Enrico Onofri, poker d’orchestre

Enrico Onofri è il nuovo Direttore Associato della Münchener Kammerorchester. La nomina triennale, si aggiunge a quella di Direttore Principale della Filarmonica Toscanini di Parma, quella di Direttore Ospite principale della Haydn Philharmonie Eisenstadt e quella di Direttore Associato dell’Orchestre Nazionale d’Auvergne. All’indomani della nomina lo abbiamo raggiunto per porgli qualche domanda.

  • Quattro orchestre con caratteristiche molto precise. Come si fa ad operare un lavoro “di sintesi”, sempre che sia necessario?

È vero, sono quattro magnifiche orchestre con caratteri diversi tra loro. Ciò che mi interessa è cogliere le peculiarità di ognuna di esse, lavorando in modi sottilmente differenti, pur lasciando intattala mia visione dell’opera. Si tratta cioè di plasmareall’interno del mio progetto artistico le caratteristiche che ciascuna orchestra offre, lasciando così che le diverse personalità vi si possano esprimere ma senza alterarlo.

  • Cosa si aspetta da questo nuovo incarico alla Münchener?

Intraprenderemo assieme un viaggio alla scoperta delle connessioni tra classicismo e modernità: laMünchener ama infatti mescolare lavori contemporanei e del Novecento ad opere del passato. Mi occuperò quindi di trovare connessioni tra repertori distanti nel tempo. Per fare un esempio, il tema della prossima stagione sarà il concetto di “partenza”, con tutto ciò che implica il muoversi da un luogo a un altro, nello spazio o nel tempo, fisicamente o figuratamente. Uno dei programmi prevede che il volgersi all’antico (addirittura al medioevo) del concerto per violino di Ligeti – eseguito dalla magnifica Isabelle Faust – si confronti con la sinfonia 39 di Mozart, che dal punto di vista stilistico è al contempo una sorta di addio al secolo dei lumi e un ponte gettato verso il nuovo; in un altro concerto, con spirito più giocoso, accosteremo i viaggi linguistici dei Folk Songs di Berio al Mozart della Posthorn Serenade e delle Marce per orchestra. Mi aspetto perciò che questa interconnessione di linguaggi apra panorami inaspettati tanto al pubblico della Münchener quanto all’orchestra e a me.

  • Quanto è importante l’esecuzione storicamente informata anche per quel che riguarda il repertorio successivo al Barocco?

Posso solo rispondere che è importante per me: è il mio imprescindibile punto di partenza, indipendentemente da quanto siano storicamente pertinenti le scelte che adotto poi in fase di concertazione. Di fatto, lo spartiacque definitivo tra passato e presente, in termini di gusto, prassi ed anche organologici, si situa tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, non nel 1750. Credo perciò che l’essere moderni oggi passi dal riconoscimento del lungo e approfondito percorso di ricerca storica avvenuto negli ultimi settant’anni sul repertorio dal gregoriano a Stravinsky. Detto questo, non vi è da parte mia un intento archeologico-musicale, peraltro difficilmente applicabile integralmente con un’orchestra sinfonica o con complessi che adottino solo in parte strumenti e criteri storici: la musica è infatti un’arte viva, un linguaggio che ha bisogno di ripensarsi costantemente per comunicare i contenuti dell’opera. Io ho scelto di farlo attraverso l’esplorazione delle fonti storiche: esse ci forniscono una mole imponente di dati, molto spesso misurabili e inconfutabili, ma che altrettanto spesso generano impasse, presentano lacune da colmare o richiedono un approccio ermeneutico per poterli tradurre in gesti strumentali e vocali. Sono pertanto uno stimolo straordinario a trovare soluzioni, una gabbia liberatrice, una porta stretta che costringe il pensiero a trovare vie di fuga e a volare.

  • Ho sempre pensato che ci sia un legame logico ed estetico tra musica antica – almeno quella che siamo in grado di leggere e suonare – e musica contemporanea. Qual’è il suo rapporto con la musica nuova?

È importante che le opere contemporanee che affronto abbiano un legame con certi elementi che caratterizzano il repertorio antico e soprattutto col filo rosso della classicità: lirismo, forma, canto, evocazione. Dare vita a musica composta oggi è inoltre un’esperienza illuminante, soprattutto quando si ha il compositore al fianco: ciò fa riflettere molto sul rapporto tra opera ed interprete anche per la musica del passato.

  • La collaborazione con la Münchener nasce da un progetto video realizzato durante il lockdown. Le nuove modalità di fruizione e circuitazione della musica rimarranno, integrandosi con le esecuzioni dal vivo, o andranno esaurendosi?

Non so rispondere con certezza. L’assenza del pubblico in sala è un deterrente fortissimo alla comunicazione e impedisce l’alchimia che si instaura tra artista e pubblico: in definitiva annulla la magia del far musica – come avviene in sala di registrazione, ma senza il tempo di adattarsi al faticoso gelo del microfono – e mi auguro perciò di non doverla mai più esperire. Tuttavia ammetto che la fruizione online, associata a quella in presenza, possa allargare la platea e magari raggiungere pubblici differenti, permettendo una più ampia diffusione. Ne riconosco insomma l’importanza, ma in cuor mio spero in un futuro sempre più libero da telecamere e microfoni, in cui possa esibirmi unicamente per persone in carne ed ossa, con solo la loro tangibile attenzione sulla pelle a stimolarmi.

Alessandro Cammarano

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