Verona: il raro Czerny a quattro mani di Tal & Groethuysen con la Camerata Salzburg
Il nome di Carl Czerny è conosciuto da tutti quelli che hanno studiato il pianoforte, perché i suoi esercizi erano e restano molto frequentati. È una notorietà che dura da oltre 150 anni e disegna una genealogia – parlando di interpreti passati alla storia – che da Liszt (il più illustre allievo di un musicista che a sua volta lo era stato di Beethoven) si ramifica e arriva fino ai giorni nostri. Questo nome non è noto affatto, invece, al pubblico dei concerti, perché le sue composizioni non destinate alla didattica pur essendo numerosissime non vengono proposte praticamente mai. Che sia fuori dal repertorio è dire poco: come autore non “scolastico” Carl Czerny è proprio dimenticato. Destino singolare per un musicista di prodigiosa fertilità, che pubblicò oltre 800 composizioni e intorno al quale non a caso circolava un’aneddotica non esente da ironia sui metodi utilizzati per rendere possibile una simile frenetica attività. Il suo collega John Field, ad esempio, dopo avergli fatto visita raccontò (ma quasi certamente esagerava) di una stanza da musica arredata con un grande tavolo rotondo sul quale l’autore lavorava a tre o quattro composizioni contemporaneamente, mentre in una stanza vicina un gruppetto di collaboratori si occupava della copiatura, della trasposizione, dell’inserimento di passaggi preconfezionati seguendo le indicazioni del loro principale.
A prescindere dai suoi metodi di lavoro, ascoltare oggi dal vivo una composizione di Czerny è esperienza sicuramente rara. E dunque, l’inaugurazione della stagione concertistica del teatro Ristori di Verona, promossa dalla Fondazione Cariverona e diretta da Alberto Martini, protagonisti la Camerata Salzburg e il duo pianistico Tal & Groethuysen, si proponeva come un evento eccezionale nel senso primo del termine: al centro del programma infatti campeggiava il Concerto per pianoforte a quattro mani e orchestra op. 153 di Czerny.
Si tratta, fra l’altro, di un esemplare anomalo di un genere dalla fortuna assai vasta a Vienna, da Mozart in poi. Le composizioni per due o più tastiere concertanti non mancano (ma sono più frequenti nel passaggio dall’epoca barocca al Classicismo), ma quelle per una sola tastiera divisa fra due interpreti sono sicuramente insolite.
Il Concerto op. 153 fu molto probabilmente composto sul finire degli anni Venti dell’Ottocento e appartiene a pieno titolo a quello stile musicale in seguito definito “Biedermeier” che ebbe notevole fortuna nel passaggio dal Classicismo al Romanticismo maturo. L’elemento principale consiste nel rutilante virtuosismo della parte pianistica, così preponderante da ridurre talvolta l’accompagnamento orchestrale a un elemento “ad libitum”, comunque poco influente. Nel suo Concerto per pianoforte a quattro mani, Czerny si pone a metà strada fra tradizione e moda: non rinuncia a un ruolo di qualche importanza per l’orchestra, quanto meno nell’ampia introduzione e nello sviluppo del primo movimento, ma anche nell’Adagio espressivo centrale e perfino nel “Rondò alla polacca” conclusivo, ma non si tira certo indietro sul versante del virtuosismo alla tastiera. La scrittura è ovviamente di sfacciata brillantezza, ritmicamente molto stagliata, più incline ad acrobazie digitali che a rifiniture di suono, con una quasi incessante grandinata di note (arpeggi, scale, trilli in tempi quasi sempre vorticosi) che pure non nascondono del tutto la coinvolgente invenzione melodica che sta alla base della composizione. Il risultato è accattivante: “curioso e graziosissimo”, come ha scritto Piero Rattalino. Tanto più se l’esecuzione è affidata a un duo come quello composto da Yaara Tal e Andres Groethuysen. Nel loro approccio, la spigliatezza è coniugata con una precisione adamantina, c’è cura del fraseggio anche dentro l’acrobazia e si coglie bene come il tocco non sia semplicemente votato alla frenesia trascinante della scrittura ma anche a chiarire il rapporto fra le parti, sia all’interno della tastiera fra le due coppie di mani, sia in vari casi anche rispetto all’orchestra. Il risultato è stato una persuasiva ricostruzione di quella speciale “dimensione sonora”, coinvolgente per quanto vagamente superficiale, accattivante nella sua essenzialità, che doveva essere l’obiettivo primario dei compositori “Biedermeier”, particolarmente attenti al gusto di un pubblico nuovo, sempre più allargato socialmente e culturalmente. Risultato al quale la nitida e sostanziosa cifra strumentale della Camerata Salzburg ha offerto un riscontro anche stilisticamente significativo, mettendo in vetrina le qualità di legni e ottoni oltre alla compattezza duttile degli archi.
Il programma della serata al Ristori, aperto dalla drammatica Ouverture Coriolano di Beethoven, era per il resto dedicato a Mozart e offriva fra l’altro (oltre alla Sinfonia Haffner K. 385, posta a conclusione) la possibilità del confronto fra il Concerto di Czerny e il Concerto per due pianoforti e orchestra K. 365 del salisburghese, capolavoro della prima maturità. Confronto sicuramente interessante anche se ovviamente impietoso: in K. 365 Mozart raggiunge un meraviglioso equilibrio sia fra le due tastiere (nessuna delle quali può affermare davvero una sicura primazia sull’altra) sia fra gli strumenti concertanti e l’orchestra. Il modello formale è lo stesso nei due autori, ma il genio lo riveste con una ricchezza e una varietà anche armonica, oltre che coloristica, tali da dare la sensazione di un modello in sé autonomo e perfetto, irraggiungibile per il pur volenteroso allievo di Beethoven.
Tal & Groethuysen ne hanno offerto una lettura di raffinata eleganza, ricca di energia espressiva eppure sempre misurata nelle dinamiche, articolata nelle tinte, raffinata nei dialoghi con l’orchestra. Quest’ultima ha confermata la storica corrispondenza stilistica con il verbo musicale del salisburghese, che rimane cifra caratteristica di questo ensemble anche se i decenni dalla fondazione passano e si avviano a diventare presto sette. Con il piglio sicuro della spalla Stephanie Gonley, efficace violino concertatore, a dettare tempi e dinamiche, la Camerata Salzburg ha quindi offerto una volta di più il calore comunicativo dei suoi archi e la precisione degli strumenti a fiato, equilibrati in un fraseggio insieme fervido e misurato, sempre lucido e lontano dalla maniera, ricco di sfumature capaci di rivelare la sottigliezza e profondità creativa di Mozart.
Pubblico avvinto, applausi scroscianti per tutti i protagonisti della serata e bis orchestrale con l’Andante della Cassazione K. 63.
Cesare Galla
(18 ottobre 2019)
La locandina
Camerata Salzburg | |
Pianoforti | Duo Tal & Groethuysen |
Violino Concertatore | Stephanie Gonley |
Programma: | |
L. v. Beethoven | |
Coriolano, ouverture in do minore, op. 62 | |
W. A. Mozart | |
Concerto per due pianoforti n. 10 in mi bemolle maggiore, K 365 | |
C. Czerny | |
Concerto per pianoforte a 4 mani in do maggiore op. 153 | |
W. A. Mozart | |
Sinfonia n. 35 in re maggiore K 385 “Haffner” |
Condividi questo articolo