Zurigo: chiude in trionfo il Ring di Noseda/Homoki
Con Götterdämmerung si è concluso questo novembre il Ring di Richard Wagner messo in scena dall’Opernhaus Zürich con la direzione del suo direttore musicale, Gianandrea Noseda, e la regia del suo sovrintendente, Andreas Homoki. Ad accogliere anche la serata oggetto della recensione, il 24 novembre, quinta di sei recite, un teatro traboccante di pubblico già pronto all’ovazione all’ingresso di Noseda, a dimostrazione delle attese entusiaste per l’ultimo capitolo di una saga che ha raccolto ampi successi di pubblico e di critica, celebrati dall’OPER! AWARD a Noseda come miglior direttore anche e proprio grazie ai primi due capitoli della Tetralogia.
È subito evidente, infatti, che questo sia innanzitutto il Ring di Noseda. Non che la regia di Homoki non abbia i suoi punti di forza: il regista tedesco sceglie un approccio limpido, procedendo per sottrazione, sfrondando e semplificando anziché indulgere in simbolismi e sovrastrutture che corrono il rischio di appesantire e a volte persino ostacolare la drammaturgia wagneriana, ma al contempo facendo affidamento su un team creativo solido, capace di mettere a punto una regia coerente ed efficace, dritta al punto e pulita. Anche troppo pulita.
Il rischio di tutto il Ring, particolarmente evidente in questo ultimo Crepuscolo degli dei, è di attenersi ad un didascalismo che diventa astenersi da un’interpretazione, interamente o quasi affidata allo spettatore. Ma nessun gesto artistico può essere davvero oggettivo e molte domande restano aperte. Può Götterdämmerung risolversi in un dramma borghese consumato tra le mura della bianca piattaforma rotante che ha dominato le scene di tutti e quattro i capitoli?
Come dare coerenza all’opera rispetto alle tre precedenti senza perdere di spessore? E perché fare atto di rinunciare e abbassare (anticlimaticamente) il sipario sulla Marcia funebre per Siegfried e a più e più riprese anche nel finale? Laddove la pira su cui si immola per amore Brünnhilde e l’incendio del Valhalla portano ad una catarsi nel fuoco, la regia sceglie di interrompere il dialogo con lo spettatore e tutto si spegne nel nulla, il sipario si riapre su Wotan che osserva il dipinto del Valhalla in fiamme e il sipario cala di nuovo per riaprirsi sulle solite mura bianche ora disabitate, in un percorso che ripercorre palindromicamente il Rheingold. Senz’altro chiaro il messaggio, ma serviva qualcosa in più per riuscire a costruire il finale che questa produzione si merita.
Innegabile però è il gran lavoro fatto con i cantanti, già manifestatosi negli altri capitoli, ma riconfermato da Götterdämmerung. Ogni personaggio si muove sul palco con una gestualità carica di carattere, differenziando con grande abilità l’impettito e frustrato Gunther dall’ambiguo e sfuggente Hagen, il fanciullesco (fino al comico) Siegfried dalla profonda espressività di Brünnhilde. In questo, il lavoro di Homoki è aiutato dalla tenuta drammatica di Noseda e da un cast eccellente, veramente a suo agio nonostante i molti debutti delle parti.
Klaus Florian Vogt è un ottimo Siegfried, seppur un po’ affaticato alla quinta recita, dal timbro chiaro e squillante che caratterizza notoriamente il tenore tedesco, perfettamente coerente per voce e recitazione con la lettura di un Siegfried bambinone mai cresciuto. Splendida la Brünnhilde di Camilla Nylund, che di opera in opera ha dato prove sempre più convincenti, arrivando in quest’ultimo capitolo a dominare completamente il ruolo, lasciando a tratti senza fiato e con le lacrime agli occhi nel grandioso finale, tra le musiche più sublimi mai scritte, soprattutto quando interpretate così. Bene il Gunther di Daniel Schmutzhard, meravigliosa la Gutrune di Lauren Fagan. Evidentemente a suo agio, Fagan è riuscita a dare uno spessore drammatico sfaccettato a Gutrune, facendo affidamento su un’emissione solida e pulita, capace di begli slanci, ma anche di addolcire e arrotondare il timbro.
Una certezza l’Alberich di Christopher Purves, poco presente in Götterdämmerung, ma capace in poche frasi di riportare alla mente l’eccellente lavoro di costruzione del personaggio condotto nell’intera Tetralogia. Ottimo l’Hagen di David Leigh, già presente in Siegfried come Fafner in cui aveva convinto per la sua voce scura e ampia, non sempre abbastanza compatta da riuscire a passare agevolmente la buca, ma dal bel timbro e capace di grande flessibilità nella dizione.
Molto bene tutti i comprimari: la Waltraute di Sarah Ferede, le tre Norne Freya Apffelstaedt, Lena Sutor-Wernich, Giselle Allen, e le tre figlie del Reno Uliana Alexyuk (Woglinde), Niamh O’Sullivan (Wellgunde) e Siena Licht Miller (Floßhilde).
Di Gianandrea Noseda ho già scritto abbondantemente nelle precedenti recensioni del Ring: sanguigno ma non esaltato, drammatico ma non esasperato, capace di dosare con sicurezza gli equilibri tra buca e palco, senza per questo smorzare la tensione, a lui si deve molto della riuscita di questa impresa. L’entusiasmo che ha accolto il direttore milanese ad ogni suo ingresso è stato pari solo a quello per la Philharmonia Zürich, in evidente stato di grazia, e (in misura minore) per il Coro dell’Opernhaus.
Di Gianandrea Noseda ho già scritto abbondantemente nelle precedenti recensioni del Ring: sanguigno ma non esaltato, drammatico ma non esasperato, capace di dosare con sicurezza gli equilibri tra buca e palco, senza per questo smorzare la tensione, a lui si deve molto della riuscita di questa impresa. L’entusiasmo che ha accolto il direttore milanese ad ogni suo ingresso è stato pari solo a quello per la Philharmonia Zürich, in evidente stato di grazia, e (in misura minore) per il Coro dell’Opernhaus.
Ovazioni e applausi confluiti in una standing ovation a fine recita, a celebrare una produzione del Ring da non perdere, sia con l’ultima recita di Götterdämmerung il 3 dicembre, sia con la maratona che a maggio vedrà il teatro affrontare tutti e quattro i titoli nel giro di pochi giorni, in due cicli completi. L’occasione giusta per chi voglia affrontare, anche per la prima volta, un Ring completo dal vivo.
Alessandro Tommasi
(24 novembre 2023)
La locandina
Direttore | Gianandrea Noseda |
Regia | Andreas Homoki |
Scene e costumi | Christian Schmidt |
Video designer | Tieni Burkhalter |
Lighting designer | Franck Evin |
Drammaturgia | Werner Hintze, Beate Breidenbach |
Personaggi e interpreti: | |
Siegfried | Klaus Florian Vogt |
Gunther | Daniel Schmutzhard |
Alberich | Christopher Purves |
Hagen | David Leigh |
Brünnhilde | Camilla Nylund |
Gutrune | Lauren Fagan |
Waltraute | Sarah Ferede |
Erste Norn | Freya Apffelstaedt |
Zweite Norn | Lena Sutor-Wernich |
Dritte Norn | Giselle Allen |
Woglinde | Uliana Alexyuk |
Wellgunde | Niamh O’Sullivan |
Floßhilde | Siena Licht Miller |
Wotan | Wolfram Schneider-Lastin |
Stunt | Valentin Lendenmann |
Philharmonia Zürich | |
Chor der Oper Zürich | |
Statistenverein am Opernhaus Zürich | |
Maestro del coro | Ernst Raffelsberger |
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