Vicenza: Se Turandot diventa musical.

Turandot è molte cose: favola didascalica, disamina sull’amore, scandaglio delle passioni, saggio psicoanalitico ante litteram. Carlo Gozzi, nella sua Turandot va ben oltre il semplice esotismo, mettendo in scena, insieme alle maschere della Commedia dell’Arte, personaggi del tutto realistici e capaci di provare sentimenti veri.

È più all’archetipo in prosa che non all’opera incompiuta di Puccini a rifarsi La Regina di ghiaccio, anche se l’estremo capolavoro del Lucchese torna più volte, quasi sempre per accenni, in questo complessivamente ben confezionato musical.

La storia prende forma proprio dalla Turandot pucciniana per poi incanalarsi con decisione sui binari di quella di Gozzi: l’inizio e la conclusione sono ambientati in un museo di cimeli della prima esecuzione scaligera del 1926, ma buona parte dei personaggi si rifanno al testo gozziano, insieme ad altri completamente nuovi, come è giusto che sia.

Qui Turandot è vittima di un sortilegio, scagliato da tre streghe, che l’ha resa ostile all’amore; contro di loro la Luna, in forma della bambina Chang’è, e il Sole, rappresentato dal cieco Yao.

Tutti, in una sorta di redenzione collettiva, contribuiranno a far trionfare Calaf nella prova degli indovinelli e a sconfiggere le streghe.

Il testo di Maurizio Colombi e Giulio Nannini è gradevole e si pone con garbo a sevizio della musica nel complesso convincente di Davide Magnabosco, Paolo Barillari e Alex Procacci, che sembrano aver tenuto ben presente la lezione di Alan Menken.

Puccini, si diceva, compare per piccole pennellate (perché però usare il “coro a bocca chiusa” della Butterfly quando c’è a disposizione “Là sui monti dell’Est”?). Non può mancare “Nessun dorma”, che opportunamente arrangiato trova una collocazione di rilevo nella narrazione musicale.

L’impianto scenografico, di Alessandro Chiti, risulta di grande effetto grazie anche alla videografica assai variegata di Marcho Schiavoni incorniciando benissimo la regia improntata al dinamismo di Maurizio Colombi e le coreografie scatenate di Rita Pivano.

Lorella Cuccarini, epigono delle grandi soubrette, disegna una Turandot credibile e mai sopra le righe, cantando e recitando con classe e con al suo fianco il Calaf ben più che convincente di Pietro Pignatelli.
Nel nutrito cast spiccano Simonetta Cartia (Chang’è) e Sergio Mancinelli (Yeo), convincono le tre streghe, ovvero Valentina Ferrari, Federica Buda e Silvia Scartozzoni, mentre strappa più di una risata l’Altoum di Paolo Barillari. Bravi tutti gli altri.

Teatro esaurito, moltissimi i bimbi, applausi scroscianti e meritati. La commedia musicale è viva e in buona salute.

Alessandro Cammarano

(Vicenza, 24 gennaio 2018)

La locandina

Musica Davide Magnabosco, Paolo Barillari, Alex Procacci
Testi Maurizio Colombi, Giulio Nannini
Scene Alessandro Chiti
Costumi Francesca Grossi
Disegno luci Alessio De Simone
Disegno suono Emanuele Carlucci
Videografica Marco Schiavoni
Direzione musicale e arrangiamenti Davide Magnabosco
Coreografie Rita Pivano
Turandot Lorella Cuccarini
Calaf Pietro Pignatelli
Chang’è Simonetta Cartia
Yao Sergio Mancinelli
Strega Tormenta Valentina Ferrari
Strega Gelida Federica Buda
Strega Nebbia Silvia Scartozzoni
Ping Giancarlo Teodori
Pong Jonathan Guerrero
Pang Adonà Mamo
Altoum Paolo Barillari
Principe Di Persia Flavio Tallini

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