Vicenza: Triplo Schiff per Mendelssohn e Brahms

La seconda Sinfonia di Felix Mendelssohn, il Lobgesang op. 52 (“Canto di lode”) per soli coro e orchestra, è in Italia composizione misconosciuta, di rara esecuzione. Proponendola nella basilica romanica di San Felice a Vicenza, András Schiff ha realizzato un progetto che andava pensando da qualche tempo, indubbiamente rilevante sul piano storico-musicale. A buon diritto, l’evento ha rappresentato il clou del festival ideato dal pianista ungherese e organizzato dalla Società del Quartetto, giunto alla sua ventiquattresima edizione.

Lungi dall’essere una sorta di calco della Nona beethoveniana, che la precede di 16 anni, la “Sinfonia-Cantata su parole delle Sacre Scritture” – portata alla prima esecuzione il 25 giugno 1840 nella chiesa bachiana per eccellenza, San Tommaso a Lipsia – si può considerare un esperimento straordinariamente fervido e fertile di conseguenze. Non solo per il percorso creativo di Mendelssohn e per il suo accostarsi al genere oratoriale, ma anche per la musica tedesca del secondo Ottocento. Con buona pace di Richard Wagner, che detestava questa composizione come detestava Mendelssohn, considerato – nel suo sordido antisemitismo – un deleterio esponente di primo piano del “giudaismo in musica”.

La struttura della composizione è nitida e molto “lavorata”. La prima parte, solo sinfonica in tre movimenti, svela un linguaggio che già preannuncia le raffinatezze brahmsiane e una profondità espressiva che pure proprio Wagner farà sua nella scrittura orchestrale. La seconda, basata sui testi della traduzione della Bibbia di Lutero (l’occasione della composizione era l’anniversario della prima stampa della Bibbia con i caratteri mobili di Gutenberg), scorre con efficacia fra una scrittura corale rotonda e coinvolgente e inserti solistici che riservano le gemme più brillanti alla parte del tenore. Il riferimento stilistico di Mendelssohn, in questo caso, sembra essere Händel. Del “caro sassone” egli avrebbe di lì a qualche anno seguito anche le orme, recandosi in Inghilterra e diventandovi come lui amatissimo, grazie anche alla composizione del monumentale Oratorio Elias.

Esecuzione di assoluto risalto. La Cappella Andrea Barca, equilibrata e capace di un suono di efficace eloquenza, è stata guidata da Schiff in una lettura approfondita e articolata, ben caratterizzata stilisticamente fra eleganza classicistica e profondità romantica. Impeccabile la Schola San Rocco istruita da Francesco Erle, protagonista di una prova maiuscola per omogeneità, duttilità, equilibrio, capacità di dare risalto drammatico agli incessanti dialoghi fra le parti, efficacia nel salire flessibilmente nelle spesso esplorata zona alta della tessitura. Con il coro hanno dialogato bene i solisti, fra i quali è emerso il tenore Werner Güra, voce di squisita qualità timbrica e musicalità impeccabile a definire una linea di canto di coinvolgente efficacia. Le voci femminili erano quelle del soprano Sylvia Schwartz, convincente nei centri ma non a suo agio nella zona alta della tessitura, con emissione “schiacciata” e forzata e il mezzosoprano Ema Nikolovska.

La sera dopo, il festival è rientrato all’Olimpico, per una serata “multipla”, se così si può dire: un po’ concertante, molto nello spirito della “hausmusik” fra voci e strumenti, in parte anche sinfonica. La maniera in cui Schiff propone il Concerto per due cembali BWV 1060 di Bach, “aggiustamento” di un precedente Concerto per violino e oboe ad uso delle serate al Caffè Zimmermann di Lipsia, appare oggi “inattuale”, in maniera a suo modo intrigante. Suono corposo e lucido nella nutrita compagine degli archi, a rievocare quello tedesco prima dell’avvento della prassi esecutiva, ruolo solistico però giocato con intelligente misura e indubitabile equilibrio, grazie all’ottimo dialogo del direttore alla tastiera con la giovane pianista Schaghajegh Nosrati, che sedeva al secondo pianoforte. E soprattutto grazie alla qualità di un suono misurato e accurato.

L’intesa fra i due pianisti è parsa chiara anche nei Liebeslider-Walzer op. 52 per quartetto vocale e pianoforte a quattro mani di Brahms, pagina che è raro sentire nelle nostre sale da concerto, non fosse che per il suo singolare organico, che richiede un soprano (Sylvia Schwartz), un mezzosoprano (Ema Nikolovska, un tenore (Werner Güra) e un basso (Robert Holl). Vocalisti accorti, nell’insieme non sempre nel migliore equilibrio reciproco. Di sicuro, l’esecuzione integrale dei 18 brevi brani di questa raccolta è anch’essa “cosa da festival”. In questo caso, però, un assaggio sia pure consistente sarebbe stato sufficiente.

Quella che non basterebbe mai è la vivificante fantasia di Mendelssohn nel “raccontare” per orchestra lo shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate, sia nell’Ouverture che nelle musiche di scena. Schiff, dirigendo a memoria, ha affiancato alla prima e celeberrima pagina due brani delle seconde fra i più conosciuti, lo Scherzo e il Notturno. Peccato che la Cappella Andrea Barca ci abbia messo un po’ a trovare la precisione e la seducente qualità dei colori, solo alla fine tratteggiati adeguatamente.

Conclusione con un capolavoro cameristico come il Quintetto con pianoforte op. 44 di Schumann: pagina espressivamente e formalmente composita, seducente per il lavoro sul suono nella sottolineatura di ciascuna parte (ma specialmente della viola e del violoncello, oltre che naturalmente del pianoforte, al quale sedeva András Schiff. Gli archi erano i violini di Erich Höbarth, e Kathrin Rabus, la viola di Hariolf Schlichtig, il violoncello di Xenia Jankovic: tutti da tempo “colonne” della rassegna organizzata dalla Società del Quartetto.

Dopo un ulteriore proposta bachiana per due pianoforti (il Concerto BWV 1062) e un’altra incursione nella “hausmusik” nel nome di Schumann (i lieder di Frauenliebe und leben affidati al soprano Sylvia Schwartz e l’Andante e Variazioni per due pianoforti, due violoncelli e corno), il festival si è chiuso, la sera del Primo Maggio, con la più intima e pensosa tra le Sinfonia di Brahms, la Terza. A pieno organico, ma pur sempre sotto i 50 elementi, perché queste sono le regole del teatro palladiano, la Cappella Andrea Barca è parsa in forma splendida: elegante nei fiati, corposa ma misurata negli ottoni, con dialoghi colmi di poetica malinconia nei due superbi movimenti centrali del capolavoro, l’Andante e il Poco Allegretto. Molto omogenei e incisivi anche gli archi, che Schiff ha guidato con particolare partecipazione a partire da scelte espressive di impeccabile pertinenza stilistica.

Come tutte le altre sere, trionfali accoglienze da parte di un Olimpico esaurito.

Cesare Galla
(29, 30 aprile e 1º maggio 2022)

La locandina

29 aprile
Direttore Sir András Schiff
Soprano Sylvia Schwartz
Mezzosoprano Ema Nikolovska
Tenore Werner Güra
Cappella Andrea Barca
Schola San Rocco
Maestro del coro Francesco Erle
Programma:
Felix Mendelssohn-Bartholdy
Lobgesang op. 52
30 aprile
Direttore e pianoforte Sir András Schiff
Pianoforte Schaghajegh Nosrati
Soprano Sylvia Schwartz
Mezzosoprano Ema Nikolovska mezzo soprano
Tenore Werner Güra
Basso Robert Holl
Cappella Andrea Barca
Programma:
Johann Sebastian Bach
Concerto per due pianoforti in Do minore BWV 1060
Johannes Brahms
Liebeslieder-Walzer per quartetto vocale e pianoforte a quattro mani op. 52
Felix Mendelssohn-Bartholdy
Ouvertüre op. 21 e Scherzo e Notturno op. 61 da Ein Sommernachtstraum
Robert Schumann
Quintetto per pianoforte e archi in Mi bemolle maggiore op. 44
1º maggio
Direttore e pianoforte Sir András Schiff
Pianoforte Schaghajegh Nosrati
Soprano Sylvia Schwartz
Cappella Andrea Barca 
Programma:
Johann Sebastian Bach
Concerto per due pianoforti in Do minore BWV 1062
Robert Schumann
Andante e Variazioni in Si bemolle maggiore per due pianoforti, due violoncelli e corno op. 46
Frauenliebe und leben op. 42
Johannes Brahms
Sinfonia n. 3 in Fa maggiore op. 90

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