Trento: la trasversalità di Figaro
Arriva dalle terre d’Emilia – prodotto dalla Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e dalla Fondazione Teatro Comunale di Modena – il Barbiere di Siviglia che la Fondazione Haydn ha scelto di rappresentare al teatro Sociale di Trento come secondo titolo d’opera della stagione 2025.
La trasversalità è l’idea di fondo a partire dalla quale il regista Fabio Cherstich decide di incardinare la sua lettura del capolavoro rossiniano, proponendone un allestimento che dovrebbe porre in risalto il suo essere senza tempo e di poter dunque attraversare diverse epoche sino ad arrivare ad oggi mantenendo intatta la sua forza teatrale.
Logica dunque la scelta di un palcoscenico vuoto, o meglio svuotato, nel quale si ritrovano pochi elementi mobili – immaginati da Nicolas Bovey e illuminati da Marco Giusti – animati da servi di scena e che traggano ispirazione dalle opere di Maurizio Cattelan, Carsten Höller e Erwin Wurm, ma anche una casetta aguzza di Carrà e un Intonarumori, al cui interno si muovono i personaggi che Arthur Arbesser veste con abiti di epoche diverse riservando la “tradizione” ai soli Figaro e Almaviva.
Tutto molto interessante sulla carta, ma all’atto pratico ci si trova davanti ad un Barbiere fatalmente vittima di tutti i luoghi comuni – compreso il Finale Primo à la Ponnelle e le incursioni tra il pubblico, che per inciso andrebbero bandite dai teatri lasciandole all’animazione dei villaggi vacanze, di coro e cantanti – calcificati da una pratica teatrale giurassica. E dunque nonostante qualche trovata gradevole, come le sortite dei protagonisti da armadi e frigoriferi, è calma piatta.
Convince, di contro, quasi pienamente il versante musicale, a far principio dalla prova maiuscola offerta da Alessandro Bonato, fresco di nomina a direttore principale dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento per il prossimo triennio e per inciso anch’essa in serata di grazia.
Bonato lavora virtuosamente per sottrazione, ripulendo il suono rossiniano sino a riportarlo al suo nitore primigenio e staccando tempi brillanti ma lontanissimi da qualunque concitata affettazione, arricchendo la narrazione musicale con scelte dinamiche talora quasi impercettibili eppure meravigliosamente incisive nel loro sottolineare atmosfere e situazioni.
Gurgen Baveyan è Figaro dal timbro forse un po’ chiaro e con qualche indulgenza al birignao, ma comunque baldanzosamente persuasivo, mentre Pietro Adaini tratteggia con gran garbo un Almaviva poggiato su una linea di canto cristallina e dizione limpida.
Bene anche Mara Gaudenzi, Rosina volitiva e cantata con bel piglio, oltre che capace di alternare con intelligenza i diversi stati d’animo.
Fabio Capitanucci è Bartolo di gran mestiere, giustamente buffo ma non comico, mentre Nicola Ulivieri offre una lezione di stile inarrivabile tratteggiando un Don Basilio praticamente perfetto sia dal punto divista vocale che per quanto attiene alla recitazione.
Bravi Francesca Maionchi, Berta extralusso, e Gianni Giuga nel doppio impegno come Fiorello e Ufficiale, mentre Il mimo francese Julien Lambert è un Ambrogio stralunato.
Ottima la prova dell’Ensemble Vocale Continuum preparato da Luigi Azzolini.
Teatro praticamente esaurito, moltissimi i giovani e giovanissimi, e successo più che cordiale per tutti.
Alessandro Cammarano
(31 gennaio 2025)
La locandina
Direttore | Alessandro Bonato |
Regia | Fabio Cherstich |
Scene | Nicolas Bovey |
Costumi | Arthur Arbesser |
Luci | Marco Giusti |
Personaggi e interpreti: | |
Conte d’Almaviva | Pietro Adaini |
Don Bartolo | Fabio Capitanucci |
Rosina | Mara Gaudenzi |
Figaro | Gurgen Baveyan |
Don Basilio | Nicola Ulivieri |
Berta | Francesca Maionchi |
Fiorello/Ufficiale | Gianni Giuga |
Ambrogio | Julien Lambert |
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento | |
Ensemble Vocale Continuum | |
Maestro del Coro | Luigi Azzolini |
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!