Tutti i segreti della Fondazione Arena
Chi pensava che il “piano di sviluppo” della Fondazione Arena fosse a costo zero dovrà ricredersi. Resta vero che il progetto è stato finanziato dalla Camera di Commercio scaligera, uno dei soci dell’istituzione lirico-sinfonica veronese, ma ora emerge che la sua attuazione avrà un costo superiore ai 200 mila euro nei prossimi tre anni. Tutti in conto alla Fondazione. Lo hanno scoperto i sindacati Slc-CGIL, Uilcom-UIL e Fials-Cisal (della Cisl sulle faccende areniane da qualche tempo si sono perse le tracce), andando a spulciare il sito dell’Arena – ormai tavolo virtuale quanto involontario di relazioni sindacali che restano ai minimi – in assenza di comunicazioni dirette.
Oggetto di non poche tensioni all’interno della “governance” della Fondazione, nella caldissima estate 2018 conclusa dal sostanziale demansionamento della sovrintendente Cecilia Gasdia nella partita delle deleghe con il direttore generale Gianfranco De Cesaris, il piano di sviluppo era stato affidato a fine anno alla Business Integrations Partners, società multinazionale di consulenza con sede a Milano.
Ora il progetto è pronto, ma per attuarlo, secondo la Fondazione, serve dell’altro. Serve «l’ausilio esterno specialistico da parte di un soggetto di provata competenza e soprattutto dotato di adeguata esperienza tecnico-professionale specialistica, al quale sarà richiesto un supporto di alto livello finalizzato ad impostare, pianificare, coordinare e monitorare il programma esecutivo delle azioni previste per dare attuazione al piano nell’orizzonte temporale di riferimento».
Fuori dal burocratese che gronda dalla “determina” firmata da Cecilia Gasdia (https://www.arena.it/files/arena/bandi/procedura-programma-accompagnamento-piano-sviluppo-2019/N-65-Determina-programma-accompagnamento-piano-sviluppo.pdf), un modo di dire che non si ritiene esistano all’interno della Fondazione le competenze per attuare il piano di sviluppo. Intorno al quale l’opacità è stata costante, nonostante il tam-tam sui mezzi d’informazione. Ad oggi non se ne conoscono le linee guida, le valutazioni, le soluzioni indicate, oltre le dichiarazioni generiche di qualche conferenza stampa. Semplicemente perché il progetto non è mai stato reso pubblico.
L’appalto è per un incarico della durata di “circa 36 mesi”, con procedura negoziata, base d’asta 213.800 euro, affidamento “mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo”. Il termine dell’invio delle offerte è il 22 luglio prossimo alle 12. Tre ore dopo si procederà alla loro apertura, il che naturalmente non significa che l’affidamento dell’incarico avvenga in giornata. Rimane, anche nel bando per il programma esecutivo, la sostanziale mancanza di trasparenza. La procedura è riservata solo ai soggetti invitati dalla Fondazione. E chi siano, non si dice.
Questo sembra essere il destino dei “piani areniani”: in qualche cassetto giace ancora quello, pagato dalla Fondazione 150 mila euro, commissionato alla KPMG nel 2014: rimase lettera morta e rimase a lungo un mistero il suo contenuto, mai formalmente reso pubblico. Sta di fatto, però, che spendere 70 mila euro circa all’anno per tre anni significa aggiungere un ulteriore stipendio di livello dirigenziale (sia pure ai costi del direttore amministrativo, non a quelli del sovrintendente o del direttore generale) a quelli che già corrono in Fondazione. Attualmente, si parla di circa 650 mila euro/anno per sei posizioni. Sarebbe anche interessante sapere, prima che finisca il triennio 2019-2022, quanto sarà complessivamente costata la progettazione e attuazione del piano, a prescindere da chi ne abbia sostenuto l’onere, ma anche questa appare allo stato una pia illusione.
Il fatto è che Fondazione Arena rimane, dal punto di vista della trasparenza, un porto delle nebbie, nel quale si intravvedono solo le poche fioche luci che proprio non è possibile spegnere.
Chi abbia in mano davvero la gestione, per esempio, è un mistero avvolto in un enigma. Dopo la querelle sulle spartizione delle deleghe, e ad onta del chiacchierato approfondimento ministeriale, rimane ad esempio ultra-riservata la loro attuale suddivisione fra sovrintendente e dg. E l’unica cosa certa e chiara è il conflitto di questa configurazione con lo statuto della Fondazione.
Quali siano i rapporti con la teoricamente controllata Arena Srl (ex Arena Extra) è un altro arcano. Se non è semplice capire quali giri faccia tra Comune, Srl e Fondazione il denaro proveniente dall’affitto per l’uso dell’anfiteatro nell’extra lirica, è chiaro invece che la Srl gestita da Gianmarco Mazzi, che ancora non ha pubblicato il bilancio 2018, ha un’autonomia che sembra fare della società tutto meno che una controllata. E basti pensare al teatrino messo in scena per raccontare il percorso con cui si è arrivati alla diretta Rai per l’inaugurazione del festival in anfiteatro, nel quale emergeva come unico e assoluto protagonista Mazzi. Oppure al ruolo della Srl nell’annunciato spettacolo di balletto in Arena di fine agosto con la controversa stella Sergei Polunin, fiore all’occhiello nella programmazione del Festival della Bellezza, del tutto estraneo alla Fondazione Arena. Che di suo un balletto non lo può programmare perché il suo corpo di ballo, come si sa, lo ha smantellato sotto i colpi della crisi.
E poi resta, inattaccabile, il segreto dei segreti, il costo delle produzioni. La stagione sembra procedere bene, i conti si faranno come sempre alla fine. Ma per quale motivo, in sede di consuntivo, sono sempre resi pubblici gli incassi del botteghino e non si offre mai uno straccio di dettaglio sui costi per gli allestimenti scenici, per i cachet degli artisti e così via? Sono dati sensibili, riservati? Ma una bella fetta dei soldi con cui si affrontano questi costi è pubblica. L’Arena ha una contribuzione statale di circa12 milioni di euro all’anno, che potrebbe anche aumentare, se le cose vanno bene. Senza citare i soldi che arrivano dalla Regione e del Comune, che peraltro sono sempre troppo pochi. Conoscere quei dettagli servirebbe a capire come procede il risanamento; come cresce, se cresce, la programmazione. Qual è il valore culturale che si crea, oltre le cifre incolonnate del bilancio. Nessuno in Italia accende la luce su questi dati, anche se farlo darebbe il via a una nuova ecologia dell’opera. Inutile illudersi: non sarà l’Arena a cominciare.
Cesare Galla
Pubblicato su Vvox.it
https://www.vvox.it/2019/07/15/fondazione-arena-piano-sviluppo-verona-costi-sindacati-gasdia/
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