Vicenza: un Requiem antiretorico

Nella storia della musica le “fake news” non mancano, ma nessuna ha la consistenza e la persistenza di quelle che circondano il Requiem di Mozart. In 232 anni, la “fiction” costruita su questa composizione subito dopo la morte del musicista ha dimostrato una tenuta incredibile – verrebbe da dire esemplare. Non soltanto per quanto riguarda la presuntamente misteriosa commissione e tutti i suoi addentellati – punto di partenza una lettera oggi di conclamata falsità, accolta però molto a lungo nelle edizioni ufficiali dell’epistolario (quella in cui Mozart molto romanticamente sarebbe consapevole di stare scrivendo un Requiem per sé stesso) – ma per l’attribuzione stessa di questa pagina.

Ed è questo il versante che resiste incredibilmente ancora oggi, in un’epoca nella quale ciò che accadde a Vienna fra il settembre e il 5 dicembre 1791 – a prescindere dalle interpretazioni che se ne possono dare – è stato ormai chiarito in quasi tutti i particolari. Compresi quelli che riguardano le mani che hanno lavorato sulla partitura. Per lunghi decenni dopo la morte, la fola che il Requiem era stato completato dallo stesso Mozart in ogni sua parte è stata dominante, alimentata abilmente dalla vedova Constanze per ovvi motivi economici (quella musica rendeva parecchio). Oggi gli studi musicologici hanno chiarito quasi tutto, si potrebbe dire battuta per battuta, accertando che di mani su quei fogli di carta da musica se ne sono posate diverse, e che alla fine le principali sono quelle di Franz Xaver Süssmayr, allievo e “famiglio” del salisburghese, così fidato da essere stato sospettato di essere il padre del secondo figlio del musicista.

La paternità del completamento è invece sicura: integrale nella seconda parte, a partire dall’Offertorio “Domine Jesu Christe”, intermittente ma non insignificante anche nella prima, specialmente sul piano strumentale, ma non solo. E tuttavia la Storia ha già emesso il suo verdetto: se per oltre due secoli quella musica così amata ed eseguita è stata sempre considerata tutta del divino Mozart, così appare destinata a rimanere anche nell’epoca della puntigliosità filologica. E poco conta che appunto dalla metà in poi sia un Mozart un po’ trasandato (per esempio rispetto alla prodigiosa Messa in Do minore, vedi caso incompiuta anch’essa, ma esente da completamenti d’epoca). Per fare una battuta, si potrebbe dire che dall’Offertorio in poi, Mozart non sembra più lui, ma tant’è.

Poi c’è anche chi ha sostenuto – come Piero Buscaroli in tre diversi libri – che anche la parte più mozartiana della partitura non sia affatto di livello comparabile con le opere degli ultimi anni. E che questo sia stato fatto a bella posta, per reazione alle giugulatorie condizioni della commissione da parte del conte Walsegg, che gli imponevano di non rivelare mai la sua autorialità. Ma questo è un altro discorso, un altro ramo (peraltro fondamentale) della complicata ed efficacissima “fake” costruita intorno al Requiem.

Il festival Vicenza in Lirica è sempre particolarmente attento al grande repertorio sacro vocale-strumentale. L’anno scorso aveva proposto un’interessante versione con completamento realizzato oggi (e chiaramente indicato) della Messa in Do minore (https://www.lesalonmusical.it/vicenza-il-completamento-del-torso-mozartiano/), l’anno prossimo – è stato annunciato – affronterà lo Stabat Mater di Rossini e intanto lunedì scorso ha completato l’ideale tour delle incompiute sacre mozartiane appunto con il Requiem, proposto in un teatro Olimpico al gran completo ed entusiasta, che ha decretato all’esecuzione una decina di minuti di applausi e chiamate.

Se dovessimo riassumere in un aggettivo il carattere dell’esecuzione proposta da Marco Comin alla guida della spigliata e impegnata Camerata Musicale Città di Arco, diremmo che è stata antiretorica. Fraseggio incisivo, tempi quasi sempre spigliati, colori orchestrali (in uno strumentale che mette in primo piano le linee scure di fagotti e corni di bassetto, oltre ai famosi – e discussi – tromboni “concertanti” nel Tuba mirum) spesso ma non sempre delineati a dovere. A volte, infatti, l’impeto del coro Iris Ensemble istruito da Marina Malavasi ha preso il sopravvento, rendendo un po’ precario l’equilibrio fra le parti. È accaduto specialmente in alcune pagine drammatiche del Dies Irae, e si è avuta l’impressione che la difficile acustica dell’Olimpico e la disposizione degli esecutori (orchestra nella “buca” della platea, coro sulla scena) abbia in ciò avuto un ruolo importante. In generale, tuttavia, l’Iris Ensemble si è confermato coro che canta assai bene, sa il fatto suo dal punto di vista stilistico, si propone con apprezzabile duttilità espressiva e con rilevante precisione nelle trame contrappuntistiche.

Notevole il quartetto dei solisti. Il tenore Roberto Manuel Zangari ha sfoggiato colore chiaro e accattivante, ancorché in una linea di canto non sempre controllata al meglio, mentre il basso Riccardo Zanellato si è proposto con musicalità sapiente e coinvolgente qualità di colore di fraseggio. Le due voci femminili hanno avuto nel soprano Barbara Frittoli e nel contralto Sara Mingardo due protagoniste di assoluto fascino, su versanti diversi. Frittoli ha fraseggiato con la misura e la sorvegliata eleganza musicale della grande interprete operistica al cospetto del repertorio sacro settecentesco; Mingardo ha mostrato come la seducente qualità del suo timbro sia elemento sostanziale in una sapienza vocale e di stile che ogni volta si afferma come elemento interpretativo puro e superbamente comunicativo. A loro sono andati, alla fine, gli applausi più calorosi.

Cesare Galla
(4 settembre 2023)

La locandina

Direttore Marco Comin
Soprano Barbara Frittoli
Contralto Sara Mingardo
Tenore Roberto Manuel Zangari
Basso Riccardo Zanellato
Orchestra Camerata Musicale Città di Arco
Coro Iris Ensemble
Maestro del coro Marina Malavasi
Programma:
Wolfgang Amadeus Mozart
Requiem in Re minore K626

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