Milano: Elektra di Strauss riconquista il pubblico scaligero
La ripresa di uno spettacolo non è mai un’operazione facile specialmente se il titolo in questione è Elektra di Richard Strauss e soprattutto se a firmare la regia è stato Patrice Chéreau, prematuramente scomparso nel 2013.
Chéreau, che aveva conquistato la Scala con la memorabile e indimenticata edizione di Tristan und Isolde, ha chiuso il sipario sulla sua vicenda scaligera proprio con Elektra. Il doveroso tributo a cinque anni dalla scomparsa ha confermato ancora una volta l’autentica grandezza di questo artista.
Quarta opera del catalogo straussiano, Elektra andò in scena per la prima volta a Dresda nel gennaio 1909 e approdò nell’aprile dello stesso anno alla Scala. Sicuramente la brutalità del libretto di Hugo von Hofmannsthal – distorta continuazione di quella sublime estetica del brutto imposta da Verdi con Rigoletto – e la dirompente scrittura di Strauss devono essere state traumatiche per un pubblico abituato a ben altri modelli. Eppure la truce vicenda umana di Elettra, che affonda le sue radici nella tragedia di Sofocle, ha sedotto il pubblico già al suo primo esordio scaligero, tanto che verrà reinserita in cartellone con cadenza decennale.
L’odio morboso e ossessivo che incombe violentemente su tutto il dramma è delineato da Chéreau con tratti di nuda e disarmante semplicità, complici i costumi senza tempo ad opera di Caroline de Vivaise. La scena di Richard Peduzzi mostra l’esterno di un cortile, a sinistra un massiccio portone metallico, al centro alcuni gradini che portano agli appartamenti di un palazzo. Va e vieni della servitù, una donna pulisce ossessivamente le scale. Improvviso l’attacco dell’orchestra.
Il carattere delle tre donne che dominano la prima parte dell’atto unico, è perfettamente aderente alla musica dalla quale dipendono anche i loro movimenti scenici.
Lo sguardo iniziale di Clitennesta «tremante di collera» si ridimensiona inaspettatamente nel duetto con la figlia Elettra, in cui la madre-regina, lacerata dagli incessanti incubi che ingombrano le sue notti, mostra un’insolita e inquietante fragilità.
Il carattere diametralmente opposto delle due sorelle, Crisotemide ed Elettra, emerge in tutta la sua diversità di intenti, tramite una sottile e a tratti grottesca stilizzazione dei loro atteggiamenti.
Christoph von Dohnányi, mediante un gesto scarno ed essenziale, restituisce una partitura scevra da effetti ridondanti, ottenendo dall’orchestra lividi colori ed evanescenti abbandoni in perfetta simbiosi con quanto avviene in scena.
Notevole la ripresa della regia di Chéreau affidata a Peter Mc Clintock.
Ricarda Merbeth, al suo debutto in questo ruolo, ha affrontato il personaggio di Elettra con totale immedesimazione, sostenendo l’impervia parte con adeguato volume e temperamento.
Purtroppo la densa scrittura straussiana – per pure logiche d’orchestrazione – in alcuni punti non lascia spazio al canto, impedendo alla voce di correre come dovrebbe e costringendo il cantante a uno sforzo gravoso.
Regine Hangler, dotata di una tecnica che le permette di proiettare sapientemente una voce limpida e corposa, incarna, con particolare espressività, il desiderio di Crisotemide di evadere dal claustrofobico palazzo in cui è costretta a vivere per coronare il suo sogno di donna e madre.
Magnetica la Clitennesta di Waltraud Meier, la cui presenza scenica si è imposta sin dal suo ingresso in scena. La freschezza vocale di un tempo ha ceduto il passo all’intelligente capacità di saper gestire la voce, scolpendo il testo in un fraseggio teso a una teatralità di estrema incisività.
Michael Volle è un Oreste che si impone per qualità vocale, conferendo al personaggio non solo la giusta autorevolezza ma anche un inquietante senso di freddo distacco.
Seppur ridotta a brevi interventi, la parte di Egisto è stata risolta da Roberto Saccà in modo convincente.
Ottimo il resto del cast così come il Coro diretto da Alberto Malazzi.
Il pubblico ha confermato ancora una volta il suo entusiasmo per questa ormai storica produzione esprimendosi con particolari ovazioni per la protagonista e il direttore.
Gian Francesco Amoroso
(4 novembre 2018)
La locandina
Direttore | Christoph von Dohnányi |
Regia | Patrice Chéreau |
Regia ripresa da | Peter McClintock |
Scene | Richard Peduzzi |
Costumi | Caroline De Vivaise |
Luci | Dominique Bruguière |
riprese da | Marco Filibeck |
Klytaemnestra | Waltraud Meier |
Elektra | Ricarda Merbeth |
Chysothemis | Regine Hangler |
Aegisth | Roberto Saccà |
Orest | Michael Volle |
Der Pfleger des Orest | Frank van Hove |
Die erste Magd | Bonita Hyman |
Die zweite Magd/Die Schleppträgerin | Judit Kutasi |
Die dritte Magd | Violetta Radomirska |
Die vierte Magd | Anna Samuil |
Die fünfte Magd | Roberta Alexander |
Die Aufseherin/Die Vertraute | Renate Behle |
Ein junger Diener | Michael Laurenz |
Ein alter Diener | Ernesto Panariello |
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala | |
Maestro del Coro | Alberto Malazzi |
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