Verona, a Rossini si addice l’Arena
Metti una vigilia di Ferragosto durante la pandemia, con l’Arena di Verona trasformata in una grandiosa sala da concerto all’aperto: orchestra al centro, pubblico sulle gradinate, molto distanziato e non proprio prossimo al limite della capienza consentita (circa tremila persone). E metti una serata monografica su Gioachino Rossini, in perfetto equilibrio fra il raffinato e il popolare, visto che allinea nel programma un’ampia serie di “greatest hits” ma anche pagine sofisticate e tutt’altro che frequentate, parecchie mai risuonate fra le antiche pietre, o eseguite in tempi così lontani da risultare comunque oggi una primizia. Aggiungi un cast vocale di “prima schiera”, che riunisce stelle, giovani già lanciati in una carriera internazionale di livello, magari dopo aver vinto qualcuno dei non molti concorsi che contano, ed esperti navigatori dei grandi palcoscenici. Nomi che prima della grande “cesura” potevi leggere sulle locandine dei maggiori teatri in Europa e fuori (oltre che su quelle dell’Arena, in qualche caso) e che comunque figurano in prima fila ai blocchi di partenza della ripresa.
Con questi ingredienti, il Gala Rossini del Festival d’Estate 2020 è stato quello che prometteva di essere: un insolito, sintetico viaggio nel regno del belcanto. Uno squillo in tutti i sensi, al quale sarebbe bello facesse seguito – quando riconquisteremo la normalità – qualche scelta coraggiosa da parte della sovrintendente Cecilia Gasdia, che del resto per storia artistica personale sa come pochi di che cosa si parla. Non si dice di portare in scena nell’anfiteatro Semiramide, anche se a pensarci bene tutto di quest’opera sublime la renderebbe idonea al palcoscenico areniano. Ma di ritornare all’antico, gettando il cuore oltre l’ostacolo per osare un Guglielmo Tell (anche in italiano) come si fece nel 1931. O un Mosè, che venne rappresentato nel lontano 1925 per otto sere e vede avvicinarsi dunque il centenario della sua prima e unica areniana.
Lasciando i sogni nel cassetto, la cronaca della serata deve cominciare dall’ottima disposizione dell’orchestra areniana, cui evidentemente la logistica dell’emergenza – forse in combinazione con l’accentuazione dei metodi tecnologici per “portare il suono” – si addice nel migliore dei modi. Suono chiaro e ben articolato, duttilità e precisione quasi sempre, evidenza di sfumature, nitidezza di colore. Il merito è anche di una bacchetta come quella di Jader Bignamini, che fin dall’iniziale Sinfonia dalla Semiramide ha fatto capire che non avrebbe rinunciato ai dettagli nel timore che la vastità dello spazio li danneggiasse. Tutto da apprezzare il geometrico dispiegarsi dei doppi crescendo di questa pagina straordinaria, come pure un fraseggio ben meditato, capace delle giuste accelerazioni senza mai concedersi all’inutile frenesia cinetica. Caratteristiche esaltate anche nell’altra pagina solo orchestrale della serata, la Sinfonia da Guglielmo Tell, che ha visto sugli scudi i violoncelli e gli ottoni dell’orchestra areniana. Ma Bignamini ha dimostrato accorta saggezza lungo tutto il concerto, delineando accompagnamenti corposi eppure sempre equilibrati nelle dinamiche, attenti alle esigenze del cantante di turno. E se qualche distonia s’è avuta, è stata rispetto agli interventi del coro, che invece è messo a dura prova dalla disposizione distanziata (per quanto suggestiva), ma non fa mai mancare l’impegno e la partecipazione.
La formazione vocale era costituita dal soprano americano Lisette Oropesa, in predicato di inaugurare la prossima stagione della Scala con la donizettiana Lucia, dal giovane tenore sudafricano Levy Sekgapane, che a poco più di 30 anni è già noto a Salisburgo e a Pesaro, per citare due dei più importanti festival del mondo e dell’altrettanto giovane mezzosoprano svizzero Marina Viotti, figlia d’arte (suo padre era il compianto direttore Marcello Viotti). E poi – nel settore voci gravi maschili – ecco il terzetto formato dai baritoni Mario Cassi e Alessandro Corbelli e dal basso Roberto Tagliavini.
Oropesa (debuttante anche lei a Pesaro due anni fa, a fianco di Sekgapane nell’Adina), ha aperto il viaggio sulle note di “Bel raggio lusinghiero” (Semiramide, atto I), trionfo di belcanto come eleganza della linea, in una coloratura di suprema astrazione e di accattivante precisione; e lo ha proseguito sull’ironica e concretissima brillantezza della Cavatina di Rosina (Barbiere di Siviglia, atto I), piegando questa volta l’agilità alle esigenze di un’espressività tutta di commedia. Tagliavini e Cassi hanno proseguito l’itinerario con due celeberrime pagine sempre dal Barbiere, rispettivamente “La calunnia è un venticello” (Don Basilio, atto I) e “Largo al factotum” (Figaro, atto I) rese con musicalità, misura nella corda comica e grottesca, morbida pienezza di mezzi vocali. Sekgapane si è proposto dapprima dell’Aria di Idreno dalla Semiramide, “La speranza più soave”, una pagina di siderale asperità tecnica resa con una fluidità e un controllo che la dicono lunga sulle qualità di questo tenore, che concede qualche emissione nasale nei passaggi più ardui ma si propone con magistrale tenuta complessiva. E quindi ha affrontato il celebre Rondò finale di Almaviva nel Barbiere di Siviglia, “Cessa di più resistere”, che soprattutto nella seconda parte ha visto rifulgere la forza incisiva del suo canto di coloratura. Dopo una divertita e divertente esecuzione del Finale I del Barbiere, (“Mi par d’esser con la testa”), con tutti i protagonisti vocali a proscenio, Marina Viotti ha offerto un’inedita occasione di confronto fra il Rondò di Almaviva e quello di Angelina nella Cenerentola, che sono notoriamente la stessa pagina, scritta per la prima opera e riadattata per la seconda a pochi mesi di distanza: interpretazione fresca e incisiva, misurata nelle variazioni, capace di notevole eleganza anche sulle asperità tecnica, grazie al bel colore di oro antico della voce di questa cantante.
Nella seconda parte della serata, il comico ha avuto le sfumature ironiche e parodistiche della Cenerentola, non solo nella più celebre pagina destinata alla protagonista, ma anche nell’Aria di Don Magnifico (“Miei rampolli femminini”), porta da Alessandro Corbelli con sapienza musicale ed eleganza vocale, come pure nel duetto Don Magnifico-Dandini, nel quale a Corbelli si è unito Mario Cassi, per un dialogo sapido e ricco di sfumature nella tessitura bassa.
Quindi si è aperto un ideale sipario sul Guglielmo Tell, culmine e conclusione della serata. Dopo la Sinfonia, è toccato a Corbelli dare vita al patetico e drammatico momento cruciale dell’opera, “Resta immobile”, quando Tell mira alla mela posta sul capo del figlioletto. Una pagina densa quanto sintetica, che nell’introspettiva versione proposta da Corbelli non ha risentito dell’ampiezza degli spazi, colpendo per la sua intensità emotiva. Finale di speranza, facilmente trasportabile oltre i confini musicali, con la trionfale conclusione del capolavoro, “Tutto cangia, il ciel s’abbella”: una pagina che ha visto di nuovo riuniti tutti sei i cantanti, in dialogo seducente con i forti accenti sinfonici riservati all’orchestra.
Quindi, fuochi d’artificio ferragostani e doppio bis, ancora con la pagina finale del Tell e prima con l’accorata e maestosa preghiera di Mosè, “Dal tuo stellato soglio”: un’invocazione che viene dal cuore e parla al cuore.
Cesare Galla
(14 agosto 2020)
La locandina
Direttore | Jader Bignamini |
Soprano | Lisette Oropesa |
Mezzosoprano | Marina Viotti |
Tenore | Levy Sekgapane |
Baritoni | Alessandro Corbelli, Mario Cassi |
Basso | Roberto Tagliavini |
Orchestra e coro dell’Arena di Verona | |
Maestro del Coro | Vito Lombardi |
Programma. | |
Sinfonia (Semiramide) | |
Lisette Oropesa | |
Bel raggio lusinghier (Semiramide) | |
Levy Sekgapane | |
La speranza più soave (Semiramide) | |
Roberto Tagliavini | |
La calunnia è un venticello (Il Barbiere di Siviglia) | |
Lisette Oropesa | |
Una voce poco fa (Il Barbiere di Siviglia) | |
Mario Cassi | |
Largo al factotum (Il Barbiere di Siviglia) | |
Levy Sekgapane | |
Cessa di più resistere (Il Barbiere di Siviglia) | |
Lisette Oropesa, Marina Viotti, Levy Sekgapane, Mario Cassi, Alessandro Corbelli, Roberto Tagliavini | |
Fredda ed immobile… Mi par d’esser con la testa (Il Barbiere di Siviglia) | |
Alessandro Corbelli | |
Miei rampolli femminini (La Cenerentola) | |
Marina Viotti | |
Nacqui all’affanno, al pianto (La Cenerentola) | |
Mario Cassi, Alessandro Corbelli Un segreto d’importanza (La Cenerentola) | |
Sinfonia (Guglielmo Tell) | |
Alessandro Corbelli | |
Resta immobile (Guglielmo Tell) | |
Lisette Oropesa, Marina Viotti, Levy Sekgapane, Mario Cassi, Alessandro Corbelli, Roberto Tagliavini | |
Tutto cangia il ciel s’abbella (Guglielmo Tell) |
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