Verona: due Aida sono meglio di una
Giunta ormai alla settima replica per questo Opera Festival 2021, Aida di Giuseppe Verdi è titolo immancabile e sacro per l’Arena di Verona. Nel compromesso nato tra il protrarsi dell’emergenza sanitaria e la voglia di riappropriarsi della drammaturgia, siamo testimoni di un ridimensionamento fisico delle masse sceniche a cui eravamo solitamente abituati. Lo spazio tra musicisti e coristi si dilata quanto la scena sembra ridursi, perdendo buona parte della sua profondità e racchiudendosi nei limiti di un led-wall il quale video design e impianto scenico digitale è affidato a D-WOK. Ispirate ad una collaborazione con il Museo Egizio di Torino, le immagini proiettate sugli schermi si slegano concettualmente dal periodo storico in cui l’opera è ambientata creando un contrasto tra presente e passato. Ciò non aiuta nella contestualizzazione ma è almeno in grado di donare dinamismo alle scene d’insieme.
Strutture e costumi recuperati da un pot-pourri di fasti passati sono funzionali alla messa in scena.
Inutile il confronto con qualsiasi regia precedente portata sul palco veronese. Di compromesso si tratta e come tale lo accettiamo constatando il mancato accredito dell’allestimento.
Con il sempre ottimo Coro preparato da Vito Lombardi confinato nel lato sinistro dell’anfiteatro e L’Orchestra ordinatamente sparpagliata in buca, vitale è la bacchetta di Daniel Oren che riesce con maestria a gestire le redini di uno spettacolo caratterizzato da tempi congrui e dinamiche degne del titolo in cartellone.
Il ridotto impiego di comparse giova al comparto ballo con in vetta la prima ballerina Eleana Andreoudi, che in questo spazio ritrovato dona respiro allo spettacolo risolvendo i ballabili in maniera più che egregia.
Passando al comparto vocale è Aida ad uscirne vincitrice. Malgrado l’abbandono alla fine del secondo atto per una improvvisa indisposizione, Maria José Siri dota il suo personaggio di un’intonazione cristallina completamente a suo agio nel registro alto, capace di impreziosire l’emissione con vero sentimento. Non da meno è Maida Hundeling accorsa in sostituzione, che porta con se in scena una linea di canto pulita anche se con qualche piccola sprecisione in acuto compensata ampiamente dalla sua spiccata fisicità drammaturgica.
Interpretata da Olesya Petrova la rivale in amore Amneris è dotata di grande controllo del suo importante strumento; nonostante un fraseggio non sempre preciso, la sua voce piena è degna del personaggio.
Completa il triangolo amoroso il Radamès di Samuele Simoncini; caratterizzato da passaggi di tono non sempre fluidi, è dotato di buon fraseggio e di un piacevole timbro che gli donano il fascino seducente necessario a dipingere un credibile condottiero.
Alberto Gazale è un Amonasro dalla voce tornita, anche se non sempre agilissima, padre volitivo in grado di dominare la scena.
A capo del culto di Menfi nei panni di Ramfis Giorgio Giuseppini gode di un’emissione rotonda e perentoria che ben si addice alla parte inscenata.
Completano il cast il Re sicuro nell’intonazione e ben proiettato di Romano Dal Zovo, il più che corretto messaggero di Riccardo Rados e la Sacerdotessa di Yao Bohui.
Pubblico attento e partecipe durante l’intera rappresentazione, che ha nell’insieme soddisfatto a pieno la voglia di cultura ed emozione di cui ni tutti sentivamo la mancanza.
Matteo Pozzato
(8 agosto 2021)
La locandina
Direttore | Daniel Oren |
Personaggi e interpreti: | |
Il Re | Romano Dal Zovo |
Amneris | Olesya Petrova |
Aida | Maria José Siri (I-II atto), Maida Hundeling (III-IV atto) |
Radamès | Samuele Simoncini |
Ramfis | Giorgio Giuseppini |
Amonasro | Alberto Gazale |
Un messaggero | Riccardo Rados |
Sacerdotessa | Yao Bohui |
Prima ballerina | Eleana Andreoudi |
Maestro del Coro | Vito Lombardi |
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici dell’Arena di Verona |
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