Vicenza: Nicola Losito, più che una promessa
Forse non avrà ancora le idee del tutto chiare a proposito di Beethoven, ma le ha già chiarissime per quel che riguarda Liszt, e ancor più Chopin.
È Nicola Losito, classe 1995. Un pianista riflessivo, concentrato e sensibile, che tuttavia si concede, con la freschezza dei suoi 23 anni, anche il divertimento del virtuosismo, del pianoforte come “macchina del suono”, di un’agilità vorticosa e impeccabile, nobilitata dalla straordinaria indipendenza delle le mani. Mai spinta, peraltro, fino a incrinare l’equilibrio complessivo.
Beethoven occupava tutta la prima parte del suo recital al teatro Olimpico per la stagione di “Incontro sulla tastiera”, l’associazione concertistica vicentina che da molto tempo coltiva un rapporto di fervida collaborazione con l’Accademia pianistica di Imola, della quale Losito è allievo e dalla quale è stato “segnalato” per il tradizionale concerto dedicato alle giovani promesse della tastiera.
Scelta non banale di programma, il musicista tedesco era rappresentato da entrambe le Sonate pubblicate nella primavera del 1802 a Vienna con il numero d’opus 27. Sono pagine che hanno avuto destino ben diverso: poco nota e tutto sommato poco eseguita la prima, in Mi bemolle; celeberrima la seconda, in Do diesis minore, dedicata “alla damigella contessa Giulietta Guicciardi”, e passata alla storia con il titolo Chiaro di luna. Ciascuna è definita dallo stesso autore “Sonata quasi una fantasia”: una espressione per così dire “sperimentale”, che testimonia quanto fosse il pianoforte, in quegli anni, lo strumento principe per la ricerca e l’invenzione. Ma anche una definizione puntuale delle intenzioni del musicista: superamento delle coordinate classicistiche, creazione di una continuità fra le parti tale da travalicare i vincoli formali per arrivare a una forza espressiva interiorizzata e innovativa, in un gioco di relazioni tematiche e armoniche molto fine e profondo.
Il ragionamento sotteso al programma si completava nella seconda parte tutta dedicata a Liszt.
Prima dei fuochi d’artificio della conclusiva Rhapsodie Espagnole, infatti, il giovane pianista udinese ha infatti proposto la “Fantasia quasi Sonata” intitolata Après une lecture de Dante, il pezzo più celebre della seconda annata delle Années de pèlerinage, dedicata all’Italia.
Nella voluta inversione dei termini dettata da Liszt rispetto a Beethoven sta in fondo molta parte della storia del pianoforte nella prima metà dell’Ottocento. Nella “Dante”, sorta di incunabolo della Sonata in Si minore, l’aspirazione classicistica al rigore della forma promana da una acquisita libertà espressiva, che continuamente supera e rende vana tale aspirazione.
Alla fine, il percorso creativo lisztiano risulta comunque complementare a quello beethoveniano. E non può non affermare, dentro alla più innovativa indipendenza, una sorta di “nostalgia” per la chiarezza formale della tradizione.
Forse proprio il compositore ungherese ha costituito il punto di riferimento di Losito nella sua lettura beethoveniana, caratterizzata da un suono molto corposo dentro a un fraseggio forse non abbastanza meditato sul piano dello stile e della consapevolezza storica. Poca trasparenza, tocco non proprio pesante ma comunque poco propenso al lirismo dei movimenti lenti e alla brillantezza di quelli svelti: un Beethoven “romantico” non per ciò che egli stesso disegna fra pensiero e suono, ma seguendo l’idea che probabilmente ne poterono avere i suoi successori nel corso dell’Ottocento. Come appunto un formidabile pianista quale fu Liszt.
Ben altra naturalezza e incisività sono apparse immediatamente evidenti fin dai primi frementi accordi della Fantasia Dante, nell’insieme disegnata da Losito con una energia drammatica di assoluto rilievo, capace di sottolineare le multiformi “avventure” del suono lisztiano senza mai perderne il controllo, commisurando lo sfoggio di atletica agilità sulla tastiera con le ragioni dell’espressione musicale: immaginifica (questa è musica che “racconta” l’Inferno dantesco) e dunque d’effetto, ma anche profondamente ragionata e a suo modo “assoluta”.
Infine, da tragico e declamatorio che era nella Fantasia, l’approccio di Losito ha subito una metamorfosi di grande efficacia per restituire in brillantezza incisa al bulino tutte le acrobazie della Rhapsodie Espagnole, che partono dal tema antico della Follia e da altre citazioni del folclore iberico per affermare la supremazia della tastiera in un virtuosismo affascinante proprio perché fine a se stesso eppure in grado di disegnare mondi musicali insospettabili.
Alla fine, grandi applausi e tre gemme di Chopin come bis: gli Studi n. 1 e 3 dell’op. 10 e il n. 12 dell’op. 25. Poesia elegante, nel colore e nel fraseggio di Losito; senza fronzoli, senza retorica inutile ma con profonda partecipazione, lontano dalla maniera. Il miglior viatico per la lunga strada musicale che questo pianista può percorrere.
Cesare Galla
(8 maggio 2019)
La locandina
Pianoforte | Nicola Losito |
Programma | |
Ludwig van Beethoven | Sonata op.27 n.1 in mi bemolle maggiore |
Ludwig van Beethoven | Sonata op.27 n.2 in do diesis minore |
Franz Listz | Fantasia quasi Sonata.Après une lecture du Dante S. 161 |
Franz Listz | Rapsodia Spagnola S. 254 |
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