Andrea Cantù racconta la prima edizione del suo Festival Pianistico Internazionale Lago di Lecco
Il territorio lecchese, del quale anche il sottoscritto è natio, ha recentemente visto la nascita del Festival Pianistico Internazionale Lago di Lecco, ambizioso progetto musicale del giovane pianista Andrea Cantù, anch’esso lecchese. I quattro concerti si sono svolti presso la Casa dell’Economia, ed hanno ospitato musicisti di rilievo, quali Pascal Rogé (in duo a quattro mani con Barbara Binet), Yehuda Inbar, Sinziana Mircea; e lo stesso Andrea Cantù – che per l’occasione ha eseguito l’integrale dei 27 Studi di Chopin.
Ecco a voi un’intervista realizzata qualche giorno fa al Direttore Artistico.
- Da poco si è conclusa la prima edizione del Festival Pianistico Internazionale da te organizzato. Come è nato questo progetto? L’hai realizzato da solo?
La mia idea era anzitutto quella di portare a Lecco una ventata di musica internazionale di alta qualità, ma anche di valorizzare la mia collezione di pianoforti storici e fortepiani, rendendoli protagonisti di eventi unici e indimenticabili. Il progetto è stato pensato e realizzato da me, ma non posso evitare di pensare e di ringraziare per il prezioso supporto organizzativo alcuni membri della mia associazione Cantici di Libertà, così come, per il supporto economico, diverse realtà pubbliche e private del territorio.
- Per i concerti è stato adottato, come hai detto, un pianoforte “storico”. Di che modello si trattava?
È stato utilizzato un pianoforte grancoda Erard del 1867, appartenuto al compositore Vincenzo Tommasini, e prima ancora al padre Oreste, importante storico e diplomatico. Si tratta di uno strumento particolarissimo: oltre che essere, dal punto di vista estetico, una meravigliosa opera d’arte – con i suoi profili di ottone incastonati in un palissandro del Rio leggermente scurito, e la sua tastiera in avorio perfettamente conservata – è diretto testimone e rappresentante di quella che si può definire come la “golden age” di costruzione dei pianoforti ottocenteschi francesi, amati dai più grandi musicisti del tempo, quali Liszt, Moscheles, Thalberg.
- Da dove è venuta l’idea di affidarsi a uno strumento di questo tipo?
L’idea di regalare al pubblico del Festival l’ascolto di musica di Schubert, Chopin, Ravel e molti altri, attraverso uno strumento del genere, è nata dalla volontà di ricreare alcune atmosfere magiche che questo speciale Erard, un po’ come una macchina del tempo, riesce naturalmente a evocare. Essendo, inoltre, lo strumento legato a Vincenzo Tommasini, l’intenzione era anche quella di ricordare il compositore romano e di farlo conoscere a un pubblico più ampio rispetto a quello ultra-specializzato dei musicofili. Personalmente, infatti, ho scelto di aprire il mio concerto proprio con un suo pezzo, una sua toccante berceuse dedicata ad Alfredo Casella, suo intimo amico.
- Che accoglienza hai riscontrato da parte del pubblico, dall’ambiente lecchese in generale, e dagli artisti che hanno preso parte al Festival?
Riporto direttamente un messaggio, che secondo me condensa tutto, ricevuto da parte di uno spettatore alla fine del Festival: “Un ringraziamento di cuore per le belle giornate di musica, una boccata di ossigeno in un panorama di desolazione. Un abbraccio affettuoso, a presto”.
Amplierei il discorso dell’accoglienza del pubblico a un panorama che, a partire da quello lecchese, si vuole aprire, passo dopo passo, anche al mondo: già a questa prima edizione sono giunte persone da Svizzera, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto. È un ottimo segno, che delinea l’orientamento da seguire per il futuro: l’internazionalizzazione. Per quanto riguarda, poi, la percezione del Festival da parte degli artisti coinvolti (provenienti da Francia, Israele, Italia e Romania) abbiamo ricevuto molti apprezzamenti, nonché entusiasmo e affetto.
- Hai in mente altre idee per il futuro? Ci saranno altre edizioni?
Anche a seguito degli incoraggiamenti ricevuti, farò di tutto perché il Festival possa proseguire nei prossimi anni e divenire una realtà sempre più importante, coinvolgendo per ogni nuova edizione un diverso pianoforte storico.
Andrea Rocchi
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