Victor Sicard cesella le mélodies di Ravel
È incomprensibile il poco favore di cui le mélodies di Ravel godettero presso i suoi contemporanei; ad accoglienze tiepide si alternarono vere e proprie manifestazioni di dissenso capaci talora – come avvenne alla prima delle Chansons Madécasses – di interrompere l’esecuzione.
Il compositore fu accusato dai “tradizionalisti” di aver tradito lo spirito stesso della forma musicale, di essersi avvicinato alla Seconda Scuola Viennese – cosa poi ci sarebbe stato di male non si sa – e di aver scelto testi poetici “scomodi” e inadatti ad essere musicati.
Il tempo ha dato ragione a Ravel: le sue mélodies sono capolavori d’introspezione, tormentate come quelle di Duparc e al contempo piene di speranza al pari di quelle di Chausson ma sempre e comunque personalissime, oltre a rappresentare un viaggio articolato nella tradizione musicale popolare – rivista in chiave colta – non solo europea.
Il baritono Victor Sicard è protagonista insieme alla pianista Anna Cardona – con Aurélien Pascal al violoncello e il flauto di Mathilde Calderini nelle Chansons Madécasses – della bella registrazione realizzata dall’etichetta francese La Musica dei cicli tra i più significativi della produzione raveliana proponendo un viaggio articolato attraverso le seduzioni sonore che vanno dal folklore all’esotismo ma tutte ricondotte ad un’esemplare visione estetica e formale.
Sicard, forte della sua ampia frequentazione con il repertorio barocco, offre un’interpretazione poggiata su una tavolozza cromatica ricca di sfumature, attenta alla parola intesa già di per se stessa come suono.
In Don Quichotte à Dulcinée le morbide eco spagnole sono rese da Sicard con accenti capaci di trovare sempre il giusto equilibrio, così come nelle dirompenti Chansons Madécasses si ritrovano perfettamente l’estasi di “Nahandove” e l’urlo disperato di “Aoua” con quel terribile e verissimo “Méfiez-vous des blancs” – diffidate dell’uomo bianco – che fece scandalo.
La voce brillante di Sicard si piega duttile alle spirali del “Kaddish” e vibra sicura nei Cinq chants populaires per calarsi poi nelle onomatopee delle Histoires Naturelles e nei richiami arcaici delle Cinq Mélodies populaires greques.
La chiusura con Ronsard à son âme e Sur l’herbe riconduce alla meditazione e qui Sicard lavora di cesello in un fraseggiare pieno d’intimità.
Il dialogo con il pianoforte trasognato e mobilissimo – un Pleyel 1892 – di Anna Cardona si tramuta subito in un’osmosi capace di creare un equilibrio perfetto tra strumento e voce.
Ottima la presa di suono che mantiene l’idea di uno spazio raccolto.
Alessandro Cammarano
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