Zurigo: che meraviglia Die Walküre con la staffetta
Il 18 ottobre è terminata all’Opernhaus di Zurigo la nuova produzione de Die Walküre, secondo capitolo del Ring che il teatro svizzero sta mettendo in scena tra 2022 e 2023, capitanato dal direttore musicale Gianandrea Noseda e dal sovrintendente e regista Andreas Homoki. Prima che si levasse il sipario, l’annuncio sul proscenio: Patricia Bardon, (Fricka) è indisposta, Christa Mayer è in volo da Dresda e atterrerà di lì a pochi minuti, arrivando in teatro giusto in tempo per cantare nel secondo alto da bordo palco, mentre Bardon reciterà sul palco.
Questo cambio non ha poi penalizzato troppo lo spettacolo, anche se Bardon aveva dato un’ottima prova al Rheingold di maggio. Il primo capitolo della Tetralogia aveva in generale creato grandi aspettative su questo Ring. Die Walküre ha confermato le attese, anche se un po‘ di stanchezza generale si è percepita – parliamo pur sempre dell’ultima recita, che si è svolta peraltro dieci giorni dopo quella precedente.
Questa stanchezza, però, non ha mai indebolito lo spettacolo. Il principale merito della serata, come per il Rheingold, va alla direzione di Noseda, che pur concedendosi qualche abbandono lirico, è riuscito a tenere insieme il denso e dettagliato materiale, al contempo trasformando il suono della Philharmonia Zürich con grande plasticità timbrica e dinamica. La flessibilità, la perfetta costruzione dei climax e una chiara direzionalità di fraseggio hanno permesso a tutta l’opera di scorrere liberamente, al punto che al termine delle cinque ore si sarebbe volentieri ricominciato tutto da capo. Solo in alcuni passaggi, penso ad esempio alla lunga scena tra Wotan, Brünnhilde e le altre otto Valchirie, la dinamica ha ecceduto verso un troppo forte in cui si è persa la tessitura polifonica, ma in tutto il resto dell’opera Noseda e la Philharmonia Zürich sono riusciti sempre a calibrare bene il suono, apparendo sì maestosi ma non eccessivi.
La regia di Homoki prosegue coerentemente con l’Oro del Reno. Viene riproposta la piattaforma su cui ruotano i candidi interni di una casa alto borghese. I costumi dal taglio ottocentesco si inseriscono benissimo in quello che è di fatto un dramma familiare. Tutta questa produzione sembra voler spogliare gli dei della loro divinità. Wotan è un uomo che ha ottenuto del potere e, come ogni uomo di potere, è terrorizzato dall’idea che qualcuno (Alberich) possa toglierglielo, dunque cerca costantemente di rafforzare la sua posizione, di accentrare sempre più potere nelle sue mani. Così facendo, però, Wotan stringe i lacci che lo imprigionano: il prezzo da pagare per il potere è la libertà e quando deve dire addio sia a Siegmund che alla prediletta Brünnhilde, il pianto in cui scoppia Wotan ne mostra un’umanità quasi verdiana (mi perdoni Richard Wagner), in cui il padre sacrifica alla ragion di stato e alla morale borghese i suoi figli più amati.
Tutto questo non sarebbe ovviamente possibile senza un cast che non solo riesce a reggere le parti, ma mostra in ogni gesto uno studio attento dei personaggi. Wotan è sempre Tomasz Konieczny, che risulta un po’ meno brillante e centrato rispetto al Rheingold, ma continua a dare un’interpretazione splendida del complesso personaggio. Al debutto come Brünnhilde è Camilla Nylund, a tratti un po’ in difficoltà per il volume (Noseda non fa prigionieri), ma per il resto capace di splendidi momenti. La sensazione però è che nel personaggio della Valchiria si possa andare più a fondo, soprattutto nei dilemmi interiori tra rigida applicazione della volontà paterna e la comprensione di una verità interiore più sfaccettata. Resta la curiosità di vedere come si svilupperà la sua interpretazione nel prossimo capitolo della saga. Notevole Christa Mayer, che nonostante l’inesistente preavviso ha cantato con ferma sicurezza tutta la parte di Fricka. Brava anche Patricia Bardon, che nonostante l’indisposizione e la scena muta, è riuscita a rendere attorialmente il senso del personaggio.
Brave tutte le Valchirie (le cito per completezza: Sarah Cambidge, Julie Adams, Justyna Bluj, Anna Werle, Simone McIntosh, Susannah Haberfeld, Freya Apffelstaedt, Nana Dzidziguri), anche se a tratti un po’ in difficoltà. Non erano facilitate, né dalla corpulenta direzione di Noseda, né dalla regia di Homoki, che qui ha avuto forse la sua unica défaillance nel montare sulle eroiche valchirie delle abbastanza ridicole teste di cavallo, da cui il volto delle cantanti sbucava come nei costumi carnevaleschi. Capisco l’identificazione delle amazzoni coi loro destrieri, ma l’effetto era di una comicità (credo) involontaria che toglieva forza alla freschezza selvaggia delle fanciulle, così perfettamente realizzata dalla musica di Wagner. Ottimo il Siegmund di Eric Cutler, al debutto nel ruolo, che ha mostrato una voce limpida e stentorea, perfetta per la purezza istintiva dell’eroe wagneriano, capace di sovrastare la densa orchestrazione senza spingere o perdere di qualità. Altrettanto ottimo ma ancora più convincente sulla scena l’Hunding di Christof Fischesser. Sugli scudi la Sieglinde di Daniela Köhler, perfetta vocalmente e attorialmente, capace di tratteggiare la morbosità del suo personaggio, la purezza macchiata dalla violenza che la strappa al nucleo famigliare per farne la donna di un altro, la carica erotica che è pulsione verso la naturale unione con il fratello (scandalosa per la borghese Fricka), così come l’instabilità della mente che presto la porta al delirio. La capacità di Köhler di rappresentare i repentini cambi di umore di Sieglinde ha reso il personaggio sempre credibile e una chiara idea animava con evidenza ogni suo gesto.
Un’ultima menzione va al meraviglioso dialogo Wotan-Fricka e ancor più al dialogo Wotan-Brünnhilde nel terzo atto, ultima scena dell’ultima recita, in cui Konieczny e Nylund hanno dato tutto ciò che avevano. La mobilità dei personaggi studiata da Homoki, la tenuta drammatica di Noseda, la credibilità trovata dai cantanti hanno permesso anche ai momenti più statici dell’opera di non sedersi mai, di non spegnersi o perdersi, ma di mantenere sempre palpabile la tensione tra i personaggi. Non è un caso che, al termine del terzo atto, il teatro sia letteralmente esploso in un boato fragoroso di applausi, con standing ovation a tutti i protagonisti. Il Ring Noseda-Homoki prosegue a marzo con Siegfried, che dovrà ora confermare la doppietta di successi dei primi due capitoli.
Alessandro Tommasi
(18 ottobre 2022)
La locandina
Direttore | Gianandrea Noseda |
Regia | Andreas Homoki |
Scene e costumi | Christian Schmidt |
Luci | Franck Evin |
Drammaturgia | Werner Hintze, Beate Breidenbach |
Personaggi e interpreti: | |
Siegmund | Eric Cutler |
Hunding | Christof Fischesser |
Wotan | Tomasz Konieczny |
Sieglinde | Daniela Köhler |
Fricka | Christa Mayer |
Brünnhilde | Camilla Nylund |
Helmwige | Sarah Cambidge |
Gerhilde | Julie Adams |
Ortlinde | Justyna Bluj |
Waltraute | Anna Werle |
Siegrune | Simone McIntosh |
Rossweisse | Susannah Haberfeld |
Grimgerde | Freya Apffelstaedt |
Schwertleite | Nana Dzidziguri |
Philharmonia Zürich |
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