Venezia: Rebecca nel Paese delle Meraviglie
Le contraddizioni, soprattutto in musica, sono il sale dell’arte, esattamente come lo è l’imprevisto, e la serata inaugurale della Biennale Musica 2024 – ultima, purtroppo, a direzione di Lucia Ronchetti e in attesa di designazione di chi le succederà – è stata un successo pieno, come pieno era il Teatro La Fenice, grazie all’elemento sorpresa che l’ha caratterizzata.
Insieme al monumentale Wound di Rebecca Saunders, Leone d’Oro di quest’anno, avrebbe dovuto essere eseguito il Concerto per violino di Unsuk Chin, che a causa di un’improvvisa indisposizione di Leonidas Kavakos è stato sostituito in corsa con Puzzles and Games from “Alice in Wonderland” (2017), suite per soprano e orchestra tratta dall’opera andata in scena nel 2007, sempre della Chin, ma in meraviglioso contrasto con il Leitmotiv della rassegna 2024 il cui titolo è “Absolute Music”.
Tutto ha comunque funzionato parecchio bene, in quanto la pagina della Saunders è risultata davvero “assoluta” e la suite carroliana si è dimostrata oltremodo gradevole.
Con Wound (2015), titolo che suggerisce una tensione intrinseca tra vulnerabilità e forza, tra violenza e delicatezza, che si riflette profondamente nel tessuto sonoro del brano, Saunders – che di fatto scrive una sorta di “concerto grosso” – prosegue nella sua esplorazione di strutture aperte e di suoni non convenzionali, ricercando una musicalità che non si esprime tanto attraverso la melodia o l’armonia tradizionale, quanto tramite il suono stesso e creando un paesaggio sonoro frammentato, con eventi musicali che sembrano emergere e dissolversi in un continuo gioco di tensione e rilascio.
Ci riesce? Sicuramente sì sia per quanto attiene alla capacità di scrittura che dal punto di vista del coinvolgimento emotivo.
Sontuosa l’esecuzione, con Tito Ceccherini a guidare l’Orchestra della Fenice in grande spolvero e l’ancora una volta perfetto Ensemble Modern in una cavalcata sonora riccamente cesellata sia nella ricerca dei giusti equilibri che nello scavo delle innumerevoli sfumature.
Di tutt’altro tono il pezzo della Chin, strutturato in una serie di episodi che richiamano i momenti salienti e i personaggi del romanzo di Carrol e in cui si fondono elementi ludici e giochi sonori che rappresentano il paradosso e l’assurdo.
Il linguaggio orchestrale è incredibilmente vario, ricco di citazioni capaci di creare, come suggerisce il titolo stesso, dei veri e propri “giochi musicali” in una sorta di continua sfida alle convenzioni, proprio come i giochi di logica e parole che Carroll inserisce nel suo romanzo e il
cui caos apparente nasconde in realtà una logica sottile.
Qui, oltre alla direzione di Ceccehrini, luminosa negli spunti dinamici e incalzante nelle scelte ritmiche, la parte del leone – o forse meglio del Gatto del Cheshire – la fa Siobhan Stagg, capace di plasmare la sua voce duttilissima a dar vita a tutte le sfumature che la Chin affida a ciascun personaggio.
Successo pieno si diceva, in un confronto – inaspettato ma intrigante – tra musica assoluta e musica descrittiva che sostanzialmente termina in un pareggio, con le due compositrici festeggiate lungamente dal pubblico.
Alessandro Cammarano
(26 settembre 2024)
La locandina
Direttore | Tito Ceccherini |
Soprano | Siobhan Stagg |
Ensemble Modern | |
Orchestra del Teatro La Fenice | |
Programma: | |
Rebecca Saunders | |
Wound per ensemble e orchestra – Prima italiana | |
Unsuk Chin | |
Puzzles and Games from ‘Alice in Wonderland’ per soprano e orchestra – Prima italiana |
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