Venezia: un successo non scontato per Traviata

La Traviata in Fenice è decisamente un cliché: il Teatro veneziano fa così tante recite del capolavoro verdiano, da favorire (involontariamente) il fenomeno del “ci vado la prossima volta”.

Eppure la Traviata in Fenice è qualcosa che va visto almeno una volta, che va goduto prima che ben nota regia di Carsen (che si sta ormai avvicinando all’età in cui potrà prendersi la patente e sgommare lungo le calli veneziane) venga definitivamente accantonata. Cosa che, suppongo, succederà prima o poi.

La recita che mi appresto a recensire è quella di giovedì 24 ottobre 2019, la prima del nuovo ciclo che impegnerà le scene del Gran Teatro fino al 3 novembre.

Sull’ottimo lavoro di Robert Carsen non mi dilungo a scrivere: la regia del 2004 ha già ricevuto ampia attenzione e la sua fortuna sul palco parla da sé.

Certo, alle soglie del 2020 mostra qualche segno del tempo, sia nell’intonaco che nello scavo psicologico, ma l’effetto è limpido e d’impatto, senza mai scadere nel banale o nel cattivo gusto.

Ciò che è un rischio, invece, è che l’Orchestra del Teatro La Fenice affronti la fin troppo nota partitura con l’automatismo di chi è giunto alla cinquantesima recita dell’anno: questo, il 24 ottobre, non è successo. Guidata dalla mano sicura di Stefano Ranzani, l’Orchestra è riuscita nel difficilissimo compito di dare costantemente vita e slancio ad un brano forse troppo suonato, riuscendo a stupire anche in ciò che è conosciuto.

Di più, oltre a dimostrare la propria dimestichezza con ogni passaggio della partitura, la scorrevole e precisa direzione di Ranzani è riuscita a condurre la compagine in alcuni momenti di concitata espressività, con grandi ma mai sguaiati climax drammatici, perfettamente sostenuti dall’ottimo lavoro degli archi gravi ma senza mai soffocare i cantanti sul palco.

Meraviglioso e compattissimo il Coro diretto da Claudio Marino Moretti, sempre bene insieme con l’Orchestra e solido d’intonazione.

Ben realizzata anche la parte vocale: Zuzana Marková (Violetta), dopo un primo atto un po’ pesante ed introverso, è riuscita a liberarsi tra secondo e terzo realizzando momenti magnifici, soprattutto negli splendidi filati condotti fino ai pianissimo, ma sempre udibili, ben controllati e con voce rotonda. Davvero molto ben efficace anche la recitazione.

Bene l’Alfredo di Airam Hernández, lanciato e gagliardo, con quel tocco di superficialità che non guasta al personaggio, ma senza ridicolizzarlo.

Il tenore è riuscito a sostenere solidamente la parte, con solo qualche sporcizia o suono non ben arrotondato, dando sfoggio di una buona dizione e un’interpretazione convincente.

Meno efficace invece il Giorgio Germont di Vladimir Stoyanov, anche lui chiaro nella dizione e con buona precisione, ma eccessivamente ingessato e rigido, persino per il ruolo in questione.

Tra i comprimari si è distinto soprattutto il Gastone di Enrico Iviglia, mentre non in buona serata Ilenia Tosatto alle prese con la parte di Annina.

Ma considerando quanto l’opera concentri la propria attenzione sul triangolo Violetta, Alfredo e Giorgio, e soprattutto sulla protagonista, si è trattato di dettagli decisamente trascurabili.

Dettagli che infatti non hanno minimamente turbato il pubblico, rigorosamente non italiano (che tanto il pubblico italiano a vedere Traviata in Fenice ci può andare “la prossima volta”), il quale ha accolto con acceso entusiasmo e scroscianti, meritati applausi una recita che si può a tutti gli effetti definire un successo.

Alessandro Tommasi
(24 ottobre 2019)

La locandina

Direttore Stefano Ranzani
Regia Robert Carsen
Scene e costumi Patrick Kinmonth
Luci Robert Carsen & Peter Van Praet
Coreografo Philippe Giraudeau
Assistente regia Christophe Gayral
Personaggi e interpreti:
Violetta Zuzana Markova
Alfredo Airam Hernandez
Germont Vladimir Stoyanov
Dottor Grenvil Luciano Leoni
Flora Elisabetta Martorana
Annina Sabrina Vianello
Gastone Enrico Iviglia
Barone Douphol William Corrò
Marchese d’Obigny Matteo Ferrara
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti

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