Uno spettacolo perfetto, e per giunta, in bianco e nero. A Vienna è in scena, alla Volksoper, Axel an der Himmelstür, ed è un successo.
Non opera, ma Operetta, questa produzione insegna da subito molte cose. La prima, indubbiamente, è che non esistono solo i soliti pochi e troppo noti titoli che vengono proposti in Italia, laddove comunque si decida di mettere in scena un’Operetta.
In aggiunta, si può capire che non esistono solo operette che impiegano un cast numerosissimo, e che se c’è una regia intelligente, questi spettacoli potrebbero avere ancora un seguito molto forte.
Si aggiunga inoltre che la genesi del musical, in questo caso si vede molto chiaramente, con la complicità di una tecnica di canto meno impostato e con melodie più accattivanti.
È passato molto tempo da quel 1 settembre del 1936, quando alla prima mondiale, Ralph Benatzky ha presentato il suo nuovo lavoro, ispirato al film Grand Hotel del 1932 e con una protagonista, Gloria Mills, che sembra il ritratto di Greta Garbo. È questa scelta che offre a Benatzky l’occasione di scegliere come protagonista un contralto, e non il classico soprano o mezzo soprano che furoreggiano nelle operette.
Ma chi è Axel? Un reporter squattrinato, disposto a tutto per avere la sua grande occasione. È per questo che si presenta negli studios in cui la Mills sta girando il suo ultimo film sperando di ottenere un’intervista. La Mills, che è incappata nell’ennesima relazione con l’uomo sbagliato, si sente oppressa dalla sua carriera, e vorrebbe interrompere le riprese. Con una serie di stratagemmi Axel riuscirà a salvare la diva da un rapporto sbagliato, a evitare che venga derubata e addirittura a passare una notte con lei, ritrovandosi addirittura con un’intervista pubblicata, che non ha nemmeno scritto prima di un finale che concilia tutto.
Alla Volksoper Peter Lund ha fatto un capolavoro.
Una regia che richiama i film degli anni trenta ma che lo fa tenendo conto della tecnologia del nuovo millennio. Le proiezioni si fanno scenografia, e i sogni diventano realtà con una armonia e un’eleganza che sbalordiscono.
Precisa e vivace la direzione del maestro Lorenz C. Aichner, che passa dal blues, al tango allo yodelling con grande versatilità. Molto chic anche i costumi di Daria Kornysheva, che hanno indubbiamente amplificato l’effetto della messinscena.
In uno spettacolo in bianco e nero, in cui tutto sembra in una dimensione inusuale, svetta Bettina Mönch, che interpreta la diva. Altissima, bellissima e straordinaria come attrice, come cantante e come ballerina.
Andreas Bibier è invece Axel, un po’ fumetto, un po’ rubacuori. Stupenda anche l’interpretazione di Juliette Khalil, la segretaria Jessie, che con il suo piglio e la sua grande voce ha divertito il pubblico.
Bravi tutti, precisi, intonati, e credibili. In questa operetta, ambientata a Hollywoodland, c’è spazio per tutto, anche per una generosa presa in giro di Vienna, tra Strauss, Lehár e l’imperatore Francesco Giuseppe che il pubblico viennese accoglie con sonore risate.
Non manca nemmeno un divertissement sull’operetta e sui suoi luoghi comuni.
Insomma fino al 2020 una gita a Vienna è da programmare, per un tuffo negli anni ’30 che sa emozionare.
Sarah Del Sal
(15 marzo 2019)
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