Venezia: Offenbach & Hervé. Voilà le Carnaval
Mettete un pomeriggio di fine Carnevale, aggiungete un angolo di Venezia noto ad una cerchia di iniziati che rifuggono la folla mascherata, completate il tutto con due operette in un atto i cui autori furono arcinemici nella vita e nell’arte, et voilà: il divertimento è servito.
La festa al Palazzetto Bru Zane si celebra sulle note di Offenbach e di Hervé, sciogliendo le vele di due piccoli capolavori messi in scena con deliziosa ironia da interpreti straordinari per vis comica e capacità di stare costantemente al gioco senza scivolare mai nel grottesco.
Giochi di parole, riferimenti alla società del tempo, un sottile burlarsi della borghesia del Secondo Impero caratterizzano sia Les deux aveugles di Offenbach che Le compositeur toqué di Hervé; bouffonneries musicales, non ancora operette, limitate a due soli personaggi ma capaci di evocarne altri nei dialoghi e nei couplets.
Lola Kirchner, regista, scenografa e costumista dei due allestimenti prende a spunto il teatro dei burattini partendo dal presupposto che i quattro personaggi siano macchiette ma fino ad un certo punto e confeziona uno spettacolo divertentissimo anche grazie alle luci malandrine di Cyril Monteil.
Il chitarrista Patachon e il trombonista Girafier, i due finti ciechi che si litigano a suon di retorica spicciola il diritto di prelazione sullo spazio per mendicare, qui stanno seduti in cima ad una struttura che ricorda esattamente quella di un teatrino e suonano strumenti di plastica, da bambini. Al contrario Fignolet, il compositore toccato e il suo servitore Séraphin si impadroniscono di tutto lo spazio disponibile, riempito di oggetti vari e tutti utili a fare rumore.
Offenbach e Hervé prendono in giro l’uno i gusti raffinati, o presunti tali, del pubblico colto, l’altro i grandi compositori, quelli del Grand-Opéra per intenderci.
Le gag e i doppisensi si susseguono senza soluzione di continuità sia nelle parti cantate che, soprattutto, nei dialoghi, dando vita ad un continuum comico assolutamente irresistibile.
Si sa l’operetta funziona solo se gli interpreti sono di primissimo ordine e in questa occasione ci inchiniamo alla bravura di Raphaël Brémard, cui sono affidati i ruoli di Patachon e del compositore suonato Fignolet, e Flannan Obé, che veste gli occhiali neri di Girafier e la sgangherata livrea del servitore Séraphin.
I due tenori sono perfettamente complementari, un po’ come Laurel e Hardy e restituiscono i dialoghi e il canto con mercuriale partecipazione ; se Brémard è più contenuto, Obé è un fiume in piena, un torrente di ammiccamenti e di attitudes che lo fanno sembrare uno di quei deliziosi pupazzetti di gomma che non cadono mai.
Christophe Manien, anche lui truccato da clown, accompagna con sapida levità al pianoforte partecipando all’azione scenica.
Il pubblico si diverte, anche perché il programma di sala riporta un’ottima traduzione dei libretti che aiuta non poco chi non parla perfettamente il Francese, e alla fine decreta un successo pieno e del tutto meritato, con ovazioni al mattatore Obé.
Alessandro Cammarano
(Venezia, 10 febbraio 2018)
La locandina
Pianoforte | Christophe Manien |
Regia, scene e costumi | Lola Kirchner |
Luci | Cyril Monteil |
Jacques Offenbach | |
Les deux aveugles | |
Patachon | Raphaël Brémard |
Girafier | Flannan Obé |
Hervé | |
Le compositeur toqué | |
Fignolet | Raphaël Brémard |
Séraphin | Flannan Obé |
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