Vicenza: i “parallelismi” di Vivaldi secondo Guglielmo e Bridelli
Nel mondo sonoro di Vivaldi è la voce che tende alla dimensione strumentale tipica del violino, o il principe degli strumenti ad arco che modella il suo linguaggio e perfino certe caratteristiche timbriche sulle caratteristiche della vocalità barocca? Risposta univoca, naturalmente, non si può dare, anche se la vocazione primigenia (ma non esclusiva) del Prete Rosso, essenzialmente strumentale, ha spesso portato gli studiosi a cogliere una sua tendenza, quanto meno di carattere formale, a fare dell’Aria nelle sue opere un’occasione nella quale al cantante di turno tocca il ruolo che nei Concerti spetta allo strumento solista e segnatamente al violino.
Alla questione l’ensemble barocco Pomo d’Oro offre una risposta per così dire pragmatica e inclusiva con l’intrigante programma di concerto intitolato Le stagioni dell’anima, portato nella sala del Ridotto del Comunale di Vicenza nell’ambito di “Suoni di primavera”, la rassegna della ripartenza proposta dalla Società del Quartetto. L’idea è quella di offrire un confronto pratico attraverso un’alternanza fra la dimensione concertante e quella vocalistica, che non rifugga dalla popolarità più abusata – il riferimento è ovviamente alle Quattro Stagioni – e incroci il linguaggio strumentale di questi celeberrimi Concerti con un mazzetto di “esempi” vocali sia di natura operistica che di ambito sacro.
La scelta delle Stagioni, peraltro, pone in qualche maniera anche un “parallelismo” espressivo e in senso lato estetico: se ogni brano vocale è ovviamente caratterizzato da un particolare “affetto”, nella logica del belcanto barocco, ciascuno dei quattro Concerti risponde notoriamente a un vincolo “descrittivo” che non è semplicemente quello del titolo, ma segue, non di rado onomatopeicamente, il dettato dei Sonetti posti da Vivaldi all’inizio di ciascun brano. E si va com’è noto dal ronzare delle mosche all’abbaiare dei cani, per tacere di temporali estivi e piogge invernali.
Nel corso della serata, dunque, alla Primavera ha fatto seguito l’atmosfera sospesa e contemplativa di “Sileant Zephyri” dall’Introduzione Filiae maestae Jerusalem, scritta probabilmente da Vivaldi per un Miserere oggi perduto. Quindi dopo l’Estate è stata la volta di due Arie dagli affetti contrastanti, con il furore di “Come in vano il mare irato” da Catone in Utica contrapposto alla serenità di “Sovvente il sole risplende in cielo” da Andromeda liberata. E infine, l’Autunno e l’Inverno sono stati separati dalla seducente Aria “Gelido in ogni vena” da Il Farnace, nella quale il freddo – che nell’ultimo Concerto viene trattato secondo una logica plasticamente “naturalistica” nella tecnica degli archi e nel loro colore – viene connotato in una dimensione psicologica e interiore superbamente riflessa nella linea vocale.
Una vera e propria “foresta incantata” di seduzioni e meraviglie barocche, insomma, quella proposta dal mezzosoprano Giuseppina Bridelli e dall’ensemble guidato dal violinista Federico Guglielmo e composto dai violinisti Giampiero Zanocco e Daniela Nuzzoli, dal violista Giulio D’Alessio, dal violoncellista Francesco Galligoni, dal contrabbassista Riccardo Coelati e dalla cembalista Federica Bianchi.
Nei brani solo strumentali – non propriamente favoriti dall’acustica molto asciutta del Ridotto – il Pomo d’Oro ha realizzato un fraseggio franto, talvolta tagliente, lontano dalle pletoriche tradizioni esecutive non storicamente informate. Tempi vivaci nei movimenti rapidi, morbidi ed eleganti in quelli lenti; durate talvolta fulminee nelle chiuse, arcate destinate a plasmare il suono in senso mimetico e descrittivo, appunto, senza rinunciare a effetti che in perfetto stile barocco suscitano la sorpresa dell’ascoltatore. L’imitazione è specifica eppure delinea una sua “universalità” nell’eleganza del colore e grazie a dinamiche che svariano in ogni ambito dal sottovoce al forte, offrendo continua mobilità alla struttura a ritornelli dei Concerti e ai “da capo” che li attraversano.
Giuseppina Bridelli, dal canto suo, ha offerto una bella prova di stile sia nell’agilità di forza che nella linea di canto più distesa e meditabonda, nella quale la poetica del belcanto si riflette nelle sfumature dell’emissione e nella varietà cui questa giovane cantante sa piegare l’elegante colore ambrato della sua voce. Affascinanti per qualità musicale ed espressiva i non infrequenti dialoghi all’insegna della reciproca imitazione con il violino solista di Federico Guglielmo, dimostrazione del fatto che l’alternativa posta all’inizio non ha in realtà risposta univoca. Nell’arte del Prete Rosso, voce e violino sono comunque una funzione dell’invenzione musicale e la incarnano ciascuno secondo le proprie caratteristiche, essenziali a delineare il panorama sonoro vario e cangiante che a tre secoli di distanza continua sedurci.
Cesare Galla
(13 maggio2021)
La locandina
Direttore e violino solista | Federico Guglielmo |
Mezzosoprano | Giuseppina Bridelli |
Il Pomo d’Oro | |
Programma: | |
Antonio Vivaldi | |
Concerto in Mi maggiore “La Primavera” per violino, archi e continuo op.8 no.1/RV269 | |
“Sileant Zephyri” a voce sola, archi e continuo da “Filiae maestae Jerusalem” RV638 | |
Concerto in Sol minore “L’Estate” per violino, archi e continuo op.8 no.2/RV315 | |
“Come in vano il mare irato”a voce sola, archi e continuo da “Catone in Utica” RV 705 | |
“Sovvente il sole risplende in cielo” a voce sola, violino obbligato, archi e continuo da “Andromeda Liberata” RVAnh.117 | |
Concerto in fa maggiore “L’Autunno” per violino, archi e continuo op.8 no.3/RV293 | |
“Gelido in ogni vena” a voce sola, archi e continuo da “Il Farnace” RV 711 | |
Concerto in Fa minore “L’Inverno” per violino, archi e continuo op.8 no.4/RV297 |
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