Vienna: un’altra idea di Norma
Il 7 marzo è andata in scena al Theater an der Wien l’ultima recita della tanto discussa “Norma con Asmik Grigorian”. In realtà, nonostante fosse tra i più evidenti elementi di interesse della produzione, Grigorian non era certo l’unica. La regia di Vasily Barkhatov era altrettanto motivo di curiosità, così come Aigul Akhmetshina nei panni di Adalgisa, Freddie De Tommaso come Pollione e Francesco Lanzillotta alla guida dei Wiener Symphoniker. Insomma, un insieme di cast, regia e direzione decisamente particolare – e particolare questa Norma lo è stata davvero.
Senza prolungarsi troppo nella descrizione di una produzione ampiamente coperta dalla stampa internazionale (anche per la compresenza a Vienna di un’altra Norma alla Staatsoper – compresenza dovuta agli spostamenti delle produzioni da Covid e non da mancato coordinamento), si può comunque riassumere l’idea di fondo così: la priorità per questa produzione era mettere al centro il teatro.
E ci sono riusciti. Norma è uno di quei titoli appartenenti alla categoria degli “intoccabili”. Vuoi per una grande mitologia di interpreti e di testimonianze video e discografiche, vuoi per l’impervia difficoltà dei ruoli, mettere in scena Norma è una sfida da cui sembra non si possa uscire vincitori. All’An der Wien, invece, ce l’hanno fatta e si sono sicuramente distaccati non poco dall’idea di Norma più diffusa, non hanno per questo tradito l’anima più profonda dell’opera.
Chiaramente presentare Norma con una cantante come Asmik Grigorian nel ruolo del titolo già imponeva di prendere le distanze dalla prassi del tardo Belcanto: niente da capo irti di fioriture, niente orchestra in punta di piedi per apprezzare l’idilliaco acuto in pianissimo che si spegne morendo. Approfittando di voci stentoree abituate a palchi ben più spaziosi del piccolo Theater An der Wien e di un’orchestra di grande spessore sinfonico come i Wiener Symphoniker, Lanzillotta si prende lo spazio per sviluppare un tessuto orchestrale ricco di voci e di carattere, tracimante e tempestoso, senza però problemi di equilibrio tra buca e palco. Non solo, ma un certo elemento brillante e a tratti persino ruvido nell’orchestra, di per sé già sorprendente visto l’abituale suono morbido viennese, ha rievocato alla mente il primo Verdi, collocando fermamente Bellini nel pieno contesto di un Ottocento in tumulto musicale.
Molto coerentemente, anche la regia ha offerto una lettura più asciutta e drammatica, mettendo l’accento sullo scontro politica-vita personale, ma soprattutto rendendo magnificamente tutta l’oppressione della vita dei personaggi, costretti tra la vita di una fabbrica in cui realizzare busti del nuovo Leader Supremo (al posto delle precedenti statue sacre) e gli squallidi monolocali dal soffitto basso in cui si consuma il dramma familiare. Molto efficace l’allestimento, ottime scene e costumi, recitazione eccellente, stona solo il finale, con Pollione che interviene a salvare Norma, che è parso un tradimento del testo superfluo al contesto narrativo.
Il cast, come si diceva, non è il primo che verrebbe in mente pensando a Norma. La voce di Asmik Grigorian non è probabilmente fatta per cantare Bellini, ma è interessante vedere come il soprano lituano – evidentemente conscia dei suoi limiti – ci abbia giocato intorno per tutta l’opera, mostrando comunque un’invidiabile tecnica e interpretando una Norma più aspra, secca, amareggiata dalla vita, capace di grandi falcate drammatiche. A fare il resto ci ha pensato la sua indiscussa maestria nell’interpretare ogni nota, ogni gesto scenico con una pregnanza di significati e una grazia scenica tale che su ogni saltello, smorfia e gesticolare di mani si potrebbe pontificare per ore.
De Tommaso è un Pollione per contro piuttosto sgraziato, non senza bei momenti, ma che alla fine si confronta con un personaggio di per sé non proprio l’emblema dello spessore psicologico senza ridisegnarne i confini. De Tommaso carica il fiato e riversa colate di voce che asfaltano un po’ ciò che si trova davanti, ma che tutto sommato funzionano con la messa in scena di Barkhatov, una volta acuto nell’utilizzare il suo cast. Strepitosa invece Aigul Akhmetshina, un’Adalgisa tormentata e dilaniata dal dubbio, affrontata con voce pastosa e plasticamente adagiata ad ogni necessità, capace di reggere il confronto con Grigorian e De Tommaso per volume, eppure più flessibile e ricca di nuance vocali. Come presenza scenica chiaramente non è Asmik Grigorian, ma funziona bene in una regia che, mi scuso per la ripetizione, sa evidentemente cosa sta facendo con i suoi cantanti.
Buoni sia vocalmente che attorialmente l’Oroveso di Tareq Nazmi e la Clotilde di Victoria Leshkevich, bene il Flavio di Gustavo Quaresma. Sorprendente la tenuta di tutto il cast: questa era l’ultima recita, ma solo verso la fine del secondo atto hanno cominciato ad essere più manifesti i segni di una inevitabile stanchezza. Usciti dal Teatro, saturato di applausi e ovazioni, di questa Norma rimane un senso di gratitudine per una produzione che, con le sue particolarità e la sua originalità, ha lasciato un segno destinato a rimanere a lungo.
Alessandro Tommasi
(7 marzo 2025)
La locandina
Direttore | Francesco Lanzillotta |
Regia | Vasily Barkhatov |
Scene | Zinovy Margolin |
Costumi | Olga Shaishmelashvili |
Luci | Alexander Sivaev |
Live Action Design | Ran Arthur Braun |
Drammaturgia | Kai Weßler |
Personaggi e interpreti: | |
Norma | Asmik Grigorian |
Adalgisa | Aigul Akhmetshina |
Pollione | Freddie De Tommaso |
Oroveso | Tareq Nazmi |
Clotilde | Victoria Leshkevich |
Flavio | Gustavo Quaresma |
Wiener Symphoniker | |
Arnold Schoenberg Chor | |
Maestro del Coro Erwin Ortner |
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