Venezia: l’inossidabile Traviata secondo Carsen
Della Traviata che riportò l’opera nella rinata Fenice nel 2004 si è diffusamente scritto; in ogni caso, ogni volta che si ritrova immersi nell’allestimento di Robert Carsen – ripreso da Christophe Gayral – le emozioni si accavallano incalzanti, quasi prepotenti. La coerenza drammaturgica che il regista canadese ha impresso al capolavoro verdiano, facendo della distruttiva volgarità del denaro e dell’avidità il perno sul quale s’incentrano i destini dei protagonisti, riaffiora vivida ed attuale ad ogni ripresa.
Banconote fruscianti che escono dai portafogli dei generosi “amici” di madamigella Valéry, che riempiono i cassetti dei mobili del suo boudoir, che cadono come foglie secche dagli alberi del giardino-foresta del secondo atto a formare un tappeto, che vengono gettate sul viso della cortigiana durante la festa da Flora, che servono infine a saldare l’ultima parcella del dottor Grenvil.
Il mondo di questa Traviata e del suo entourage non è un mondo volgare, è semplicemente vuoto, fatuo, superficiale, e di questo mondo è parte anche un Alfredo-fotografo, che appare più innamorato dell’immagine di Violetta che della donna reale.
Carsen ama i simboli: il verde, il colore dei soldi, è assolutamente dominante, financo lo champagne col quale si brinda è “Dom Perignon”, verde l’etichetta, così come le banconote-foglia cadenti a sottolineare l’alienazione dei beni materiali, e, infine, le tappezzerie, oramai a brandelli, della casa di Violetta ridotta ad uno squallido cantiere.
È uno spettacolo di inossidabile forza – con le scene, tra il déco ed il moderno di Patrick Kinmonth, che firma anche dei costumi “glamour”, e suggestivo il light design di Peter van Praet –,
non trasgressivo, profondamente umano, rivelatore della società contemporanea nella quale il dramma ottocentesco viene trasposto senza stravolgimenti, senza violenze alla musica, senza voler mostrare ciò che nel racconto originale non c’è.
Non sono “scandalosi” i cow-boys e le cow-girls della festa di Flora nella coreografia di Philippe Giraudeau, non è indecente la rozzezza di Germont padre, non è vergognosa l’avidità del dottor Grenvil: è semplicemente la vita. Il mondo che il regista pone intorno alla protagonista è fatto di divette, mantenute, modelli, amanti-protettori, un mondo che turbina in un tripudio di vanità e che scompare come d’incanto al declinare della salute e delle finanze della poveretta.
Ultimo affronto, l’irruzione della banda degli amici, invasati dallo spirito del carnevale, nella stanza di Violetta allo stremo e guardata con indifferenza infastidita, e Annina che alla fine si allontana frettolosa con la pelliccia di Violetta.
Complessivamente di ottimo livello la compagnia.
Rosa Feola è Violetta dalla vocalità fascinosa e di grande presenza scenica; la linea di canto è cristallina, il fraseggio risulta cesellatissimo e l’adesione al personaggio attraverso il dettato registico è pressoché totale.
Non le è da meno Piero Pretti, capace di disegnare un’Alfredo appassionato e al contempo timido, cantando tutto sulla parola e con accenti sempre appropriati.
Gabriele Viviani riesce nel compito quasi impossibile di rendere umano Germont padre trovando i giusti colori per esprimere un travaglio interiore che qui appare sincero. A questo si aggiunge un timbro di prim’ordine e una dizione impeccabile.
Complessivamente bene il drappello dei personaggi di contorno: Valeria Girardello (Flora Bervoix), Valentina Corò (Annina), Cristiano Olivieri (Gastone), Armando Gabba (Barone Douphol), Mattia Denti (Dottor Grenvil), Matteo Ferrara (Marchese d’Obigny), Cosimo D’Adamo (Giuseppe), Nicola Nalesso (Domestico di Flora), Carlo Agostini (Un commissionario).
Partecipe il coro preparato da Alfonso Caiani.
Qualche perplessità infine sulla direzione di Stefano Ranzani che alterna momenti di autentico e condivisibile lirismo ad altri – soprattutto nei concertati e nelle strette – dove eccede in volume ed in enfasi erigendo un muro di suono tra palcoscenico e sala; i tempi sono comunque corretti.
Pubblico entusiasta e prodigo di applausi.
Alessandro Cammarano
(17 settembre 2023)
La locandina
Direttore | Stefano Ranzani |
Regia | Robert Carsen |
Ripresa da | Christophe Gayral |
Scene e costumi | Patrick Kinmonth |
Coreografo | Philippe Giraudeau |
Light designers | Robert Carsen e Peter Van Praet |
Personaggi e interpreti: | |
Violetta Valéry | Rosa Feola |
Alfredo Germont | Piero Pretti |
Giorgio Germont | Gabriele Viviani |
Flora Bervoix | Valeria Girardello |
Annina | Valentina Corò |
Gastone, visconte di Letorières | Cristiano Olivieri |
Il barone Douphol | Armando Gabba |
Il dottor Grenvil | Mattia Denti |
Il marchese d’Obigny | Matteo Ferrara |
Giuseppe | Cosimo D’Adamo |
Un domestico di Flora | Nicola Nalesso |
Un commissionario | Carlo Agostini |
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice | |
Maestro del Coro | Alfonso Caiani |
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