Trento: l’attimo fuggente di Mimì
Perché la Bohème è una delle opere più amate ed eseguite? Non solo perché appartiene alla categoria delle opere perfette, e lo è per argomento, per unità drammaturgica, per ricchezza melodica, per assoluta bellezza dell’orchestrazione, ma lo è principalmente in quanto è un inno all’amore, alla gioventù, ai sogni, alle aspirazioni, al “cogliere l’attimo”, senza retorica e senza giudizi.
È proprio il carpe diem oraziano la chiave di lettura scelta da Matthias Lošek nell’allestire in forma semiscenica il capolavoro pucciniano nell’ambito della stagione Oper.a 2023/2024 della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento – insieme allo scenografo Norbert Chmel e al costumista Oliver Mölter – e lo si capisce immediatamente dal lacerto di muro con un graffito che recita “There is no future” che nell’ultimo atto Marcello completerà con un “but now” a chiudere un cerchio della vita che termina con la morte di Mimì. Dall’alto pende un’installazione luminosa che se da una parte richiama un albero – di Natale? – nel suo alternare di luci e colori finisce per diventare una croce.
L’ambientazione contemporanea giova all’universalità dell’opera soprattutto perché la priva di qualsiasi retoricità oleografica restituendo un’azione drammaturgica sempre in linea non solo con il libretto ma anche e soprattutto con la musica.
Se la parte visiva convince lascia invece qualche perplessità quella musicale.
La scelta, quasi obbligata vista l’esiguità della buca del Teatro Sociale di Trento, di mettere l’orchestra sul fondo del palcoscenico ha in parte penalizzato la resa del suono che, in mancanza di una camera acustica, si è andato un po’ perdendo.
Non ha aiutato la direzione di Timothy Redmond – in altre occasioni apprezzato – che se seppur meticolosa nella scelta dei tempi è risultata parca nei colori e fin troppo accorta nelle scelte dinamiche e timorosa nello sbrigliare la melodia.
Ben calibrata invece la compagnia di canto che ha visto Alexandra Grigoras vestire i panni di Mimì con voce sicura e fraseggio ben calibrato, mentre il Rodolfo di Alessandro Scotto di Luzio è risultato del tutto convincente.
Molto bene la Musetta-influencer disegnata con begli accenti e liea di canto sicura da Galina Benevich e corretto Matteo Loi, Marcello un po’ sbiancato in acuto.
Ottimo lo Schaunard dai mezzi vocali importanti di Gianni Giuga e altrettanto efficace Matteo D’Apolito come Colline.
Bravo Lorenzo Ziller nel triplice impegno che lo porta ad interpretare Benoît, Alcindoro e il Sergente dei doganieri.
Si disimpegnano bene Marco Gaspari (Parpignol) e Federico Evangelista (Doganiere).
Più che positive le prove dell’Ensemble Vocale Continuum diretto da Luigi Azzolini e del Coro di Voci Bianche dell’istituto Comprensivo Trento 5 preparato da Anna Nicolodi.
Teatro esaurito e successo pieno con applausi per tutti.
Alessandro Cammarano
(22 febbraio 2024)
La locandina
Direttore | Timothy Redmond |
Regia | Matthias Lošek |
Scene e Lighting design | Norbert Chmel |
Costumi | Oliver Mölter |
Personaggi e interpreti: | |
Mimì | Alexandra Grigoras |
Musetta | Galina Benevich |
Rodolfo | Alessandro Scotto Di Luzio |
Marcello | Matteo Loi |
Schaunard | Gianni Giuga |
Colline | Matteo D’apolito |
Benoît/Alcindoro/Sergente dei doganieri | Lorenzo Ziller |
Parpignol | Marco Gaspari |
Doganiere | Federico Evangelista |
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento | |
Ensemble Vocale Continuum | |
Maestro Del Coro | Luigi Azzolini |
Coro di Voci Bianche dell’istituto Comprensivo Trento 5 | |
Maestro Del Coro | Anna Nicolodi |
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