Zurigo: il miracolo di Herbert Blomstedt
Che cosa faccia Herbert Blomstedt alle orchestre, ancora non l’ho capito. Arriva sul palco, si siede con fatica, i movimenti sono ormai ridotti a causa dell’età, eppure trae dall’orchestra un entusiasmo e una concentrazione che hanno del prodigioso. D’altronde, prodigioso è lui stesso: il direttore svedese, a 95 anni passati dopo una pericolosa caduta che lo ha costretto ad alcune cancellazioni a luglio, già a settembre era di nuovo sul podio dei Berliner Philharmoniker e da allora ha ripreso senza più pause fino ad oggi. Ovviamente, vederlo per la prima volta dirigere seduto fa un certo effetto, ma comunque lui c’è, indifferente ad ogni barriera fisica che gli si possa porre davanti.
Il concerto di Blomstedt con la Tonhalle-Orchester di Zurigo di giovedì 8 dicembre era uno di quelli che valevano il viaggio. Il programma, necessariamente stringato, ha visto la Quarta Sinfonia di Schubert contrapposta alla Seconda Sinfonia di Berwald, detta “la Capricciosa”, due autori particolarmente vicini alla sensibilità di Blomstedt. Di Berwald, Blomstedt si è fatto paladino per anni, in un percorso di riscoperta di autori svedesi e in generale scandinavi quali l’altrettanto poco comune Stenhammar e il più noto (ma comunque rarissimo) Nielsen.
Da un direttore di 95 anni che dirige Schubert ci si potrebbe attendere un approccio pacato, una ricerca estrema di sfumature, una magistrale cura delle linee melodiche, un metronomo dilatato nella contemplazione del materiale musicale. Complice il piglio giovanile della Sinfonia (Schubert non aveva che 19 anni appena compiuti, quando la terminò), il risultato è stato invece completamente opposto. Sotto le mani di Blomstedt, la Tonhalle-Orchester ha trovato un vigore ardente e lo sguardo del direttore sembrava infondere nella compagine un entusiasmo da orchestra giovanile. Frequentissimi gli scambi di sguardi (senz’altro anche per coordinarsi al meglio con la spalla), ma anche senza guardarsi gli archi mostravano un’attenzione e un ascolto reciproco – oltre che uno schietto divertimento – che non è poi così comune trovare in un’orchestra stabile. Questo ha aiutato senza dubbio il lavoro di Blomstedt, solito focalizzarsi sulle voci interne, facendo emergere controcanti e dettagli di fraseggio che innervano e sostengono le voci principali. Come mostrato dalla concisa e affannosa Quarta di Schubert, non a caso definita “Tragica”, questo approccio non si trasforma mai in una dimostrazione autocelebrativa, in un virtuosismo capriccioso e puramente intellettuale, ma è un naturale approdo di quella semplice schiettezza che caratterizza Blomstedt. Non a caso il direttore tende sempre a porre in rilievo le dissonanze, che non copre né arrotonda immergendole nell’impasto degli archi. Al contrario, per dare risalto agli urti Blomstedt insiste sui fiati e soprattutto sui legni – bravi ma non al livello degli archi, soprattutto flauti e tromboni (per Berwald).
Dopo l’intervallo, all’ossuto Schubert di Blomstedt ha risposto il florido Berwald della Sinfonia “Capricciosa”. Perduta la partitura nell’Ottocento, quella che ascoltiamo oggi è una ricostruzione (ben fatta) dei primi del Novecento ad opera di Ernst Elberg, che ne ha ricostruito l’orchestrazione partendo da schizzi e indicazioni del compositore svedese. Berwald è una bizzarra creatura: le sue Quattro Sinfonie sono degli anni ’40 dell’Ottocento e mostrano influenze da Weber e Mendelssohn, ma il compositore nacque in realtà un anno prima di Schubert e i suoi primi lavori orchestrali risalgono ai tardi anni ’10 del secolo, quindi contemporanei alle prime Sinfonie del compositore viennese. In ogni caso è evidente la ragione per cui Blomstedt ha dedicato tanto impegno alla rivalutazione di questo compositore. La Seconda di Berwald non è probabilmente un capolavoro, ma contiene molti splendidi spunti, tra cui un uso degli archi generoso e dalle sonorità rigonfie, una caratterizzazione spiccata dei legni e soprattutto alcuni punti di accesa intensità espressiva, che sembrano sgorgare inattesi, riutilizzando materiali tematici in improvvise impalcature polifoniche. Un esempio su tutti è il secondo dei tre tempi della Sinfonia, un Andante di notevole respiro poetico che a tratti sembra già prefigurare una dolcezza espressiva che sarà di Grieg.
Da segnalare anche il terzo movimento, Allegro assai, abbastanza ripetitivo in realtà, ma che, se eseguito con la carica e l’energia di Blomstedt, mette in risalto le movenze leggiadre degne del Mendelssohn più elfico, in un turbine di fresco entusiasmo giovanile. In difficoltà a ruotarsi sullo sgabello rettangolare (modello pianoforte), Blomstedt non riusciva che a girarsi parzialmente per salutare il pubblico, ma ad ogni suo giro di sgabello la sala esplodeva in boati e la standing ovation al termine è sembrata avere un certo effetto anche sul direttore. A 95 anni, di cui quasi 70 di carriera ai massimi livelli, di standing ovation uno ne ha viste molte.
Ma forse il segreto di quest’uomo è proprio questo: ogni volta dirige come se fosse la prima.
Alessandro Tommasi
(8 dicembre 2022)
La locandina
Direttore | Herbert Blomstedt |
Tonhalle-Orchester Zürich | |
Programma: | |
Franz Schubert | |
Sinfonia Nr. 4 in Do Minore D 417 «Tragica» | |
Franz Berwald | |
Sinfonie Nr. 2 in Re Maggiore «Capricieuse» |
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