Venezia: Una Lustige Witwe a tempo di Rock ’n Roll
Niente “Stasera faccio il parigin”, nessuna traccia di interpolazioni offenbachiane, dialoghi volgarucci assenti: finalmente è andata in scena Die lustige Witwe nell’originale in tedesco, non la Vedova allegra riveduta e corretta in salsa Lombardo & Ranzato, per altro autori di operette assai graziose ma perdenti al confronto con la tradizione viennese.
La scelta del Teatro La Fenice per il carnevale si rivela vincente a tutti gli effetti a far principio da un allestimento che fa sorridere ed allo stesso tempo trasmette un senso di malinconia tenera, il tutto nel pieno spirito di Léhar la cui Vedova accompagnò a tempo di valzer e non da sola la declinante Austria Felix verso il baratro.
Damiano Michieletto, con la collaborazione imprescindibile di Paolo Fantin, che costruisce come di consueto scene perfette e di Carla Teti, che, se possibile, supera se stessa nel disegnare costumi impeccabili, sposta l’azione negli anni Cinquanta del secolo scorso e con una sineddoche riuscita, e tristemente assai attuale, identifica il Pontevedro con la sua banca centrale sull’orlo del fallimento.
Si aggiungano il disegno di luci ammiccante di Alessandro Carletti e le coreografie indiavolate di Chiara Vecchi.
Il primo atto si svolge nella sede parigina della “Pontevedro Bank”, dove si festeggia il compleanno del Presidente fra segretarie indaffarate, funzionari agitati con moderazione clienti preoccupati ma non troppo.
Nel secondo atto siamo in un dancing dove le danze pontevedrine si ballano come il rock ‘n roll e il valzer diventa un languido slow, il tutto suonato da un’orchestrina posta in un palcoscenico sul palcoscenico.
Non c’è Maxim’s nel terzo atto se non nel sogno di Danilo che, alticcio, si addormenta sulla scrivania del suo ufficio. Le Grisetten che escono dagli schedari o entrano dalla finestra sono un sogno.
Funziona tutto, ma proprio tutto, come di solito accade quando si fa teatro vero.
È Niegus che, come un Puck del Wienerwald, guida le danze spargendo ovunque la sua polvere magica, bloccando l’azione a suo piacimento per reinventarla in modo da riprogrammare gli eventi portandoli nel giusto verso.
Michieletto trova la giusta caratterizzazione non solo per ciascuno dei protagonisti ma per ogni personaggio di contorno e fino al coro; deliziose le controscene che si integrano nel discorso drammaturgico senza mai farne perdere il filo. Danilo che al suo ingresso seduce una segretaria non più giovanissima e con qualche chilo di troppo è irresistibile, come il Weiber Weiber che degenera in una lite fra ubriachi con tanto di spintoni.
L’omaggio alla sophisticated comedy alla George Cukor e alle commedie musicali di Norman Taurog ci è parso evidente e del tutto risolto. Geniali anche i richiami a produzioni precedenti con su tutto il Viljas Lied, inno alla giovinezza, danzato da una coppia di anziani innamorati che ricordano quelli della Donna del Lago.
Stefano Montanari, sempre più bravo, trova perfetta identità di vedute con l’impostazione registica plasmando la sua direzione su tempi serratissimi e dinamiche guizzanti, ripulendo il suono da qualsiasi fuffa languorosa e aprendo tuttavia ove necessario a squarci lirici di grande suggestione, il tutto a rendere piena giustizia a quello che a tutti gli effetti è uno dei grandi capolavori del Novecento; l’Orchestra, smagliante nel suono, risponde con entusiasmo.
Nadja Mchantaf, che canta e balla benissimo, disegna una Hanna Glawari a tutto tondo, ironica e appassionata, languida e volitiva, perfetto contraltare al Danilo gioviale e un po’ guascone di Christoph Pohl, ottimo cantante e attore che si esibisce anche alla chitarra elettrica nel secondo atto.
Da manuale la Valancienne di Adriana Ferfecka, che coglie perfettamente il lato melanconico del personaggio e bravo Konstantin Lee, Camille de Rossillon dalla voce non grandissima ma assai educata.
Franz Hawlata dà vita ad un Barone Zeta di comicità assoluta, facendo presto dimenticare i limiti di una vocalità che risente del tempo trascorso.
Straordinariamente bravo Karl-Heinz Macek, Niegus mercuriale e onnipresente.
Marcello Nardis e Simon Schnorr sono rispettivamente St-Brioche e Cascada inappuntabili per presenza scenica e caratterizzazione.
Convincono decisamente tutti gli altri: William Corrò (Kromow), Roberto Maietta (Bogdanowitsch), Martina Bortolotti (Sylviane), Zdislava Bočková (Olga), Nicola Ziccardi (Pritschitsch) e Daniela Baňasová (Praskovia).
Menzione d’onore alle Grisetten, Alessandra Calamassi (Lolo), Mariateresa Notarangelo (Dodo), Rossella Contu (Jou-Jou), Alessandra (Frou-Frou), Chiara Lucia Graziano (Clo-Clo), Krizia Picci (Margot).
Il Coro, diretto da Claudio Marino Moretti, offre l’ennesima prova maiuscola sia nel canto che nella recitazione.
Il pubblico si lascia progressivamente coinvolgere e suggella un successo pieno e senza contestazioni per tutti.
Alessandro Cammarano
(Venezia, 2 febbraio 2018)
La locandina
Direttore | Stefano Montanari |
Regia | Damiano Michieletto |
Scene | Paolo Fantin |
Costumi | Carla Teti |
Light designer | Alessandro Carletti |
Coreografie | Chiara Vecchi |
Hanna Glawari | Nadja Mchantaf |
Danilo Danilowitsch | Christoph Pohl |
Valencienne | Adriana Ferfecka |
Kromow | Willam Corrò |
Mirko Zeta | Franz Hawlata |
Cascada | Simon Schnorr |
Camille de Rossillon | Konstantin Lee |
Raoul de St-Brioche | Marcello Nardis |
Bogdanowitsch | Roberto Maietta |
Sylviane | Martina Bortolotti |
Olga | Zdislava Bočková |
Pritschitsch | Nicola Ziccardi |
Praskowia | Daniela Baňasová |
Niegus | Karl-Heinz Macek |
Lolo | Alessandra Calamassi |
Dodo | Mariateresa Notarangelo |
Jou-Jou | Rossella Contu |
Frou-Frou | Alessandra Gregori |
Clo-Clo | Chiara Lucia Graziano |
Margot | Krizia Picci |
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice | |
Maestro del Coro | Claudio Marino Moretti |
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