Vicenza: l’Olimpico canta alla Terra

Nel 1918, durante una pausa creativa destinata a durare quasi un decennio, salvo tentativi incompiuti o composizioni minori, Arnold Schoenberg costituì a Vienna – con la collaborazione dei suoi fedelissimi (Berg e Webern in testa) – una singolare società di concerti per l’esecuzione della musica contemporanea. Si chiamava “Associazione per esecuzioni musicali private”. Chi si abbonava doveva impegnarsi formalmente a non scrivere resoconti o critiche dei concerti; non si faceva nessuna pubblicità alle manifestazioni, e si poneva l’accento sulle musiche in quanto tali, più che sulle esecuzioni, peraltro preparate con lunghissime prove. Fra gli autori nei programmi, oltre agli autori della Seconda Scuola di Vienna, figuravano Skrjabin, Debussy, Reger e Mahler; poche le concessioni ad altre epoche, ma in alcune occasioni comparvero brani di Mozart, Beethoven e Brahms, e finanche i Valzer di Strauss, peraltro trascritti per piccole formazioni dagli stessi Schoenberg, Berg e Webern.

Nel 1920, il futuro inventore della dodecafonia pose mano anche a una versione per piccola orchestra di Das Lied von der Erde, con la Nona e i frammenti della Decima il poetico quanto inquietante commiato musicale di Mahler dall’arte e dalla vita. La trascrizione rimase incompiuta e non figurò mai nei programmi dell’Associazione concertistica viennese, che avrebbe chiuso i battenti nel 1921 per difficoltà economiche. Oltre sessant’anni più tardi, nel 1983, il lavoro è stato ripreso e completato dal musicologo e compositore Rainer Riehn (1941-2015) ed ha avuto da allora una discreta diffusione.

Senza la mastodontica orchestra prescritta nell’originale da Mahler, Das Lied von der Erde diventa molto più agevolmente affrontabile in contesti non sinfonici senza perdere la straordinaria perspicuità della tavolozza timbrica disegnata dal compositore boemo.

Con un organico nel quale le voci di tenore e di contralto sono affiancate da quintetto d’archi, quintetto di fiati (flauto, oboe, clarinetto, fagotto e corno; ma anche ottavino, corno inglese, clarinetto basso e controfagotto, alla bisogna), pianoforte, fisarmonica, celesta e vasto set di percussioni, la genialità di Schoenberg come trascrittore (consigliatissima la sua versione orchestrale del Quartetto con pianoforte op. 25 di Brahms) emerge fascinosamente e regala un tuffo ancora più significativo nel cuore dell’invenzione mahleriana. La struttura diventa ancor più elemento dell’espressione; l’armonia svela le sue allusioni orientali (scala pentatonica in testa) con evidenza forse perfino più lampante. Lo spirito sinfonico che attraversa questa singolare combinazione di musica vocale e strumentale viene rispettato e anzi esaltato; per certi aspetti, il pensiero espressivo distillato e reso ancor più denso.

Così, il monumentale “congedo” di cui consiste tutta la seconda parte del capolavoro, attraversato da una sconvolgente marcia funebre ma anche da una superiore consapevolezza filosofica del ciclo vitale dell’uomo dentro alla Natura, diventa in certo modo un passaggio del testimone fra Mahler e Schoenberg.

Das Lied von der Erde era stato eseguito, proprio in questa versione e proprio all’Olimpico di Vicenza, nel corso di un drammatico concerto tenuto il 26 ottobre 2020 da Iván Fischer alla testa degli strumentisti della Budapest Festival Orchestra. Drammatico perché il teatro palladiano era sbarrato e vuoto, nel primo giorno di rinnovata chiusura totale delle sale a causa della pandemia.

Sabato sera lo ha meritoriamente proposto il festival Vicenza In Lirica, secondo appuntamento del suo calendario, e il contesto era molto diverso: la gradinata era discretamente affollata, anche se non al completo e alla fine gli applausi sono stati calorosi e prolungati. La produzione era tanto più ragguardevole in quanto frutto della collaborazione esecutiva fra due importanti Conservatori, quello di Vicenza e quello di Mantova, e si è dimostrata di notevole forza e qualità esecutiva. Peccato solo che la “presenza” di Schoenberg non sia stata valorizzata nella sua implicita connotazione celebrativa, visto che siamo proprio nei giorni del 150° anniversario della nascita di questo compositore fondamentale e ancora incompreso: nel programma di sala, oltre la sua non evitabile citazione come trascrittore, non un dettaglio sulla versione proposta.

Dal punto di vista strumentale, esecuzione egregia. Sollecitati dal gesto eloquente di Marco Tezza, eclettico musicista vicentino nell’occasione passato dalla tastiera pianistica al podio, i quindici esecutori si sono disimpegnati con finezza strumentale di notevole livello e con accorto equilibrio fra le parti. Vale la pena di citarli tutti: erano i violinisti Paolo Ghidoni e Rachele Rossignoli, il violista Alessandro Gasparini, il violoncellista Alfredo Mendez, il contrabbassista Matteo Spaggiari, la flautista Martina Bezzan, l’oboista Daria D’Onofrio, il clarinettista Tommaso Sanson, il fagottista Alberto Dal Martello, il cornista Michele Orlando, il fisarmonicista Filippo Bazzani, il pianista Fabrizio Malaman, Anna Panozzo alla celesta e Marco Costantini e Vittorio Ponti alle percussioni.

Tezza ha colto il senso di profonda meditazione filosofica sul destino dell’uomo che attraverso la poesia degli antichi cinesi, naturalisticamente così raffinata, tocca nella musica di Mahler una sofferta modernità esistenziale. Nella sua lettura, tempi ben stagliati, spesso meditabondi, accensioni ritmiche e timbriche di forte suggestione, fraseggio capace di illuminare i confini della tradizione verso cui il compositore boemo si spinge in pagine come queste.

Determinante per la riuscita della serata l’apporto delle due voci che si sono alternate nei sei Lieder di cui consta questa monumentale e particolare “Sinfonia”. Il tenore Joseph Dahdah ha proposto una linea di canto franta, incisiva, eloquentemente drammatica anche per le scelte di colore. Il mezzosoprano Laura Polverelli ha cesellato con raffinata musicalità la poesia del grande Abschied, (commiato) di cui consta la seconda metà del capolavoro. Un’esecuzione di raffinata profondità stilistica, la sua, sostenuta da una indefettibile qualità espressiva nel colore e nella linea di canto.

Tutti – cantanti, strumentisti e direttore – sono stati salutati da lunghi applausi. Anche a Vicenza, una piccola testimonianza di come l’auto-profezia di Gustav Mahler si sia avverata: da un bel pezzo, ormai, il suo tempo è venuto.

Cesare Galla
(7 settembre 2024)

La locandina

Direttore Marco Tezza
Mezzosoprano Laura Polverelli
Tenore Joseph Dahdah
Ensemble strumentale dei Conservatori “Arrigo Pedrollo” di Vicenza e “Lucio Campiani” di Mantova
Programma:
Gustav Mahler
Das Lied von der Erde

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