Venezia: l’intimità raccolta di Aida

Tra le opere più bistrattate al mondo Aida occupa sicuramente una posizione di vertice; al volerle attribuire una grandiosità tutta esteriore, riservandole spazi immensi e allestimenti faraonici – e spesso al di là del kitsch più estremo – si è andata progressivamente smarrendo la sua vera natura.

Aida è opera intima; il popolo è presente ma lo è sullo sfondo, le masse svolgono il compito che fu del coro nelle tragedie greche, posto a sottolineare senza partecipare il dramma dei personaggi principali.
Dramma notturno, racchiuso in ombre fugaci, che esplode sì nella pompa del trionfo – in realtà quasi un pretesto per l’incontro di Aida con Amonasro, ancora una volta compreso in una dimensione familiare – ma che subito ritorna alle solitudini notturne del Nilo e alle tenebre della tomba ipogea ove si compie il destino dei protagonisti.

Lo spettacolo che Mauro Bolognini allestì nel 1978, con un Giuseppe Sinopoli al suo debutto come direttore d’opera – e che Bepi Morassi riprende con deferente puntualità e grande mestiere – è meravigliosamente attuale per concezione drammaturgica e forza espressiva.

Un gran parte la fanno le scene di Mario Ceroli, che plasma il legno in profili antropomorfi in cui l’ocra gialla si alterna alla rossa per scivolare nel blu, e i costumi splendidamente costruiti di Aldo Buti, ove un Egitto rigoroso rende omaggio a Venezia nei copricapi dei sacerdoti, così simili a quelli dei Senatori della Serenissima, e nella corona del Re, un po’ Hedjet e un po’ acídaro dogale.

Bolognini non racconta una storia, la evoca procedendo per accenni, quasi lasciando che l’azione prenda vita spontaneamente, ma cogliendone al contempo la dimensione più riposta ed evidenziata ulteriormente dalla partizione dello spazio scenico su due livelli; in questo senso lavorano anche il disegno di luci perfetto e affabulante di Fabio Barettin e le coreografie di Giovanni Di Cicco affidate ai danzatori, bravi, del Nuovo Balletto di Toscana.

L’escuzione musicale marcia in virtuosa comunione d’intenti con l’aspetto visivo.

Riccardo Frizza, assecondato dall’Orchestra in buona forma, opta per una lettura che, pur non scevra del necessario fuoco, risulta proiettata in una dimensione di raccolto camerismo, procedendo per pennellate dinamiche lievi e sostenute da una trina ritmica mai soverchia. Finalmente, tra l’altro, risentiamo le preziosità della scrittura che Verdi riserva ai legni, invece troppo spesso massacrati da ottoni tonitruanti.

L’Aida di Roberta Mantegna convince pienamente per l’emissione fluida e la pertinenza degli accenti, oltre che per la bellezza dei legati e “O cieli azzurri” è risolta in un canto raccolto e meditato.

Francesco Meli incarna un Radames affascinante e introversamente presago del suo destino. La linea di canto cristallina sostiene un fraseggio appassionato pur non perdendo mai misura; il bel timbro argenteo va assumendo ulteriore fascino con sfumature d’ambra.
Ottimo l’Amonasro nobile e rattenuto nell’ira tratteggiato da Roberto Frontali, che canta davvero benissimo.

L’Amneris di Irene Roberts è una leonessa con le unghie un po’ spuntate, sicura in acuto ma carente nei gravi, più soprano corto che mezzosoprano.

Convince Ricardo Zanellato, Ramfis generoso nel colore e autorevole scenicamente.

Mattia Denti è Re più che discreto, Antonello Ceron dà voce e corpo ad un Messaggero ben delineato e Rosanna Lo Greco si mette in luce come ottima Sacerdotessa.

Sugli scudi il Coro, preparato da Claudio Marino Moretti.

Successo pieno per tutti, con ovazioni per i due protagonisti e per Frizza.

Chiosiamo con l’auspicio che questa Aida possa entrare stabilmente nei titoli di repertorio della Fenice.

Alessandro Cammarano
(1°giugno 2019)

La locandina

Direttore Riccardo Frizza
Regia Mauro Bolognini, ripresa da Bepi Morassi
Scene Mario Ceroli
Costumi Aldo Buti
Light designer Fabio Barettin
Coreografie Giovanni Di Cicco
Personaggi e Interpreti
Radames Francesco Meli
Il Re Mattia Denti
Amonasro Roberto Frontali
Ramfis Riccardo Zanellato
Amneris Irene Roberts
Gran sacerdotessa Rosanna Lo Greco
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Nuovo Balletto di Toscana
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti

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