Vicenza: al Quartetto sapore d’America
Il Novecento è il secolo durante il quale la relazione fra la musica colta e la musica popolare – sempre fervida nel corso della storia – è diventata uno stile, un programma estetico, uno scopo espressivo. Lo si nota specialmente se si guarda a Occidente, verso le Americhe, come ha permesso di fare l’originale programma del concerto che il Cuarteto Latinoamericano ha tenuto al teatro Comunale di Vicenza per la Società del Quartetto.
Questa rinomata formazione cameristica è messicana, il che le assegna non solo per le scelte esecutive ma anche geograficamente un ruolo di “cerniera” musicale fra l’esperienza degli Stati Uniti e quella dell’America meridionale. La serata era quindi suddivisa fra autori comunque poco eseguiti quanto meno nell’ambito cameristico, appartenenti a mondi musicali diversi: Villa-Lobos (Brasile), Piazzolla e Ginastera (Argentina) da un lato, Barber e Gershwin (USA) dall’altro. A unificare il tutto, c’era la comune caratteristica strumentale dei brani eseguiti, il fondamentale punto di contatto di questi autori non europei con una delle grandi forme musicali di casa nostra, quella del Quartetto d’archi, nata alla metà del Settecento in Austria per merito di Haydn e da allora colonna portante della tradizione colta.
La consapevolezza di questa eredità traspariva specialmente nei due brani più “strutturati”, non a caso posti all’inizio e alla fine della serata. Sia il Quartetto n. 17 di Heitor Villa-Lobos che il Quartetto op. 20 di Alberto Ginastera sono infatti composizioni delineate secondo la tradizione del Classicismo, in quattro movimenti: un Allegro iniziale e uno conclusivo intervallati da un movimento rapido (nel primo caso definito proprio “Scherzo”) e da uno lento. Diverso il discorso sulle soluzioni formali rispetto alle scelte tematiche. In Villa-Lobos (la sua composizione è del 1957, due anni prima della morte) il riferimento al patrimonio ritmico e anche motivico del suo Paese appare più nitido, senza particolare mediazione nell’elaborazione, anche se gli ultimi due movimenti offrono un notevole esempio di contaminazione fra spunti popolari e attenzione al linguaggio della modernità colta. In Ginastera questo elemento è accentuato con risultati di notevole interesse, tali da fare del suo Quartetto (datato 1948) un intrigante esempio di “modernismo sudamericano”. Vi si coglie la consapevolezza della grande lezione di Bartók nell’ambito quartettistico, sia per quanto riguarda il lavoro sui temi popolari, sia per il notevole spessore espressivo delineato da un’invenzione capace di ragguardevoli iniziative per quanto riguarda il colore del suono, la libertà armonica, la varietà ritmica. Alla fine, la pur evidente connotazione etnica di carattere argentino sembra avere elementi comuni, nel segno della grande arte, con quella ungherese sempre presente in Bartók.
Il “capitolo” latino della serata è stato completato dall’immediatezza comunicativa di Four for Tango di Astor Piazzolla, una pagina nella quale melodia e ritmo sono elementi comunicativi paritetici, come spesso accade nell’autore porteño, anche al netto dell’assenza del bandoneón (assenza peraltro più evidente in uno dei due bis, quello con il popolare Libertango).
Quanto agli statunitensi, erano rappresentati da una pagina celeberrima ancorché raramente ascoltata nella sua versione originale per Quartetto d’archi, e da una assai meno conosciuta. L’Adagio di Samuel Barber (il movimento lento del Quartetto op. 11, del 1936) è sempre più una “musica di sfondo”, visto l’uso intensivo che ne viene fatto fra cinema e vita reale nella versione per orchestra d’archi. Con i quattro strumenti, specialmente nell’esecuzione non sempre nitidissima offerta dal Cauarteto Latinoamericano, prevale una tensione che va oltre la maniera e sottolinea a maggior ragione la profondità del pensiero musicale di un autore quasi sempre considerato più che altro un virtuoso dell’eclettismo stilistico. La ninnananna di Gershwin, Lullaby (1918) è composizione giovanile emersa solo molto tempo dopo la morte del suo autore: una sorta di preannuncio del sapiente stile musicale che verrà, nel quale rapinose melodie s’incarnano in campi armonici obliqui, ritmicamente sempre accattivanti.
Nell’insieme, i fratelli Saúl, Arón e Álvaro Bitrán (rispettivamente violini e violoncello) e il violista Javier Montiel hanno dato prova di musicalità limpida e convincente, pregevole nelle trame coloristiche anche assai variegate intessute dai brani in programma e specialmente nel conclusivo Quartetto di Ginastera, risolto con immediata ed eloquente adesione di stile e di fraseggio. Meritati gli applausi da parte di un pubblico discretamente numeroso. Per bis, oltre al citato Piazzolla, un manierato Minuetto del compositore e direttore d’orchestra Francisco Mignone, brasiliano di origine italiana vissuto fra il 1897 e il 1986.
Cesare Galla
(11 marzo 2024)
La locandina
Cuarteto Latinoamericano | |
Violini | Saúl Bitrán e Arón Bitrán violini |
Viola | Javier Montiel viola |
Violoncello | Alvaro Bitrán |
Programma: | |
Héitor Villa-Lobos | |
Quartetto n. 17 | |
Samuel Barber | |
Adagio per archi Op. 11 | |
Astor Piazzolla | |
Four for Tango | |
George Gershwin | |
Lullaby | |
Alberto Ginastera | |
Quartetto n. 1 Op. 20 |
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