Vicenza: concerti Mozartiani per un “Effetto Mozart” alle Settimane Musicali
Cose che nascono nei festival – quelli degni di questo nome, si capisce – e che meriterebbero di uscirne più spesso, di fare strada anche nelle attività musicali “ordinarie”. Per esempio, le cadenze dei Concerti per violino di Mozart, commissionate nel 2018 a Giovanni Sollima dalle Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza. Un percorso affascinante, disegnato dal compositore-violoncellista sempre con lo sguardo puntato sulle partiture del salisburghese (e dunque fervide di rimandi, allusioni, citazioni tematiche), ma anche con una libertà che privilegia i valori del suono, dell’arcata come elemento espressivo, spaziando ritmicamente e armonicamente, chiamando in causa l’orchestra stessa. Accade, ad esempio, nello straordinario Adagio del Concerto K. 216, quello per cui Mozart escluse dall’orchestra gli oboi, troppo brillanti, e puntò sul colore sognante dei flauti: alla fermata, l’evoluzione meditabonda del violino solista diventa occasione di una sorta di effetto d’eco, con gli archi del gruppo strumentale che costruiscono un tappeto sonoro dall’effetto allo stesso tempo straniante e poetico.
Questa esemplare e fascinosa “meditazione” di Sollima è tornata a sei anni di distanza sulla scena olimpica per l’apertura delle Settimane. Se allora era inclusa nell’esecuzione integrale di tutti i Concerti per violino di Mozart, affidati a Sonig Tchakerian per la parte solistica, questa volta si è presa la scena in una serata che aveva una logica diversa: quella dell’incontro e del confronto fra due generazioni di virtuosi dell’archetto. Accompagnati dall’orchestra regionale Filarmonia Veneta, ne sono stati infatti protagonisti la stessa Tchakerian, la direttrice artistica del festival, armena di origine e veneta di adozione da lunga data, e uno dei suoi allievi nei Corsi di Alto Perfezionamento dell’Accademia di Santa Cecilia più in evidenza in questi ultimi tempi, il ventiseienne di Castelfranco Veneto Giovanni Andrea Zanon, che imbraccia il violino – dicono le sue biografie – da quando di anni ne aveva appena due.
Il programma proponeva quindi due Concerti mozartiani, sicuramente i più famosi, K. 216 e K. 219, il primo affidato all’archetto di Tchakerian e il secondo a quello di Zanon, e si concludeva nel nome di Bach, con il Concerto per due violini e archi in Re minore, BWV 1043, pagina capitale dell’autore tedesco nell’ambito concertante, utile anche per cogliere l’evoluzione di stile conosciuta da questo genere nello spazio di una cinquantina d’anni, dal 1720 al 1775.
Tchakerian ha proposto di K. 216 una lettura intensa, ricca di suono, specialmente nell’Adagio e nel conclusivo Rondò, dopo un inizio forse un po’ contratto. Esemplare la consapevolezza stilistica di come in questa pagina lo stile italiano sia in certo modo “ibridato” con una sensibilità espressiva tedesca, tutta da seguire la nitidezza del dialogo con una Filarmonia Veneta misurata e ben equilibrata. Suggestiva la resa delle cadenze di Sollima, specialmente per la capacità di rendere con immediata espressività la natura “antica” ma non superata del suono del compositore siciliano, e di sbalzare con vivacità gli ammiccamenti al colore estroverso del nascente Classicismo.
Al cospetto di K. 219, Giovanni Andrea Zanon – che imbraccia lo Stradivari Maréchal Berthier del 1716 – ha sfoggiato la musicalità istintivamente espressiva e sempre ben controllata tecnicamente che ne fa una delle grandi promesse del concertismo internazionale. Suono nitido, mai troppo corposo, tipicamente italiano per un’interpretazione allo stesso tempo sorvegliata ed esuberante, peraltro interrotta da un incidente fortunatamente senza conseguenze che ha provocato l’interruzione del concerto per una ventina di minuti. Durante l’Adagio, infatti, un giovane violoncellista della Filarmonia Veneta è stato colto da un malore che gli ha fatto perdere i sensi, rendendo necessario l’intervento sul palcoscenico del soccorso sanitario, affidato ai Vigili del Fuoco. Portato a braccia nei camerini, il musicista secondo quanto è stato comunicato si è ripreso rapidamente e il concerto ha potuto riprendere senza di lui, e quindi con la sezione dei violoncelli ridotta a due elementi. L’Adagio non è stato ripreso e l’esecuzione è ripartita dal leggiadro Rondò conclusivo, nel quale Zanon ha proposto una versione quasi meditabonda del famoso tema “alla turca”, senza esagerate accentuazioni ritmiche e coloristiche.
Il conclusivo Concerto per due violini di Bach ha messo in evidenza come il magistero musicale e tecnico di Tchakerian e Zanon, su piani inevitabilmente distinti ma tali da delineare una notevole sintonia psicologica prima ancora che musicale, sia ideale nell’affrontare il corposo disegno contrappuntistico fra le parti solistiche disegnato in questo capolavoro. Interpretazione corposa, dunque, ma ricca di sottigliezze dinamiche e di fraseggio tutte da gustare, capace di mettere in evidenza come entrambi gli strumenti impiegati dai solisti (Tchakerian suona un Gagliano del 1760) siano ideali per l’esecuzione di questa musica non solo dal punto di vista storico ma anche per la naturalissima “congruenza” musicale che questi interpreti sanno realizzare.
Al teatro Olimpico pubblico folto e prodigo di applausi, ricompensati con la ripetizione dell’Allegro che suggella il Concerto di Bach.
Cesare Galla
26 maggio 2024
La locandina
EFFETTO MOZART |
|
Violino | Sonig Tchakerian |
Violino | Giovanni Andrea Zanon |
Orchestra regionale Filarmonia Veneta | |
Programma: | |
W. A. Mozart | |
Concerto in sol maggiore KV 216 | |
Concerto in la maggiore KV219 | |
J. S. Bach | |
Concerto per due violini |
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