Vicenza: Un tris d’Assi per Schumann e Brahms.

Una serata cameristica nel vero senso della parola quella proposta dalla Società del Quartetto, nella quale un formidabile trio ha affrontato un programma con pagine che potrebbero definirsi in qualche modo  “di nicchia”, composte in un arco di tempo tanto ristretto quanto ricco di innovazioni per quanto attiene all’evoluzione degli strumenti e del corno in particolare.

A Lorenza Borrani, astro nascente del violinismo internazionale che nell’occasione suona un Santo Serafino 1745 montato in interamente in budello, è toccato il compito di condurre il pubblico nello spirito del concerto con una breve e sapida introduzione. La scelta di strumenti d’epoca, Alexander Lonquich siede ad un pianoforte Bechstein del 1870, fieramente malinconico nel colore, trattandolo con un’intimità che sembra venire da un’altra dimensione, mentre il Wienerhorn di Alec Frank-Gemmill incarna la forma intermedia fra l’antico Windhorn ed il moderno Ventilhorn, non è casuale, anzi. Il trio ha intensamente cercato un suono non eccessivo nei volumi, dal legato talora più complesso ad ottenersi e comunque conseguito, intimo, raccolto; risultato che non può essere ottenuto se non con l’impiego di strumenti d’epoca.

Composizioni raccolte in una manciata di anni, non più di quindici, se si eccettuano gli Studi in forma di variazione WoO 31, nelle quali Robert Schumann e Johannes Brahms sembrano voler narrare di amori leggeri, di canti popolari, di pene d’amore e soprattutto di natura.

L’ Adagio e allegro in La bem. magg. per corno e pianoforte op. 70 di Schumann corre volubile come gli amori di un adolescente, pieni di fuoco e di dubbi.
Frank-Gemmil, primo corno della Scottish Camber Orchestra, padroneggia lo strumento con classe assoluta traendone una variegata gamma di colori in un continuo dialogo col pianoforte di Lonquich che a sua volta trova costantemente il giusto accento.
Nel capolavoro che è la Sonata n. 2 in Re min. per violino e pianoforte “Grosse Sonate” op. 121, composta da uno Schumann maturo, il violino dalle arcate turgide della Borrani trova perfetta sintonia col pianoforte, instaurando una totale unità di intenti che trova piena realizzazione in un fraseggio rigoglioso.
Straordinariamente introspettivi risultano gli Studi in forma di variazione su tema di Beethoven WoO 31, sempre di Schumann, con Lonquich che attinge ad un’inesauribile tavolozza di toni ora malinconici, ora accesi, il tutto a dar vita ad una narrazione inesausta e ammaliante.

A chiudere il programma il Trio in Mi bem. magg. per corno, violino e pianoforte op. 40 di Brahms, una dei pochi impaginati scritto per i tre strumenti nel quale l’amore dell’autore per la natura e per i motivi popolari mostra in tutta la sua pienezza a comincia dal sereno Andante iniziale per accendersi nello Scherzo e nel Trio successivi, culminando, dopo un Adagio meditabondo, in un Allegro con brio che ricorda le danze sull’aia.

Qui corno, violino e pianoforte si inseguono, si prendono e si lasciano, come farfalle portate da una brezza leggera di primavera ed in questo senso ci sembra andare l’interpretazione di Lonquich, della Borrani e di Frank-Gemmill, leggera nella forma e profonda nella sostanza  a creare un sottile gioco ritmico e dinamico.

Il pubblico apprezza e consacra la serata a un successo pieno, suggellato da un bis schubertiano, la trascrizione per corno violino e pianoforte del Lied “Licht un Liebe”.

Alessandro Cammarano

(Vicenza, 29 gennaio 2018)

La locandina

Violino Lorenza Borrani violino
Corno Alec Frank-Gemmill
Pianoforte Alexander Lonquich
Robert Schumann
Adagio e allegro in La bem. magg. per corno e pianoforte op. 70
Sonata n. 2 in Re min. per violino e pianoforte “Grosse Sonate” op. 121
Studi in forma di variazione su tema di Beethoven WoO 31
Johannes Brahms
Trio in Mi bem. magg. per corno, violino e pianoforte op. 40

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