Vicenza: Schiff, Bach, Alfa e Omega

Quando il festival “Omaggio a Palladio” prese il via al teatro Olimpico di Vicenza, le Variazioni Goldberg di Bach furono il suggello apposto da András Schiff alla prima edizione della rassegna. Era il 20 giugno 1998 e quella memorabile interpretazione è stata l’inizio di un viaggio nell’arte del compositore tedesco che dura da quasi un quarto di secolo, fra opere per tastiera, cameristiche, concertanti, in parte anche sacre. Forse per questo, l’anno scorso il pianista ungherese ha proposto come bis al suo recital, in un’edizione di emergenza a causa del virus, l’Aria che precede le 30 Variazioni. E certamente per questo, in una sorta di musicale “heri dicebamus”, al momento di iniziare giovedì scorso la ventiquattresima edizione del suo festival, Schiff ha sorpreso il pubblico che affollava il teatro Olimpico, attaccando non il pezzo previsto nel programma, ma proprio l’Aria delle Goldberg: tenera, pensosa, introspettiva come anche il gioco dei “da capo” scrupolosamente rispettati ha sottolineato.

Ritornata a dimensioni e pubblico abituali dopo le traversie pandemiche, la ventiquattresima edizione di “Omaggio a Palladio” si è aperta quindi con un recital del pianista ungherese, il cui titolo ideale avrebbe potuto essere “Bach, Alfa e Omega”. Il compositore più importante, quello che apoditticamente Schiff sente il bisogno di definire (l’ha fatto anche l’altra sera parlando al pubblico) «senza dubbio il più grande della storia». Il programma è partito dal Cantor e a lui è tornato, dopo un viaggio che ha fatto tappa nell’arte di tre grandi della gloriosa tradizione ottocentesca tedesca del pianoforte: Brahms, Schumann e Mendelssohn. Pensato in questo modo già alla fine del 2019, il recital era rimasto nel libro delle intenzioni a causa dell’emergenza sanitaria. Schiff ha voluto riproporlo tal quale, ed è singolare che il brano bachiano di apertura, il giovanile “Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo” sia risultato tristemente idoneo alla sua volontà, condivisa con gli organizzatori della Società del Quartetto, di dedicare il concerto alla memoria del sommo Radu Lupu, il pianista scomparso lo scorso 17 aprile all’età di 76 anni.

Per lui, Schiff ha avuto parole commosse e affettuose. Del resto, la sua vicinanza con il sofisticato interprete romeno è iscritta nella storia di “Omaggio a Palladio”: solo una volta, finora, un altro pianista ha avuto la ribalta della rassegna – e addirittura la serata inaugurale – ed è accaduto il 2 maggio 2013, quando Lupu ha tenuto al teatro Olimpico un recital interamente dedicato a Schubert. Con il pianista ungherese seduto sul palcoscenico ad ascoltarlo e applaudirlo, mescolato fra gli strumentisti dell’orchestra “Andrea Barca”.

Il Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo è una pagina acerba e seducente, frastagliata ed espressivamente multiforme, che transita dal patetico al brillante speziato di un certo umorismo, visto che verso la fine il compositore si abbandona al gioco sul motivo della cornetta del postiglione, rendendolo peraltro oggetto di un dotto discorso contrappuntistico.

Con un salto di poco meno di due secoli, dai primi anni del ‘700 agli ultimi dell’800, il recital è quindi passato alle atmosfere umbratili, sommesse eppure sempre ricche di interiore lirismo delle ultime composizioni pianistiche di Brahms. I tre Intermezzi op. 117 sono un dipinto dalle sfumature tutte interiorizzate, autentica poesia del suono. Quindi, con un passo indietro sul piano cronologico, spazio all’esuberanza giovanile di Robert Schumann, che nelle Davidsbündlertänze op. 6 offre un esempio della sua vocazione per una “narrazione musicale” quasi di taglio letterario, nella quale si contrappongono per spirito e carattere l’irruento Florestano e il meditabondo Eusebio. Un’occasione per abbaglianti contrasti espressivi e di suono, dentro allo schema ritmico delle danze. Infine, prima dell’approdo alla suprema eleganza e tornitura formale della bachiana Partita n. 4 (l’integrale delle sei composizioni era stata oggetto di una esecuzione integrale all’Olimpico da parte di Schiff il 28 maggio 2000, a 250 anni dalla morte del compositore), c’è stato spazio per il saldo classicismo delle Variations sérieuses op. 54 di Mendelssohn: un capolavoro misconosciuto, autentico ponte – com’è stato scritto – fra Bach e Brahms.

Il pianista ungherese le ha proposte in un’esecuzione di straordinario fascino sonoro, assai varia nelle definizioni timbriche ma sempre improntata nel fraseggio al rigore che aveva guidato il compositore. In precedenza, gli Intermezzi di Brahms erano stati resi con eleganza umbratile ma comunque limpida, ricca di poetiche quanto introspettive sfumature, mentre Schumann aveva visto dominare nell’esecuzione di Schiff l’esaltazione ritmica della composizione e il gusto per i contrasti coloristici e dinamici. La conclusiva Partita n. 4 è stato un raffinato itinerario dentro alla stilizzazione delle Danze come categoria filosofica prima ancora che musicale: rigore e libertà, capaci di dialogare in un’interpretazione di magnifica seduzione sonora e di profonda consapevolezza stilistica.

Teatro esaurito e tripudio finale. Per bis, un altro Intermezzo di Brahms, il n. 2 dell’op. 118.

Cesare Galla
(28 aprile 2022)

La locandina

Pianoforte Sir András Schiff
Programma:
Johann Sebastian Bach
Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo in Si bemolle maggiore BWV 992
Johannes Brahms
Tre Intermezzi op. 117
Robert Schumann
Davidsbündlertänze op. 6
Felix Mendelssohn-Bartholdy
Variations sérieuses op. 54
Johann Sebastian Bach
Partita n. 4 in Re maggiore BWV 828

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