni a Maiorca nel cui clima sperava di guarire i suoi problemi ai polmoni.
Come nel Wohltemperierte Klavier di Johann Sebastian Bach, i 24 pezzi coprono tutte le possibili tonalità in maggior e minore, ma qui si susseguono a intervalli di sesta e settima: do-la-sol-mi-re ecc. Sfidando ogni regola accademica, Chopin scrive 24 composizioni che più diverse non possono essere per durata (da 13 battute per il più breve, a 89 per il più lungo), velocità (da Lento assai a Presto con fuoco), dinamica (da pianissimo ppp a fortissimo fff) e colore. Con il nome di “preludi” vivono in realtà registri stilistici diversi definiti da Schumann come «schizzi, frammenti iniziali di studi o – se vogliamo – ruderi, penne d’aquila, selvaggiamente disposte alla rinfusa». Tutti sono monotematici, ma in alcuni si può scorgere la struttura ternaria di un notturno (quello in Fa diesis maggiore e quello in Re bemolle maggiore), di una mazurca (in quello in La maggiore), di una romanza senza parole (La bemolle maggiore) o di una ballata (sol minore).
Chopin non ne aveva prevista l’esecuzione integrale, ma oggi ciò avviene spesso e «un’intima organicità si è venuta inconsapevolmente cementando nel passaggio fra l’uno e l’altro brano come per armonia prestabilita», scrive Giorgio Pestelli. Sembra averlo presente il talentuoso pianista norvegese che nella sua lettura unisce l’esecuzione dei 24 pezzi sotto il segno dell’estremo rigore e della perfezione tecnica. Magari qualche accenno di rubato o di indugio non guasterebbe nei pezzi più lirici, ma “rubato” e “indugio” devono essere termini assenti nel vocabolario di questo pianista venuto dal Nord di cui ammiriamo il tocco denso e preciso oltre ogni dire.
Nordico ma generoso si dimostra quando ai convinti applausi del folto pubblico risponde con tre importanti fuori programma: un’esecuzione di assoluta perfezione de “La cathédrale engloutie” di Claude Debussy; il trascinante Étude-Tableau op. 33 n. 2 di Sergej Rachmaninov, e infine un Grieg meno inamidato, quello del “Gangar” (Marcia norvegese), il secondo dei Pezzi lirici op. 54.
Renato Verga
(7 gennaio 2025)
La locandina
Pianoforte | Leif Ove Andsnes |
Programma: | |
Edvard Grieg, | |
Sonata in mi minore op. 7 | |
Leoš Janáček | |
Po zarotlém chidničku (Sul sentiero di rovi) JW 8/17 | |
Fryderyk Chopin | |
24 preludi op. 28 |
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