Vicenza: le ombreggiature di Betulia

Non è ben chiaro per quale motivo l’Oratorio Betulia liberata appartenga al peraltro ristretto catalogo delle “rarità mozartiane”, le composizioni del salisburghese non considerate di repertorio. D’altra parte, non si sa con certezza nemmeno se e quando quest’opera fu eseguita fin che visse il compositore e ciò in qualche modo accredita il suo ruolo “marginale”, sottolineato da un destino concertistico tutt’altro che fastoso. Eppure, si tratta di opera ambiziosa, di cospicue dimensioni, chiaramente meditata a dovere – tenendo conto che si tratta di un lavoro realizzato quando Mozart aveva 15 anni – e nobilitata dal fatto di essere basata su un libretto di Metastasio, che all’epoca in cui il musicista lo prese in mano aveva ormai quasi quarant’anni ed era fra l’altro già stato affrontato, nel 1743, anche da Niccolò Jommelli, sommo maestro della scuola napoletana.

Forse all’appeal concertistico della Betulia nuocciono anche le circostanze della sua genesi. L’Oratorio fu commissionato a Padova il 13 marzo 1771, quando il primo viaggio in Italia del compositore volgeva al termine, da un gentiluomo appartenente a un ramo collaterale dei principi di Aragona, il marchese don Giuseppe Ximenes, che molto si occupava di musica e aveva creato una sorta di Accademia mecenatesca nel suo palazzo. Una prima stranezza consiste nel fatto che nello stesso periodo Ximenes diede lo stesso testo metastasiano da musicare anche ad altri due compositori, il padovano Giuseppe Callegari e il boemo Josef Mysliveček. Ma l’anomalia principale è data dal fatto che nonostante il ragazzino Mozart una volta rientrato a Salisburgo avesse portato a termine diligentemente il compito assegnato, la partitura non prese mai la via di Padova. Inevitabile che non ci sia traccia di esecuzione d’epoca nel luogo della commissione. Ma di certo il compositore aveva ben presente quel suo lavoro, e ne aveva una positiva considerazione, se quasi un quindicennio dopo quell’estate del 1771 scriveva da Vienna alla sorella a Salisburgo, pregandola di inviargli il manoscritto, forse in vista di una diversa commissione oratoriale che però non si concretizzò mai.

Come che sia, l’esistenza esecutiva della Betulia, almeno in Veneto, sembra essenzialmente limitata a contesti del tutto speciali: convegni di studio (come quello padovano del 1989 organizzato dal prof. Giulio Cattin) oppure festival, com’è accaduto ora per la nona edizione del festival Vicenza In Lirica, che così si è inaugurato al teatro Olimpico.

Trentadue anni fa e ieri sera, il denominatore comune è stato la presenza dell’Orchestra di Padova e del Veneto, ovviamente legata alla partitura mozartiana anche per ragioni “geografiche”. All’Olimpico, l’esecuzione – diretta da Marco Comin – è stata proposta secondo i crismi dell’approccio “storicamente informato” fin dall’organico, con gli archi ridotti all’osso (tre per sezione) ma nondimeno capaci di esprimere un suono stilisticamente plausibile e ricco di sfumature, grazie a una lettura assai ombreggiata e pronta allo scatto espressivo nei tempi e nelle sottolineature coloristiche. Per le quali determinante è stato l’apporto del nutrito gruppo di fiati qui previsto da Mozart, che si sono proposti tutti con precisione e tinta di notevole pregio. Qualche non esagerato taglio nei recitativi secchi (quelli con il solo accompagnamento del cembalo, qui affidato alla sicura e sorvegliata musicalità di Lorenzo Feder) è stata l’unica “trasgressione” rispetto al dettato della filologia, tale peraltro da garantire che la durata fosse di due ore senza intervallo, al netto dei discorsi iniziali.

Anche sul versante vocale, notevole l’attenzione, sia pure con risultati non sempre omogenei, per i caratteri di un’esecuzione “storicamente informata”. Mettere a fuoco lo stile appropriato a un Oratorio scritto nel 1771 da un compositore di area tedesca che aveva appena compiuto la sua prima, lunga e decisiva immersione nello stile italiano, non era affare semplice. Anche perché i successivi (e grandiosi) esempi della vocalità mozartiana, sacra e profana, potevano indurre ad approcci non del tutto appropriati. Tutti i giovani cantanti hanno invece mantenuto una linea di notevole coerenza, individuando il punto di riferimento interpretativo nell’opera italiana, filtrata però dal riferimento sacro, esattamente come postulato da una partitura basata su quattordici Arie (e alcuni cori) di ampia dimensione, con da capo, relative variazioni e cadenze.

Da questo punto di vista, gli interpreti delle due parti principali, il contralto Alessandra Visentin (Giuditta) e il tenore Nile Senatore si sono proposti con sorvegliata precisione e grande cura del fraseggio, dei fiati, della coloratura. Non sempre il loro strumento è parso risaltare al meglio, per una certa leggerezza di Visentin nella zona bassa della tessitura (ma i centri sono ben appoggiati e il timbro fascinoso) e per le non infrequenti opacità di Senatore nella zona alta di una parte che peraltro presenta una tessitura molto impegnativa e che è stata nell’insieme risolta con musicalità e ricchezza espressiva. Al loro fianco, Patrizio La Placa, unico basso del gruppo, ha fatto apprezzare un timbro morbido e una buona duttilità nel fraseggio, mentre nel gruppo dei soprani si è messa in luce per equilibrio e precisione Paola Leoci (Amital), affiancata dalla svettante Caterina Meldolesi, cui un maggiore controllo in acuto non sarebbe nuociuto (Cabri) e dalla temperamentosa Véronique Valdès (Carmi) che ha voce dalle suggestive sfumature ambrate. Il coro era l’Iris Ensemble di Marina Malavasi, garanzia di eleganza, omogeneità ed equilibrio. E anche di affidabilità, visto che pur avendo cantato nello spazio della platea dell’Olimpico, volgendo le spalle al direttore, abbiamo notato solo un attacco non proprio impeccabile.

Successo vivissimo e prolungato. Il pubblico non era da tutto esaurito (pur nel distanziamento imposto dalla normativa) ed è stato alla fine prodigo di applausi e chiamate per tutti i protagonisti della serata.

Cesare Galla
(28 agosto 2021)

La locandina

Direttore Marco Comin
Personaggi e interpreti:
Ozia Nile Senatore
Giuditta Alessandra Visentin
Amital Paola Leoci
Achior Patrizio La Placa
Cabri Caterina Meldolesi
Cami Véronique Valdès
Orchestra di Padova e del Veneto
Iris Ensemble
Maestro del coro Marina Malavasi

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