Udine: Wolff, Chamayou e l’Ottocento francese
Penultimo appuntamento della stagione 2018/19 del Teatro Nuovo Giovanni da Udine, il concerto della Belgian National Orchestra diretta da Hugo Wolff e con Bertrand Chamayou al pianoforte colpisce da subito per l’atipico programma, un viaggio nei principali esponenti del Romanticismo francese. Ha aperto il concerto l’Ouverture op. 21 “Le Corsaire” di Hector Berlioz, ispirato al romanzo di Byron, per proseguire con il brillante ed appassionato Concerto n. 2 op. 22 di Camille Saint-Saëns e terminare con la maestosa Sinfonia in re minore di Cesar Franck.
Repertorio di non comunissima esecuzione, in Italia, in cui la compagine belga ha svolto diverse date della sua tournée. Un repertorio su cui orchestra e direttore hanno tuttavia dimostrato grande sicurezza. Dopo un inizio di riscaldamento, l’Ouverture di Berlioz è stata condotta con eleganza e brio, sottolineandone tanto i toni più salottieri quanto il virtuosismo orchestrale, immerso in un’atmosfera però più brillante che trascendente. In questo l’orchestra ha ben seguito il gesto di Wolff, conciso, netto, con grand’uso del polso e molta attenzione ai dettagli dinamici e di fraseggio, ma meno alla tenuta delle ampie frasi o all’afflato appassionato. Questa visione elegante e a tratti manieristica è tornata chiaramente con il Concerto di Saint-Saëns. Chamayou, interprete decisamente di riferimento per il compositore francese, ne ha data una lettura meravigliosa per virtuosismo, nitidezza e semplicità: un rifiuto dell’eccesso espressivo che ben si sposa con lo stile del focoso ma ordinato Concerto in sol minore. Particolarmente stupefacenti le rapidissime volate del secondo tempo, così come la totale dimestichezza del pianista nel districarsi nei più impervi passaggi con disinvoltura, non rifiutando a tratti anche un approccio più muscolare, il quale avrebbe però beneficiato di un maggiore slancio. Il pianismo di Chamayou è infatti elegante, raffinato, brillante e dà il suo meglio più nelle agilità che nella compattezza degli accordi o nel virtuosismo imponente. Il suono è pulito e presente anche se non ampio e Chamayou sa coinvolgere il pubblico senza perdersi in mirabolanti effetti. Certo, in diversi casi una maggiore ricerca timbrica avrebbe aiutato ad levigare una certa ripetitività meccanica, ma il Concerto era tenuto magistralmente insieme da uno schietto senso del gioco, della danza e dell’intrattenimento, che non ha mancato di entusiasmare il pubblico. Non si è potuta però cancellare la sensazione che il brano fosse stato assai poco provato, come dimostra il fatto che non v’è menzione qui della parte orchestrale. L’insieme non sicurissimo con l’orchestra ha portato Wolff a tenerla estremamente sottotono, mettendo ben in risalto il solista, ma perdendo molto di quel gioco d’orchestrazione di cui il Secondo Concerto di Saint-Saëns di fatto vive. In questo non era comunque aiutato dal suono del pianista, forse in difficoltà sul Fazioli che sembrava non rispondergli come desiderato sotto le dita. Abbastanza affaticato, Chamayou ha comunque donato un bis al pubblico acclamante, l’onnipresente ma sempre incredibilmente magico Clair de lune di Debussy, la cui abilità di generare l’immediato silenzio in ogni sala è stata una volta di più comprovata.
Dopo l’intervallo si è infine giunti al piatto grosso della serata. La Sinfonia in re minore di Franck è un brano di maestose proporzioni e non poche ambiguità, che può presentare una sfida ardua per orchestre e direttori. Alle prese con il proprio principale compositore nazionale, però, la Belgian National Orchestra ha mostrato da subito di non avere alcun dubbio e Hugo Wolff, dirigendo a memoria sulla Sinfonia come sull’Ouverture di Berlioz, ha saputo trarre un suono diverso, più ampio e dalla cavata più scura, senza rinunciare ai particolari effetti timbrici evocati dall’orchestrazione franckiana. La maestosità della concezione era chiara fin dall’inizio: Wolff non si concede mai allo slancio romantico, non costruisce i climax come grandi esplosioni, bensì concentra l’attenzione sulla chiarezza della tessitura polifonica, cogliendo dettagli di fraseggio con la stessa precisione che avevamo visto su Berlioz, ma al contempo cambiando gesto per favorire la grandiosità delle sonorità richieste. L’orchestra d’altronde seguiva bene il suo direttore stabile, dimostrando una dimestichezza con il repertorio che tradiva però una certa routine, soprattutto quando le improvvise epifanie di Franck (ritorni tematici, sovrapposizioni inaspettate, subitanei cambi in maggiore) venivano affrontate senza particolare intenzione drammatica. Notevolissima la compattezza degli archi, così come quella dei fiati, salvo qualche imprecisione di intonazione, che ha visto soprattutto il corno inglese spiccare in un’ottima resa del celebre tema dall’Allegretto. Per il caloroso pubblico udinese, Wolff e la Belgian National Orchestra hanno eseguito come bis la Prima Danza Ungherese di Brahms.
Alessandro Tommasi
(7 maggio 2019)
La locandina
Belgian National Orchestra | |
Direttore | Hugh Wolff |
Pianoforte | Bertrand Chamayou |
Programma: | |
Hector Berlioz | |
Le Corsaire, Ouverture op. 21 | |
Camille Saint-Saëns | |
Concerto n. 2 in sol minore op. 22 per pianoforte e orchestra | |
César Franck | |
Sinfonia in re minore |
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