Trento: Busoni e Schumann fra sperimentazione ed eco classiche

Si è aperto sulle note del flauto zen suonato da Prashantam il concerto dell’Orchestra Haydn all’Auditorium Santa Chiara di Trento, in una sorta di Ouverture che ha posto l’attenzione su musiche “altre” rispetto a quelle della tradizione occidentale; un momento meditativo condotto dallo strumentista portoghese che ha guidato il pubblico in un percorso di respirazione controllata prima di eseguire alcune improvvisazioni dagli spunti più che interessanti.

Il tempo di allestire la pedana per il direttore, nell’occasione il blasonato Markus Stenz e la serata ha ripreso il suo cammino secondo un impaginato di grande fascino, tra scoperte – o meglio riscoperte – e grande repertorio.

Il Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35a che Ferruccio Busoni compose, poco più che trentenne nel 1897 e successivamente revisionato nel 1904, rappresenta una delle opere più significative del compositore italiano. Dedicato dall’autore a Henri Petri, primo Konzertmeister della Cappella Ducale di Dresda e allievo di Joseph Joachim, a sua volta primo esecutore del Concerto per violino di Brahms al quale Busoni si rifà ripercorrendone allusioni e atmosfere.

Della pagina busoniana la violinista Francesca Dego – che si dimostra ancora una volta solista tra le più valenti della sua generazione – dà una lettura tersa ed al contempo appassionata, attingendo ad una ricca gamma cromatica che si pone alla base di un fraseggiare mai scontato.

L’arcata, soprattutto nel Quasi andante centrale, si fa turgidamente incalzante pur senza mai perdere di vista il rigore che percorre la partitura.

Stenz asseconda la solista in un dialogo costante e calibrato su basi paritarie, con l’orchestra chiamata a tenere tempi morbidamente sostenuti incardinando la narrazione su spunti dinamici di grande pulizia ancorché qua e là un po’ algidi.

Successo meritatissimo per la Dego che ha concesso due bis di cui il secondo –la Ciaccona dalla Seconda Partita di Bach – di meraviglioso virtuosismo.

Dopo l’intervallo è stata la volta della Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61 che Robert Schumann compose tra il 1845 ed il 1846 e che l’autore considerava una vittoria sulle tremende sofferenze interiori che lo affliggevano.

Le accuse di “beethovenismo” che furono mosse all’opera non sono del tutto peregrine, ma sono valutazioni che si fermano alla superficie di questa sinfonia che invece presenta nella sperimentazione, nel percorrere nuove via sia nella forma che nel contenuto, l’elemento di maggior fascino e valore.

Stenz decide di puntare tutto – ed è comunque una chiave di lettura nel solco della tradizione – sulla brillantezza del suono pur avendo fatto presagire una chiave interpretativa diversa nel Sostenuto assai che apre la pagina e risolto in un’atmosfera condivisibilmente torbida, quasi oscura, con viole e violoncelli a restituire atmosfere cupe.

Dal successivo Scherzo il suono diventa fin troppo luminoso, più di forma che di sostanza, gradevole all’ascolto ma di fatto privato di quelle ambiguità sottese dalle quali dovrebbe trarre forza e ispirazione.

Al termine successo pieno di pubblico.

Alessandro Cammarano
(6 febbraio 2023)

La locandina

Direttore Markus Stenz
Violino Francesca Dego
Flauto zen Prashantam
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
Programma:
Ouverture
Ferruccio Busoni
Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35a
Robert Schumann
Sinfonia n. 2 in do maggiore op. 61

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