Verona: il Nabucco (a salve) non colpisce
Terzo titolo operistico in cartellone della Stagione 2022 dell’Arena Opera Festival, primo e unico non legato alla Premiata Ditta Zeffirelli fu Franco, è il Nabucco di Giuseppe Verdi.
Allestimento punta di diamante nel 2017 vede regia e costumi affidati Arnaud Bernard che, uniti alle indimenticabili scene di Alessandro Camera e al sapiente progetto luci di Paolo Mazzon, trasportano gli eventi in una ipotetica Italia risorgimentale coeva (con qualche licenza) all’anno della trionfale prima scaligera dell’opera.
Le Cinque Giornate di Milano si mescolano alle vicende levitiche parafrasandone l’angoscia e trasponendola ai milanesi, oppressi dal dominio austriaco.
Non mi soffermerò sull’analisi della messa in scena, già ampiamente lodata e sviscerata, quanto sulla qualità della ripresa che è personalmente sembrata al di sotto delle aspettative. È infatti una l’assenza che ha più di tutte pregiudicato l’atmosfera tumultuosa necessaria a tratti anche ad una lettura chiara dell’intento registico: gli effetti pirotecnici. Nonostante i continui annunci a rassicurare il pubblico e spuntato il crepitio di qualche colpo a salve, latitano quegli effetti coup de théâtre che tanto mi erano rimasti impressi nella memoria.
A cercar conforto sul piano musicale troviamo sul podio di una composta Orchestra dell’Arena di Verona la familiare bacchetta di Daniel Oren che, in stato di grazia, accompagna con doveroso piglio l’avventura dei personaggi in scena.
Il ruolo eponimo è interpretato dal bravo baritono di origini mongole Amartuvshin Enkhbat. La sua voce brunita e potente supera senza problemi la buca dell’orchestra, nonostante risulti leggermente affaticata al termine della rappresentazione.
Al debutto areniano nel ruolo l’Abigaille di Maria José Siri soffre di qualche mancanza in agilità e a tratti in spessore, compensando però in drammaticità e potenza espressiva. Frequentatrice esperta dello spazio veronese confeziona il ruolo con eleganza risultando nel complesso più che piacevole.
Fin troppo precisa e scolastica Francesca Di Sauro nella sua Fenena. Al contrario del soprano questo giovane mezzo pecca di forza drammaturgica nella sua emissione risultando niente più che corretta.
Nonostante una mancanza di continuità nel sostegno della voce, Abramo Rosalen nei panni di Zaccaria ci regala una buona prova. Il timbro crepuscolare ben si confà alla sua recitazione.
Manca di smalto l’Ismaele di Samuele Simoncini che non ha saputo imporsi vocalmente in un’opera che già sulla carta riduce lo spicco tenorile.
Tra i comprimari emerge l’Abdallo di Carlo Bosi che, insieme al Gran Sacerdote di Belo di Nicolò Ceriani e a Elisabetta Zizzo nei panni di Anna, completano il cast.
Buona la prova del Coro diretto da Ulisse Trabacchin che è protagonista di un curioso rigore al termine del “Va, pensiero”. L’intorpidito ma precipitoso pubblico interrompe l’esecuzione sul pianissimo con degli applausi non abbastanza lunghi da coprire le richieste di “bis” provenienti, a modesto parere, più dal palco che dalla platea. Interviene il direttore che concede la ripetizione accordando con il pubblico (in sola lingua italiana) l’assenza finale dei battimani. Richiesta ovviamente puntualmente disattesa.
Complice un cambio scena più lungo del previsto, il termine della rappresentazione è caratterizzato da applausi immeritatamente modesti e da un rapido fuggi-fuggi generale.
Matteo Pozzato
25 giugno 2022
La locandina
Direttore | Daniel Oren |
Regia e Costumi | Arnaud Bernard |
Scene | Alessandro Camera |
Personaggi e Interpreti: | |
Nabucco | Amartuvshin Enkhbat |
Ismaele | Samuele Simoncini |
Zaccaria | Abramo Rosalen |
Abigaille | Maria José Siri |
Fenena | Francesca Di Sauro |
Il Gran Sacerdote di Belo | Nicolò Ceriani |
Abdallo | Carlo Bosi |
Anna | Elisabetta Zizzo |
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona | |
Maestro del Coro | Ulisse Trabacchin |
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