Verona: l’intimità di Werther

È intimo, raccolto il Werther secondo Stefano Vizioli, uomo di teatro capace di dimostrare ancora una volta che si può realizzare una messa in scena “tradizionale” senza cadere nelle panie di quel calligrafismo d’antan – caro purtroppo a molti – che nella sua pretesa di “conservare” l’opera la riduce di fatto a prodotto museale.

Vizioli parte dalla musica e dal testo operando scelte assai ben ponderate, puntando più sul “non detto” che sull’estrinsecazione, ponendosi così in piena sintonia sia con la poetica goethiana che con la musica di Massenet.

L’azione non subisce mutamenti di spazio e tempo: le scene essenziali di Emanuele Sinisi e i bei costumi realizzati da Anna Maria Heinreich rimandano esattamente alla Wetzlar del 1780 nella quale Goethe – curiosa coincidenza che Massenet ponga mano al suo Werther esattamente un secolo dopo – colloca gli avvenimenti del suo romanzo richiamandone atmosfere e colori, così come i tagli radenti di luce pensati da Vincenzo Raponi rendono le atmosfere vivide e cupe allo stesso tempo.

Unica concessione alla tecnologia gli apporti video di Imaginarium Creative studio posti a richiamare l’atmosfera epistolare dell’opera.

In questo contesto Vizioli lavora di cesello sui personaggi, tutti nessuno escluso, cogliendone con acume la natura per renderla vividamente partecipe in un ammantarsi di nostalgica malinconia, a partire dalla Charlotte anziana che, in carrozzina, ricorda gli eventi in un lungo flash-back.

Il gesto scenico è essenziale, costantemente pensato, fatto più di distanze che di contatti, di piccoli accenni e di sguardi, il tutto a sottolineare l’ineluttabilità degli eventi che ruotano attorno ad un amore presente e negato.

Aderisce compiutamente al dettato registico la compagnia di canto a cominciare da Dmitry Korchak che nel ruolo-titolo si distingue per bellezza di timbro e fraseggio tornito. In alcuni momenti l’impeto porta a qualche forzatura che comunque non pregiudica in alcun modo una prova di ottimo spessore.

Chiara Tirotta disegna una Charlotte meditativa e dolente, combattuta tra ragione – o meglio dovere – e sentimento, poggiandosi su un canto ricco di accenti capaci di delineare perfettamente il personaggio. A questo si aggiunge una voce dal bel colore ambrato ed una tecnica sicurissima.

Molto bene fa anche Gëzim Myshketa, capace di sottrarre Albert a quella vena di vilain suo malgrado rendendolo in qualche modo e a sua volta vittima. I mezzi vocali sono cospicui e assai ben impiegati, così come il gesto teatrale nobilissimo.

Veronica Granatiero è Sophie di deliziosa freschezza e sapidità, alter ego della sorella maggiore senza esserne gregaria. Davvero brava.

Completano il cast con prestazioni ottime Youngjun Park (le Bailli), Matteo Mezzaro (Schmidt), Gabriele Sagona (Johann), Pierre Todorovitch (Brühlmann) e Maria Giuditta Guglielmi (Kätchen).

Bene le voci bianche del Coro A.d’A.Mus. preparate da Marco Tonini.

Rimane da dar conto della direzione di Francesco Pasqualetti che, pur sostanzialmente corretta nei tempi, pecca di “ansia da romanticismo” tanto da rendere gli impasti orchestrali talora troppo glicemici; il tutto ad appesantire la narrazione.

Tanti giovani tra il pubblico e applausi per tutti.

Alessandro Cammarano
(29 marzo 2023)

La locandina

Direttore Francesco Pasqualetti
Regia Stefano Vizioli
Scene Emanuele Sinisi
Costumi Anna Maria Heinreich
Luci Vincenzo Raponi
Visual Imaginarium Creative studio
Personaggi e interpreti:
Werther Dmitry Korchak
Albert Gëzim Myshketa
Le Bailli Youngjun Park
Schmidt Matteo Mezzaro
Johann Gabriele Sagona
Charlotte Chiara Tirotta
Sophie Veronica Granatiero
Brühlmann Pierre Todorovitch
Kätchen Maria Giuditta Guglielmi
Orchestra dell’Arena di Verona
Coro di voci bianche A.d’A.Mus.
Maestro del coro Marco Tonini

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