Macerata: l’Aida del Centenario e la natura violentata
La violenza alla Natura in nome del profitto; questo il punto di partenza dell’Aida – l’opera che inaugurò le stagioni liriche dello Sferisterio esattamente un secolo fa – secondo Valentina Carrasco.
La regista argentina, già Fura dels Baus, non porta in scena le cartoline di Mariette, ma lo sconvolgimento che lo scavo del Canale di Suez portò negli equilibri geopolitici. Quello della Carrasco è un Egitto colonia ottomana le cui sorti economiche sono nelle mani di Francia e Regno Unito, nazioni che se ne erano già ampiamente spartite il patrimonio archeologico e che aprendo la via breve ai commerci tra Europa e resto del mondo iniziarono lo sfruttamento intensivo del territorio.
Di tutto ciò Verdi fu testimone non indifferente e dunque la regista argentina, facendo un ulteriore passo in avanti, sceglie di trasportare nel 1921 quello che di fatto è un dramma d’amore e di potere – Aida è anche un gioco sottile di rapporti di forza tra i protagonisti – sullo sfondo di una terra oramai asservita al profitto, con il deserto violentato da un oleodotto la cui costruzione e inaugurazione diventa protagonista del Trionfo, con tanto di ballabili – ben coreografati da Massimiliano Volpini – sostituti tra l’altro da una danza di barili cui segue un tentativo di sommossa dei prigionieri etiopi. La coppia di amanti morirà annegata, guarda caso, proprio nel petrolio-Leitmomotiv.
Dal punto di vista drammaturgico funziona pressoché tutto nel deserto immaginato da Carles Berga e illuminato da Peter van Praet in cui i protagonisti e le masse – vestiti con suprema e coerente eleganza da Silvia Aymonino –, a partire da Amneris che si appropria delle dune sabbiose facendone il suo personale campo da golf e con Aida-caddy desiderosa di omologarsi al conquistatore. Perfetta la dicotomia tra Realpolitik e difesa di un passato irrimediabilmente perduto da parte de sacerdoti che diventano mullah.
Il gesto teatrale impresso dalla Carrasco è perentorio, non equivocabile e posto a delineare non solo i rapporti di forza ma anche e soprattutto le lacerazioni interiori dei protagonisti.
Francesco Lanzillotta, che dirige Aida per la prima volta, mostra una comprensione totale della partitura lasciandosene avvolgere ma trovando al contempo una chiave di lettura personale e capace di non cedere al descrittivismo naïf o a eccessi sonori, il tutto sfruttando al meglio l’Orchestra Filarmonica Marchigiana in formazione necessariamente ridotta e distanziata.
Nel ruolo-titolo Maria Teresa Leva non sfigura ma neppure seduce; la voce è di qualità ma la parola sembra non trovare mai la via della piena espressione.
Luciano Ganci paga un certo qual nervosismo, soprattutto nel primo atto e il suo Radames seppur appassionato negli accenti risulta un po’ forzato e in debito d’intonazione, mentre Veronica Simeoni si conferma ancora una volta Amneris di rango, capace di cogliere ogni sfumatura del personaggio e padrona di un fraseggio sempre ben calibrato.
Bene Marco Caria, che in particolare nel terzo atto disegna un Amonasro ferino, così come Alessio Cacciamani è Ramfis autoritario quanto basta a fronteggiare il potere temporale del Re impeccabile di Fabrizio Beggi.
Magnifica la Sacerdotessa di Maritina Tampakopoulos, che ha un’ira di dio di voce e la sa usare benissimo; corretto il Messaggero di Francesco Fortes.
Puntuali il Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini” preparato da Martino Faggiani e il Complesso di palcoscenico “Banda Salvadei”; intelligente, ancora una volta, l’impiego dei 100 Cittadini che Graham Vick aveva voluto per il suo Flauto magico.
Successo pieno per tutti.
Alessandro Cammarano
(23 luglio 2021)
La locandina
Regia | Valentina Carrasco |
Scene | Carles Berga |
Costumi | Silvia Aymonino |
Luci | Peter Van Praet |
Coreografie | Massimiliano Volpini |
Personaggi e interpreti: | |
Il Re | Fabrizio Beggi |
Amneris | Veronica Simeoni |
Aida | Maria Teresa Leva |
Radames | Luciano Ganci |
Ramfis | Alessio Cacciamani |
Amonasro | Marco Caria |
Un Messaggero | Francesco Fortes |
Una Sacerdotessa | Maritina Tampakopoulos |
Orchestra Filarmonica Marchigiana | |
Complesso di palcoscenico “Banda Salvadei” | |
Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini” | |
Maestro del coro | Martino Faggiani |
Con la partecipazione dei 100 Cittadini |
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